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Al Sisi: l’uomo nuovo della vecchia guardia

In pochi lo conoscevano prima della primavera 2011, oggi tre quarti degli egiziani sono certi che diventerà nuovo presidente del paese: il feldmaresciallo Abdel Fattah al Sissi, che ha rassegnato le dimissioni dall’esercito per candidarsi alla guida dell’Egitto, appare agli occhi di molti come “l’uomo della provvidenza”. Cinquantanove anni, fervente musulmano, è stato di fatto il promotore e l’autore del colpo di stato che lo scorso 3 luglio ha rovesciato l’allora presidente islamista Mohammed Morsi, inaugurando una repressione feroce nei confronti dei Fratelli Musulmani.

Paragonato a Gamal Abdel Nasser, indiscusso eroe del panarabismo, e acclamato come “nuovo faraone” d’Egitto, al Sissi nasce nel vecchio quartiere islamico del Cairo nel 1954, proprio mentre Nasser si assicura il potere esecutivo. Ha quattro figli, e il suo primogenito anch’egli nell’esercito, è sposato con la figlia dell’attuale capo dell’Intelligence militare.

Figlio di un commerciante molto religioso, si diploma all’Accademia militare nel 1977, un anno prima della firma degli accordi di Camp David che sanciranno la pace con Israele e il passaggio dell’Egitto dall’orbita filo-sovietica a quella americana.

Membro di spicco della fanteria – storicamente il reparto più ‘scelto’ dell’esercito egiziano – dalle cui fila provenivano Nasser e Sadat, ma non Hosni Mubarak generale dell’aeronautica, al Sissi ha alle spalle una carriera militare brillante che lo ha portato in prestigiosi college dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, e costellata di incarichi di rilievo. Tra i favoriti del feldmaresciallo Mohammed Hussein Tantawi, che lo nomina vice dell’Intelligence militare, si trova a ricoprire quest’incarico quando, nel 2011, viene chiamato da quest’ultimo a far parte come membro più giovane del Consiglio supremo delle forze armate (Scaf), alla guida del paese dopo le dimissioni dell’allora presidente Mubarak.

Grazie alle sue capacità politiche e alla reputazione di uomo devoto – si dice che preghi, da buon musulmano, cinque volte al giorno mentre sua moglie come molte egiziane porta il capo coperto dal velo – in breve assume il compito di ‘uomo di collegamento’ con i Fratelli Musulmani. Abile nel convincere il movimento islamista di condividerne i valori, l’anno successivo viene nominato da Mohammed Morsi comandante in capo delle forze armate e ministro della Difesa.

In quei mesi si arriva addirittura a speculare di una sua adesione al movimento islamista, mai ufficialmente smentita, mentre ‘CC’ – così viene riportato il suo nome in alcuni slogan e graffiti metropolitani – continua a costruire la sua immagine di ‘uomo del popolo’ a cui si indirizza parlando il dialetto egiziano e non l’arabo classico del Corano, lingua delle classi colte. In più di un’occasione, durante l’anno di presidenza di Morsi, evita di cogliere spunti che alimentano il dibattito politico, manifestando una deferenza verso il potere civile che rafforza nella Fratellanza la fiducia nei suoi confronti.

Per quanto bizzarro – a distanza di nove mesi dal colpo di stato del 3 luglio 2013 – il voltafaccia coglie di sorpresa buona parte dell’establishment islamista e lancia al Sissi nella scalata alla guida del paese.

Il più quotato tra gli aspiranti alla presidenza ha già il controllo sulle tre istituzioni – chiave dello ‘Stato profondo’ – militari, Interni e Intelligence – e gode di un buon sostegno popolare. Finora il tema portante della sua campagna è stata l’esigenza di ripristinare la stabilità e contrastare il “terrorismo”, mentre gli accenni alla politica economica che intende perseguire sono limitati e ambigui.

Forte di un ampio sostegno popolare, riflesso della credibilità di cui ancora oggi godono le forze armate, il prossimo presidente si troverà a governare su un paese piegato dalla crisi economica – aggravata dai contraccolpi della rivoluzione – con un settore turistico al collasso e una società profondamente divisa.

Problemi già presenti nell’Egitto di Mubarak, acuiti da tre anni di instabilità e dalla lacerazione con gli ambienti islamisti, che di per sé non minano la sua elezione, data per scontata dalla maggior parte degli osservatori, ma potrebbero portare i germi di nuovi capovolgimenti sull’orizzonte egiziano.

Fonte: http://www.misna.org/economia-e-politica/al-sissi-luomo-nuovo-della-vecchia-guardia-27-03-2014-813.html

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