Una piazza piena quella di ieri a San Giovanni. Una piazza contro Salvini e contro il fascismo.
E sin qui tutto bene.
Una dirigenza e il suo leader, perché così si chiamano, quelli sul palco che balbettando un programma che a me sembra da operetta, infantile e sicuramente generico e senza veri contenuti, fondato soltanto su pochi punti che di dirompente hanno ben poco. Notate poi il punto 6, ripensare e non abolire il decreto sicurezza che insieme al tentativo di non far parlare i migranti (le “sardine nere”) solo in parte riuscito, danno una colorazione sbiadita a questo movimento.
Un “ci siamo ma non vogliamo disturbare troppo il manovratore”, un “caro PD noi siamo qui a dare una mano ma tu per favore datti una verniciata nuova”.
Questi i 6 punti lanciati ieri a San Giovanni.
1. Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a lavorare.
2. Che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente nei canali istituzionali.
3. Pretendiamo trasparenza dell’uso che la politica fa dei social network.
4. Pretendiamo che il mondo dell’informazione traduca tutto questo nostro sforzo in messaggi fedeli ai fatti.
5. Che la violenza venga esclusa dai toni della politica in ogni sua forma. La violenza verbale venga equiparata a quella fisica.
6. Ripensare il decreto sicurezza.
Se poi aggiungiamo che il leader delle sardine ha più volte e con varie sfumature affermato che le sardine decideranno che fare solo il 27 gennaio, cioè ad urne regionali chiuse, allora la questione si fa ancora più chiara.
Insomma, per me si tratta di una “bella” mossa dell’area PD in termini elettoralistici e in funzione anti Salvini, per spingere tanti orientati a sinistra che non votano da anni a ritornare alle urne e per tentare di raschiare il fondo a sinistra spingendo sul solito slogan del “voto utile”.
Utile a chi poi è tutto da vedere!
Se fossi un elettore o un sostenitore del PD sarei soddisfatto quindi di questa mossa, del fatto di aver messo in campo forze “nuove” facendo leva sull’antfascismo educato e festoso messo in campo dalla dirigenza delle sardine.
Non credo però che la totalità e forse neanche la grande maggioranza di coloro che sono scesi in piazza in questi giorni, possano essere soddisfatti di rappresentare esclusivamente la faccia pulita, antifascista e popolare del PD.
Credo che in moltissimi abbiano invece partecipato in buona fede e soprattutto per dare un segnale di dissenso, di disagio, di estrema preoccupazione, a prescindere dall’utilizzo pro PD del movimento.
Sono convinto che dopo il 26 gennaio si chiarirà tutta questa grande rappresentazione e, come qualche anno fa con i “girotondi”, il tutto si sgonfierà rapidamente e si dovranno fare i conti con il solito PD e con i soliti bisogni della gente comune, ancora più delusa e disorientata.
Non ci sono scorciatoie: per ricostruire un barlume di sinistra non si può più fare affidamento su un partito come il PD, al cui interno agiscono sicuramente ancora forze sane e genuine, ma anche e soprattutto i difensori di questo sistema putrido ed asservito a chi il potere lo ha realmente, dentro e fuori il nostro paese.
E allora, care sardine, nuotare in mare aperto è difficile e si rischia molto ma essere inscatolati ed aspettare tranquilli e festosi di essere mangiati forse non è l’opzione migliore.
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Pasquale
Il movimento delle sardine, nato qualche mese fa in Italia sta emergendo in tutta la sua forza espressiva e presenza fisica. Da un probabile stratagemma immaginato da quattro amici, presumibilmente per sostenere, in Emilia Romagna, la candidatura alle elezioni regionali di Stefano Bonaccini, si è trasformato rapidamente in un fenomeno di massa che ha riempito le piazze di tutta Italia. La caratteristica principale, ufficialmente, è quella di combattere l’odio diffuso che la destra ha contribuito a creare negli ultimi tempi e modificare i toni e il linguaggio in uso nella comunicazione in politica, nonché riempire i vuoti che la politica stessa ha prodotto. Una politica diventata cialtrona e becera per cui le sardine chiedono a gran voce una inversione di tendenza. Ma sappiamo bene che i problemi reali del paese non possono ricondursi a una semplice connessione con l’estetica, al contrario sono tematiche concrete, perché reali sono gli oppressi, i deboli e tutti i poveri che più degli altri pagano il prezzo della crisi e le conseguenze di un capitalismo disumano e spietato. Di sicuro e reale c’è la fisicità delle piazze, finalmente si scende di nuovo nell’arena, una spinta dal basso che fa ben sperare. Piazza San Giovanni è stata un bel colpo d’occhio, l’auspicio è che questo movimento non faccia la fine di tanti altri, girotondi, popolo viola, popolo arancione etc…ma che col tempo diventi la nuova sinistra, una vera sinistra che riesca a compattarsi per fare argine alla destra reazionaria che avanza. Un errore, però, non bisogna commettere. Demonizzare i Comunisti, quelli veri, come si è fatto con alcuni militanti a Firenze che stavano facendo semplice opera di volantinaggio, mezzo storico di comunicazione dei comunisti, o ammonendo qualcuno perché ancora, bontà sua, ha il coraggio di sventolare la bandiera rossa con la falce e martello, dimenticando che i comunisti non s’infilano nelle piazze, i comunisti nelle piazze, storicamente ci sono sempre stati. Per portare idee di uguaglianza sociale, libertà e lotta per i diritti. Come stanno facendo le sardine del resto. E’ un enorme abbaglio accodarsi al teorema della UE che equipara il comunismo al nazismo, è una disonestà oscurantista, una operazione di revisionismo storico. E’ solo superficialità, dice Thomas Mann e chi lo fa è solo apparentemente un democratico, ma nel profondo del suo cuore è già fascista e riserva tutto il proprio odio al comunismo. Questa ondata di rinnovamento crescerà e si espanderà, ci vorrà tutto il tempo che le sardine hanno bisogno, ma quanto prima si troveranno nella condizione di dover scegliere la loro collocazione politica come è naturale che sia. Combattere il capitale e tutto ciò che ne consegue in termini di precariato e sfruttamento oppure continuare a sostenere i governi borghesi dei quali anche ‘certa sinistra’ è stata parte integrante o addirittura, come nel governo attuale, protagonista. E’ inutile girarci intorno, non ci può essere impegno politico a sinistra prescindendo dalla lotta di classe. Ilva, Whirlpool e molte altre crisi aziendali sono lì a confermarlo. Bisogna sentire dal profondo ogni ingiustizia e stare davvero al fianco degli sfruttati, degli emarginati, dei migranti e di tutti i poveri per battersi e unificare la lotta contro le forze del male, contro la destra reazionaria, contro i poteri forti di una Unione Europea che ci vuole servi, e contro un sistema capitalistico che schiaccia sempre più la dignità dei lavoratori producendo impoverimento e rimarcando lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Una lotta senza se e senza ma, così come insegnano le rivoluzioni latinoamericane, per l’uguaglianza, i diritti e la Libertà e per costruire concretamente e realmente le basi per un mondo migliore.