Appena letta non nascondo di aver pensato a una beffa di Luther Blissett, se solo non avesse fatto seppuku ormai più di vent’anni fa. La lettera delle “Nuove Brigate rosse”, recapitata nei giorni scorsi ad alcuni amministratori dell’Emilia – Romagna e nella sede romana di Forza Italia, sembra proprio una burla ideata dal nome multiplo che negli anni Novanta si prese gioco in più occasioni dei media.
Ma Luther Blissett non esiste più e, rispetto alle sue beffe, c’è una differenza non da poco: dopo aver fatto in modo che una falsa informazione fosse ripresa dagli organi d’informazione, Blissett rivendicava la propria azione, spiegando nei minimi particolari perché quel tipo di notizia era stata costruita, quali vulnus aveva utilizzato per fare in modo che se ne parlasse e cosa si voleva denunciare con quell’atto.
Nel nostro caso, invece, questo non è avvenuto e, se di scherzo si tratta, quello della lettera delle Brigate rosse è uno scherzo di cattivo gusto, che potrebbe assumere anche risvolti inquietanti, un po’ come è avvenuto con QAnon negli Stati uniti, dove di un probabile scherzo si è perso il controllo e si è talmente ingigantito da convincere della propria veridicità diversi individui e da portare alcuni di loro a compiere attentati.
Wu Ming 1, che conosce bene Luther Blissett, e di beffe mediatiche se ne intende, ha analizzato in più occasioni la vicenda, e leggere quanto scrive su quegli eventi potrebbe essere utile anche per comprendere meglio quelli di cui parliamo.
Sarà una risata che li seppellirà?
Nella mia bolla social, non appena la lettera è stata resa pubblica, si è scatenata l’ilarità: molti hanno sottolineato con battute più o meno sagaci l’inattendibilità di quello scritto e la dabbenaggine di chi, giornalisti soprattutto, ma anche l’Anpi e alcuni settori della Sinistra, lo ha considerato attendibile tanto da ispirare servizi e articoli allarmistici sui media o strampalati comunicati di condanna del gesto e solidarietà ai destinatari.
In altri termini la mia bolla, formata soprattutto da attivisti di vari settori della Sinistra, parlamentare e non, l’ha presa a ridere. Ma c’è davvero da ridere?
Le bombe nelle piazze, le bombe sui vagoni…
Forse no. Certo, quella lettera può essere frutto di uno scherzo di cattivo gusto, neanche ben elaborato, o il prodotto di una mente parecchio disturbata. Il fatto però che i media, e non solo, l’abbiano presa sul serio, nonostante gli inquirenti stessi la ritengano inattendibile, non va sottovalutato.
Lo storico Marc Bloch diceva che i falsi, pur dicendoci poco dell’evento che lo studioso sta analizzando, possono aiutarci a descrivere in maniera più accurata la mentalità che caratterizza una determinata epoca. Così, se letta con altri occhi, che per un attimo lasciano da parte l’ilarità, anche quella lettera può dirci molto sull’epoca che viviamo.
Ai più, sempre nella mia bolla, non è sfuggito: nella missiva si minacciano attentati dinamitardi. Una strategia molto lontana da quella delle Brigate rosse, “vecchie” o “nuove” che siano:
posizioneremo ordigni esplosivi in sedi giornalistiche, sedi politiche, stazioni ferroviarie, banche, uffici pubblici e la RIVOLUZIONE AVRÀ INIZIO!
si legge nel suo incipit (maiuscolo del/degli autori).
Sandro Padula, su Contropiano, in uno dei pochi articoli che cercano di analizzare seriamente quello scritto, senza buttare la questione in caciara, nota che la rivoluzione alla quale si accenna sembra molto “simile alle italiche stragi di Stato”.
Un osservatore attento, che conosce quello di cui si sta parlando, non può trascurarlo: quelle righe sembra facciano riferimento più al terrorismo bombarolo che caratterizzò la “strategia della tensione”, costellata di attentati dinamitardi compiuti da neofascisti con la complicità di settori dello Stato, che all’operato delle Br.
Ma allora: perché molti, giornalisti compresi, le hanno ritenute credibili?
Effetti della postverità
Probabilmente quelle parole sono risultate credibili a molti per una questione abbastanza semplice: nell’Italia di oggi larghi strati della popolazione sono convinti che le stragi, da quella di Piazza Fontana a quella alla stazione di Bologna, siano state compiute dalle Brigate rosse, e non dai neofascisti.
Un dato questo che emerge a ogni rilevamento statistico che cerca di mappare la conoscenza di quegli eventi. Dove non sono riusciti i depistaggi contemporanei alle stragi, che fin da subito cercarono di celare le responsabilità neofasciste e di stato, parrebbe essere riuscito il “revisionismo” postumo, il quale, dopo aver attaccato la Resistenza, e persino il Risorgimento, pare, in questi ultimi anni, concentrarsi sulla “strategia della tensione”, come, per esempio, dimostrano le tante “piste alternative” che vengono proposte per la strage di Bologna, soprattutto da settori neofascisti o da parte della Destra parlamentare.
False informazioni che, non di rado, trovano spazio sui giornali o nella televisione, anche pubblica.
La lettera delle sedicenti “Nuove Brigate rosse”, che in questi giorni ha trovato ampio spazio su tv e giornali, non rientra nell’ambito della postverità (non mira a emozionare il pubblico per diffondere informazioni false o distorte), ma è comunque un prodotto di molte informazioni che possono essere classificate come postverità.
Informazioni che mirano a coinvolgere emotivamente il pubblico per abbassarne le difese critiche e inondarlo con fatti che, se messi alla prova, non hanno nessuna attinenza con il reale andamento degli eventi.
In altri termini quella lettera rispecchia la mentalità che si è diffusa in seguito alle campagne revisioniste dell’ultimo quarantennio. Per questo molti la ritengono attendibile: fa appello a quello che credono, anche se non corrisponde alla realtà dei fatti (ma loro non lo sanno, o, in alcuni casi, fanno finta di non saperlo).
La scomparsa delle classi sociali
Quello appena descritto non è l’unico passaggio dal quale traspare la mentalità e le convinzioni che si sono diffuse a partire dagli anni Ottanta.
La lettera si apre dichiarando che “Il Popolo italiano si è RISVEGLIATO” [maiuscole di chi l’ha scritta] e in tutto il testo scompare ogni accenno alle classi sociali e alla lotta di classe, cosa che ci si aspetterebbe da un comunicato delle Brigate Rosse, ma che non è in linea con le narrazioni politiche contemporanee.
Un indistinto popolo, interclassista e privo di conflittualità al suo interno, è, invece, al centro della propaganda politica della nostra epoca, soprattutto quella che caratterizza la Destra (ma anche i Cinque stelle) e, pur essendo un concetto lontano anni luce dal marxismo, per quanto pallido possa essere, un appello a esso risulta a tanti credibile in una presunta lettera delle Br.
Paradossalmente è un concetto che rende poco attendibile la lettera agli occhi di chi conosce la storia dell’organizzazione che la firma, ma che, agli occhi del comune cittadino, immerso nella mentalità dei nostri giorni, la rende reale, poiché fa appello a concetti a lui familiari. È anche su questo che gioca chi la diffonde acriticamente per spaventare, o per fare in modo che quanto minacciato si verifichi.
Tutta la lettera, incentrata sul chiedere il ritiro della normativa anti-Covid, rispecchia la mentalità figlia della cultura dominante, conseguenza dell’affermazione dell’ideologia neoliberista e della propaganda che la caratterizza.
Una mentalità nella quale l’imprenditore non è visto come nemico di classe, ma come una categoria della quale è necessario difendere gli interessi e appoggiarne le richieste. Così, ignorando del tutto le lotte dei lavoratori durante la pandemia, nel corso delle quali si chiedevano maggiori protezioni e più sicurezza sui luoghi di lavoro, le sedicenti “Nuove Brigate rosse” scrivono che nei luoghi di lavoro si deve tornare senza distanziamento e mascherine, rispecchiando più i desideri segreti di Confindustria che le richieste di chi è costretto a lavorare senza le adeguate tutele.
Anche questo, come il passaggio precedente, rende paradossalmente credibile lo scritto a chi, ignorando la storia, è intriso di visioni che contraddistinguono la nostra epoca.
Lettera falsa ma “strategia della tensione” reale?
Per queste ragioni quella lettera potrebbe innescare processi pericolosi. Perché, se non è uno scherzo di cattivo gusto, o a scriverla non è stato un pazzo, potrebbe essere stata scritta da qualcuno per il quale la “strategia della tensione” non è mai finita e, come allora, vorrebbe addossare a determinati settori politici la responsabilità dei propri atti e, per farlo, ha deciso di adeguare il proprio linguaggio alla mentalità corrente. Una mentalità fortemente determinata dall’ideologia neoliberista e dall’antipolitica.
O, forse, più probabilmente, l’obiettivo è semplicemente quello di intorbidire le acque, di creare «caos informativo», di non permettere agli individui di decifrare gli eventi e di elaborare un pensiero critico su di essi.
Del resto, anche secondo Umberto Eco chi diffonde informazioni false non sempre ambisce al loro consolidamento, ma ha l’obiettivo di far diffidare delle fonti, di creare disordine. L’obiettivo – scrive in Dall’albero al labirinto – è quello «di smantellare credenze o fiducie assestate». La lettera, se una strategia vi è dietro la sua diffusione, potrebbe andare proprio in questa direzione.
Le “Brigate Rosse”, nell’epoca della postverità, fanno gli interessi dei padroni e non parlano più di lotta di classe. E ciò risulta a molti credibile, perché la postverità stessa potrebbe essere anche frutto dell’ideologia neoliberista e della propaganda che la caratterizza.
* dal blog Clio. La storia svelata
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