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Impunità

Le manganellate di Pisa hanno fatto rumore. Giustamente. Ma in un’altra stagione politica, quella degli Anni Settanta, i fatti contrassegnati dalle spietatezze delle presunte forze dell’ordine sono stati troppi e tutti indirizzati verso un’unica direzione: l’impunità.

Ecco un elenco, a partire dal 1970, dei morti ammazzati (difficile non rischiare di dimenticarne qualcuno).

Saverio Saltarelli, ucciso il 12 dicembre 1970, a Milano, da un candelotto sparato ad altezza d’uomo.

Sei anni dopo, il capitano di Ps, Alberto Antonetto, comandante del reparto cui apparteneva l’agente (senza identità) che aveva esploso il colpo, viene assolto per “insufficienza di prove”.

Ignoti anche i macellai delle forze dell’ordine che picchiano selvaggiamente Franco Serantini. Pisa 7 maggio 1972. Una quindicina di celerini saltano addosso a Serantini. Due giorni dopo muore per emorragia cerebrale.

“Non doversi procedere in ordine di omicidio preterintenzionale in persona di Serantini Franco per esserne ignoti gli autori,” scrive nella sentenza conclusiva il giudice Nicastro.

Per l’assassinio di Roberto Franceschi, avvenuto a Milano il 23 gennaio 1973, l’iter giudiziario si conclude in una farsa.

La perizia balistica pur accertando che la pallottola che ha colpito Roberto Franceschi, provenisse dalla pistola calibro 7, 65 in dotazione all’agente Gianni Gallo, il 18 luglio 1979 il poliziotto viene assolto per non aver commesso il fatto. Viene prima incriminato il vicequestore Paolella, poi assolto.

Può ritenersi pienamente provato che il proiettile estratto dalla nuca di Franceschi, fu esploso dalla pistola in dotazione all’agente di polizia Gallo Gianni, che la pistola fu impugnata e il colpo sparato da una persona appartenente alle forze dell’ordine e che l’uso dell’arma, lungi dall’essere un episodio isolato, si inquadrava in un ricorso generalizzato all’impiego delle armi da fuoco nei confronti dei manifestanti che si stavano allontanando…

Roma 8 settembre 1974. San Basilio, lotta per la casa, Fabrizio Ceruso, viene colpito in pieno petto da un proiettile esploso dalla polizia. Nessun colpevole. Inchiesta archiviata.

Piero Bruno il 22 novembre 1975, prima viene ferito alla schiena da un colpo sparato dal carabiniere Pietro Colantuono. Poi, mentre è a terra, un poliziotto, Romano Tammaro, gli spara di nuovo.

Alla fine, in applicazione della “legge Reale” non si arriva nemmeno al processo: “Se per gli interessi superiori dello Stato, congiuntamente alla difesa personale, si è costretti a una reazione proporzionata all’offesa, si può compiangere la sorte di un cittadino la cui vita è stata stroncata nel fiore degli anni, ma non si possono ignorare i fondamentali principi del diritto. La colpa della perdita di una vita umana è da ascrivere alla irresponsabilità di chi, insofferente della vita civile, democratica, semina odio tra i cittadini,” è scritto nella sentenza del giudice istruttore Lacanna.

Per la morte di Giannino Zibecchi, Milano 17 aprile 1975, gli imputati – l’agente Sergio Chiarieri, autista del camion che lo travolge, il tenente Alberto Gambardella, capo macchina sullo stesso automezzo, e il capitano Alberto Gonnella, responsabile dell’autocolonna – vengono assolti.

Il primo per insufficienza di prove, gli altri due per non aver commesso il fatto.

“Nell’impossibilità di sciogliere con una risposta attendibile il dubbio sul livello e sull’ampiezza dello stato di coscienza del Chiarieri, manca il presupposto del possesso della piena capacità di comprensione e autodeterminazione negli attimi che precedettero l’investimento”, questa sentenza infarcita di bizantinismi, del 29 novembre 1980, reca la firma di Francesco Saverio Borrelli.

18 aprile 1975. Corteo antifascista per le vie di Firenze, per protestare contro l’assassinio di Claudio Varalli e Giannino Zibecchi. L’agente di polizia Basile prende la mira e spara, uccidendo Rodolfo Boschi e ferendo Francesco Panichi.

Orazio Basile viene condannato a otto mesi con la condizionale per “eccesso colposo di legittima difesa”.

Napoli, il 16 maggio 1975, durante una carica contro una manifestazione di disoccupati, una jeep della polizia travolge uccidendolo, Gennaro Costantino.

La camionetta della celere, secondo la versione ufficiale, era priva di conducente, sbalzato dal posto di guida in seguito a sbandamento. Nessun colpevole.

7 aprile 1976. Roma. Mario Salvi viene ammazzato con un colpo di pistola alla nuca dall’agente carcerario in borghese, Domenico Velluto. L’8 luglio 1977 la Corte d’Assise lo assolve per aver fatto uso legittimo delle armi.

Massimo Tramontani, il carabiniere che uccide Francesco Lorusso, a Bologna l’11 marzo 1977, viene scagionato perché reputata legittima la sua condotta in base alla “legge Reale”.

L’inchiesta sull’assassinio di Giorgiana Masi, 12 maggio 1977, viene sepolta il 9 maggio 1981 dal giudice istruttore Claudio d’Angelo con la dichiarazione di “impossibilità di procedere, perché rimasti ignoti i responsabili del reato”.

Abuso di potere, impunità, anticomunismo.

È una vecchia storia. Dieci anni prima, era il 1960 con i morti Reggio Emilia e Palermo. Polizia e carabinieri sparano su chi protesta contro il governo Tambroni.

Il 7 luglio a Reggio uccidono 5 operai. Il giorno dopo, la strage di via Maqueda: altri 4 morti. 9 morti in 48 ore.

Tutti “assolti per non aver commesso il fatto”. Molti di questi: promossi, premiati, decorati.

È sano tenerlo sempre a mente: la storia non conta solo per ieri, vale anche per oggi e per domani.

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