Decine di migliaia di studenti e lavoratori cileni sono scesi nuovamente in piazza ieri riempiendo la grande arteria dell’Alameda a Santiago esigendo la fine della privatizzazione dell’educazione pubblica. L’impressionante manifestazione è stata valutata come superiore perfino a quella del passato 16 giugno, quando 100 mila abitanti della capitale ed altri 100 mila cileni in differenti città dissero basta all’esclusione sociale nel sistema educativo.
“Questo è un movimento politico che ha avuto una maturazione importante perché quello per cui stiamo lottando è per avere una migliore educazione” afferma davanti alla stampa la dirigente universitaria Camila Vallejo all’inizio della marcia che ha coinciso con lo sciopero nazionale contro la privatizzazione dell’insegnamento.
“Non difendiamo interessi particolari, bensì quelli della granda maggioranza, ha confermato la rappresentante della Confederazione degli Studenti del Cile e presidentessa della Federazione di Studenti dell’Università del Cile.
“La lotta non va in ferie”, diceva un cartello trasportato da un giovane manifestante , “Anche io voglio studiare, ma sono povero”, diceva un altro; “Il sogno di Allende è ancora possibile”, sosteneva un terzo; “Educazione gratuita adesso”, riportano altri cartelli.
La giornata di proteste è stata indetta dalla Confederazione di Studenti del Cile e dai sindacati degli insegnanti con l’adesione della Centrale Unitaria dei Lavoratori. Ma in piazza ci sono anche le forze della sinistra cilena, i parlamentari dell’opposizione e gruppi dei diritti umani, i sindaci della zona meridionale di Santiago, il coordinamento dei Genitori e gruppi ambientalisti, come Azione Ecologica e Patagonia senza dighe di sbarramento.
Parallelamente alla manifestazione di Santiago, ci sono state manifestazioni simili di scontento sociale in altre città cilene come Iquique, Arica, Antofagasta, Valparaíso, La Rugiada, Concezione e Valdivia.
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