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L’ordine costituito formale e quello sostanziale

Polizia, carabinieri, guardia di finanza non bastano a far rispettare l'ordine pubblico. L'esercito, per ora, si limita a presidiare stazioni ferroviarie, piazze, metropolitane. Aeronautica e marina non fanno al caso e operano più efficacemente nell'alto mare e in cieli lontani; occorre coinvolgere più attivamente altri corpi.

A livello locale, già dalla cosiddetta Legge quadro del 1986, solo una minima parte delle funzioni dei vigili urbani è volta a sanzionare le intemperanze dei bulli al volante, mentre per il resto essi “collaborano … con le Forze di polizia dello Stato”, con “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza”.

A partire dalla Legge di modifica costituzionale n.3 del 2001, si è stabilito che lo Stato continui ad avere competenza esclusiva in materia di “ordine pubblico e sicurezza”, mentre la legge Statale disciplina come funzione essenziale degli enti locali, quella di Polizia Locale. L'art.6 del DL n.92/2008 sulle "Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica" decreta che il Sindaco “concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali”.

A cascata, via via le varie leggi regionali (si veda, a titolo di esempio, quella dell'Emilia Romagna), sanciscono che tra gli “scopi principali della polizia in una società democratica in cui vige lo stato di diritto”, vi sia quello di “mantenere la quiete pubblica, la legge e l’ordine nella società; tutelare e rispettare i diritti e le libertà fondamentali dell’individuo”.

A dar manforte ai tutori paesani dell'ordine, qualcuno rinverdisce il vecchio sistema della spiata: chiunque è autorizzato, anzi è sollecitato, a far rapporto sul vicino di casa che si azzardi a manifestare atteggiamenti o tenere discorsi in dissonanza al “comune sentire”. Sono in progetto multe e pene detentive per chi, fatti alla mano, osi smentire sul web le bufale che giornali e TV di regime, quali moderni Istituti Luce, somministrano quotidianamente come “verità” della fede, comode all'ordine costituito, mentre le associazioni della stampa organizzano corsi sulle “Tecniche per informare e diffondere la cultura della sicurezza”.

Il cerchio è chiuso: l'ordine pubblico paesano è affidato artigianalmente alla polizia locale, mentre i corpi ideologicamente più sicuri e professionalmente più sperimentati possono concentrarsi sul mantenimento dell'ordine costituito. Le parole sulla necessità di “verificare gli orientamenti ideologici” di chi si appresti a manifestare un dissenso, coronano l'iter securitario culminato, per ora, nel decreto Minniti e le misure di salvaguardia dell'ordine costituito.

Ma, cos'è l'ordine costituito? E' quell'ordine che si instaura rispettando determinate regole che consentono di vivere in armonia, diranno alcuni. E' quell'insieme di norme che, una volta stabilite, devono esser osservate da tutti i membri del consorzio umano, diranno altri. O ancora: è quell'assetto sociale scaturito da azioni umane tese a una determinata visione del proprio vivere futuro. Queste definizioni si limitano all'aspetto formale della questione. Già un po' più sostanziale la formulazione del “Nuovo De Mauro”, che definisce l'ordine costituito come “il modo in cui sono strutturati i rapporti all’interno di una data società”.

Ora, i rapporti, in una società divisa in classi, sono necessariamente i rapporti tra le classi di cui si compone quella società. Nessuna analisi, per quanto proclamata “moderna” e “oggettiva”, è sinora riuscita a smentire ciò che i comunisti – e, prima ancora, gli economisti e i politici di alcuni secoli fa – affermano da 200 anni e cioè che la società capitalista è necessariamente divisa in classi, tra chi lavora e chi si appropria dei frutti del lavoro; che tra quelle classi non c'è affatto armonia, ma c'è anzi una continua lotta, ora più acuta, ora più attenuata; che quella lotta finisce sempre per sfociare, prima o poi, nella vittoria dell'una o dell'altra grande classe in cui si divide la società. L'ordine costituito è dunque l'ordine stabilito affinché una classe continui comandare indisturbata e un'altra classe continui a chinare la testa e non osi mettere in discussione le proprie condizioni di vita.

Per mantenere quest'ordine costituito, sono necessari alcuni corpi armati, che devono far rispettare l'ordine pubblico. E l'ordine “pubblico”, ancora una volta, non è l'ordine “di tutti”, o “per tutti”, come sembrerebbe dire la parola, ma è l'ordine di alcuni “su tutti gli altri”, è l'ordine di una classe contro un'altra. Se l'ordine confacente agli interessi di una classe prevede che gli altri non mettano in dubbio la legittimità delle scelte e degli interessi di quella classe, ecco che intervengono i corpi armati, a far rispettare l'ordine costituito, o l'ordine pubblico, conforme a quegli interessi.

Ora, c'è un ordine costituito formale e ce n'è uno sostanziale.

Dunque, l'ordine costituito, nel caso italiano, dal punto di vista formale, è tutt'oggi rappresentato da quell'assetto scaturito dalla fine della lotta di Liberazione e sancito nella Costituzione repubblicana del 1948. Un ordine che, settant'anni fa, prendeva atto di un rapporto di forze sostanzialmente equilibrato tra le classi fondamentali della società e lo ratificava formalmente. Oggi, dal punto di vista materiale, sostanziale, quel rapporto è grossolanamente cambiato a favore della classe dei capitalisti, dei grossi finanzieri, degli speculatori, di quell'1% della società che detiene oltre l'80% della ricchezza totale.

Formalmente, però, il dettato costituzionale è quasi immutato. Si tratta quindi di adeguare la forma alla sostanza. Per far questo, categorie di persone opportunamente fatte arrivare ai massimi livelli governativi, hanno tentato e continuano a tentare ogni strada legislativa. La codificazione in norme scritte e approvate da un Parlamento, fedele esecutore dei voleri della finanza nazionale e internazionale, dovrebbe servire a recepire nella legislazione, che le cose non stanno più come nel 1948. Una volta decretato ciò per legge, il nuovo ordine costituito, il nuovo ordine pubblico stabilirà che il lavoro non sia più un diritto, e non lo siano più l'assistenza sanitaria o l'istruzione pubblica, o la casa, per fare solo pochi esempi. E chiunque si azzardi a reclamare tali diritti, non debba ricevere che manganellate.

Di fatto, già oggi le manganellate sono all'ordine del giorno e servono a ricordare, per l'appunto, che l'ordine costituito è costituito a vantaggio non della società, non del “pubblico”, ma di una classe della società. Formalmente, l'articolo 4 della Costituzione, recita ancora che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”; formalmente, dunque, per il rispetto dell'ordine costituito, i corpi armati dovrebbero intervenire a reprimere ogni violazione di tale diritto ed elargire lacrimogeni, manganellate e fermi di identificazione e accertamento degli “orientamenti ideologici” a tutti coloro che, con fatti e con parole, neghino tale diritto, siedano essi al Parlamento italiano, europeo o negli uffici delle società multinazionali. Succede invece esattamente l'opposto: si manganella chi rivendica l'attuazione materiale di un articolo della Costituzione e si fa scudo con idranti e autoblindo a chi viola tale diritto.

L'articolo 9 della Costituzione afferma che la Repubblica “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”: succede però che i corpi armati intervengano a protezione di ruspe, trivelle e camion che deturpano valli, coste e fondali marini e accolgano invece a manganellate cittadini e amministratori locali che osino difendere il dettato costituzionale sulla salvaguardia del patrimonio paesaggistico e storico.

L'articolo 32 dice che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, ma nessun corpo dello Stato interviene a garantire che non si violi tale diritto, allorché, in nome della “economicità” delle strutture, si chiudono gli ambulatori, si impone ai medici di tagliare le prescrizioni e si fanno pagare le analisi nelle strutture pubbliche più che in quelle private.

All'art. 34 si legge che “La scuola è aperta a tutti”, ma i corpi armati chiamati a difendere “l'ordine costituito” accolgono di regola a manganellate chi protesti per i tagli draconiani alle strutture pubbliche con cui si rimpinguano quelle private. E così via, anche fuori dai confini nazionali, con l'art. 11 per cui “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, mentre le forze armate italiane in giro per il mondo (Libia, Iraq, Lettonia, Romania) si associano alle forze che rappresentano oggi il più grosso pericolo di guerra.

E' dunque chiaro come ruspe, trivelle, uffici dirigenziali o comitati sanitari o scolastici non siano altro che il lato manifesto degli interessi di una classe e non dell'ordine pubblico; quindi, i corpi armati di polizia, carabinieri, guardia di finanza e anche polizia locale sono chiamati a mantenere l'ordine costituito di quella classe e a reprimere chi metta in discussione l'assetto sociale espressione dei rapporti di forza tra le classi; rapporti che vedono il sempre crescente arricchimento della classe dei finanzieri, dei grandi capitalisti, degli speculatori e il sempre più rapido e generale impoverimento della stragrande maggioranza lavoratrice della società.

L'ordine costituito non è quell'ordine di falsa armonia così caro a giornali e televisioni di regime, ma è l'ordine stabilito e funzionale agli interessi della classe al comando. Le azioni dei corpi armati chiamati a far rispettare l'ordine costituito sostanziale, l'ordinamento democratico, ci ricordano quotidianamente come quello sia un ordine di classe, come l'ordine democratico che affermano di mantenere, sia l'ordine di una classe. Se così non fosse, le manganellate dovrebbero spettare a chi nega il diritto al lavoro, alla salute, all'istruzione sanciti dalla Costituzione democratica; mentre avviene proprio il contrario.

I comunisti non si stancheranno mai di ribadire che la democrazia, al pari di qualsiasi altro Stato, è anch'essa uno Stato di classe. Nella società divisa in classi, non è possibile una democrazia “pura”, “al sopra delle parti”: la democrazia è sempre democrazia per la classe al comando e dittatura, ora aperta, ora mascherata, per la classe sottoposta. L'apparato statale è chiamato a difendere l'ordine costituito che risponde a quella democrazia, a quel determinato assetto sociale. Se i rapporti sociali tra le classi fondamentali della società sono ancora quelli di 80, 90, 100 anni fa, con una classe che lavora e una classe che si appropria dei frutti di quel lavoro, sono però cambiate le forme con cui l'apparato statale è chiamato a difendere l'ordine costituito. L'ordine repressivo scelbiano degli anni '50, non era certo la stessa cosa dell'aperta dittatura fascista degli anni '20 e '30 del secolo scorso, anche se l'apparato statale era rimasto fondamentalmente immutato. “Ma la repubblica” scriveva Friedrich Engels a Paul Lafargue nel 1894, “come ogni altra forma di governo, è determinata dal suo contenuto; fintanto che essa è la forma del dominio borghese, essa ci è altrettanto ostile di qualunque monarchia (a prescindere dalle forme di questa ostilità)”.

Nessuno può ignorare che i rapporti di forza tra le classi, esistenti 40 o 50 anni fa, in una fase di ascesa del movimento operaio, oggi si siano completamente ribaltati a favore della classe dei finanzieri, dei grossi capitalisti, degli speculatori. E non è possibile negare come, insieme a quella trasformazione dei rapporti di forza, si stiano trasformando, in senso sempre più peggiorativo per le classi e gli strati sociali sottoposti, anche le forme dell'agire di quell'apparato statale chiamato a mantenere l'ordine costituito. La crescente forza economica acquisita dalla classe al comando e i suoi legami internazionali, si esprimono in una esibizione di forza da parte dell'apparato statale al suo servizio, nei confronti di qualsiasi pensiero dissenziente o qualsiasi rivendicazione di diritti, come non si vedeva da decenni.

Oggi, l'ordine costituito sostanziale non ha che da attendere la sanzione formale, scritta, del proprio assetto. Ma l'opposizione a tale sanzione formale da parte delle classi sottoposte non può che andare di pari passo con il ristabilimento sostanziale di reali rapporti di forza equilibrati tra le classi. Si tratta di semplice “democrazia formale”.

 

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