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“Casus belli”: parola pericolosa nelle relazioni tra Turchia e Israele

Nella controversa intervista ad Al Jazira di giovedì scorso, il premier turco Recep Tayyip Erdogan aveva anche definito «motivo di guerra» – «casus belli» – il sanguinoso arrembaggio israeliano dell’anno scorso in acque internazionali alla flottiglia di attivisti filopalestinesi diretti a Gaza. Il premier, secondo una traduzione fornita oggi dall’agenzia turca Anadolu, ha comunque aggiunto che la Turchia ha dimostrato pazienza. «Israele agisce come un bambino viziato», ha ribadito Erdogan. «Comunque – ha aggiunto – il raid in acque internazionali del 31 maggio 2010 è contrario a qualsiasi norma di legge. In effetti è un casus belli. Siamo stati pazienti, finora». La trasmissione dell’intervista alla tv araba era stata accompagnata da controverse sintesi in inglese sull’intenzione turca di scortare le flottiglie filopalestinesi verso Gaza le quali avevano evocato possibilità di una forzatura del blocco navale imposto da Israele su Gaza. Precisazioni turche avevano però limitato alle sole acque internazionali la portata dell’annunciata scorta navale ad eventuali future flottiglie di aiuti. Nella sintesi fornita oggi da Anadolu, a Erdogan in proposito viene solo attribuita una generica frase già circolata in precedenza: «Vedremo navi turche nelle acque internazionali del Mediterraneo orientale più spesso».

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