Cresce la protesta degli studenti contro il governo di Taiwan, accusato dalle forze di destra e nazionaliste del paese di eccessiva accondiscenza nei confronti di Pechino.
L’occupazione dell’aula del Parlamento di Taipei è iniziata martedì scorso allo scopo di bloccare la ratifica governativa prevista ieri di un patto commerciale con la Repubblica popolare cinese. Ma la protesta non è riuscita a convincere il governo taiwanese a rinunciare al provvedimento, nonostante le barricate e i duri scontri con la polizia che mercoledì ha cercato di sgomberare l’edificio.
In piazza sono scesi all’inizio solo un migliaio di manifestanti che si sono confrontati all’esterno del Parlamento con un numero almeno doppio di poliziotti ma poi gli aderenti alla protesta sono decuplicati. Per i manifestanti, l’accordo, che andrebbe a integrare il patto firmato nel 2010, renderebbe più vulnerabile l’isola davanti alla crescente pressione economica di Pechino, che ha avuto nei capitali taiwanesi un importante volano per lo sviluppo nei decenni passati.
Le autorità di Taiwan, in particolare nell’ultimo decennio sotto il governo del Kuomintang, il Partito nazionalista che aveva guidato per lungo tempo le pretese indipendentiste prima di convertirsi a un dialogo costruttivo e senza pregiudizi ideologici con Pechino, hanno incentivato i rapporti economici e gli scambi con la Repubblica Cina continentale al punto da creare una situazione che l’opposizione giudica di dipendenza eccessiva dalle scelte e dalle necessità di Pechino. Da qui l’iniziativa degli studenti nazionalisti, che nei prossimi giorni minacciano di estendere la mobilitazione. “Chiediamo ai cittadini di circondare domani gli uffici del Kuomintang nel paese e aumentare la pressione sui parlamentari del partito”, ha comunicato nel pomeriggio di ieri il leader studentesco Lin Fei-fan dall’interno dell’aula occupata.
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