La questione dell’Ici – e di altre tasse – che la Chiesa non paga nemmeno sui propri esercizi commerciali è ormai diventata una “grana” che non si può nascondere sotto silenzio in attesa che la gente (ovvero i media prinicipali) se ne dimentichino.
E quindi, attraverso il capo dei vescovi italiani, Bagnasco, il Vaticano prova ad uscire dall’angolo dichiarandosi “disponibile a discuetrne”. Che non vuol dire “a pagare”.
Una sintesi di come i media stanno affrontando la questione è fornita da questo articolo da La Stampa.
La Santa Sede e i vertici della Cei sono convinti che molte delle polemiche di questi giorni sul pagamento dell’Ici siano strumentali. Ma la disponibilità espressa ieri dal cardinale Bagnasco a discutere sulle esenzioni, e dunque a far sì che vengano meglio precisate la norme esistenti, è il frutto di un dibattito interno e un segnale preciso al Paese. La Chiesa italiana non si vuole tirare indietro e auspica che eventuali puntualizzazioni evitino l’esistenza di zone grigie o interpretazioni di comodo da parte degli istituti che dovrebbe pagare e non lo fanno.
Domenica 25 settembre, a Friburgo, parlando alla Chiesa tedesca – ricca e strutturata – Benedetto XVI aveva ricordato i processi di secolarizzazione lungo la storia: «Le secolarizzazioni – fossero esse l’espropriazione di beni o la cancellazione di privilegi – significarono ogni volta una profonda liberazione della Chiesa da forme di mondanità: essa si spoglia, per così dire, della sua ricchezza terrena e torna ad abbracciare pienamente la sua povertà terrena».
Il giorno dopo Bagnasco, al Consiglio permanente della Cei, aveva definito l’evasione fiscale un «cancro sociale» e in un successivo passaggio dedicato alle esenzioni Ici per gli immobili della Chiesa aveva detto: «Se abusi si dovessero accertare, siano perseguiti secondo giustizia, in linea con le norme vigenti». Quasi un invito ai Comuni perché non manchino di procedere contro gli istituti eventualmente inadempienti.
Erano soltanto le prime avvisaglie. Più d’uno, dentro e fuori i «sacri palazzi», attendeva nuove ondate polemiche, soprattutto in vista dei sacrifici che sarebbero stati richiesti a tutti gli italiani per impedire il fallimento del Paese. Vanno lette anche in questa luce le aperture di credito rivolte fin dal primo momento dalla Santa Sede al governo Monti. Il professore, subito dopo l’incarico e prima di sciogliere la riserva, aveva ricevuto una telefonata personale di incoraggiamento da parte del Papa. E dal giorno della formazione dell’esecutivo, gli endorsement del segretario di Stato Tarcisio Bertone al nuovo inquilino di Palazzo Chigi sono stati ben tre, tutti di peso. Bertone ha prima fatto gli auguri al governo definendolo una «bella squadra». Poi la scorsa settimana ha espresso l’auspicio che il premier possa «andare avanti». Infine, martedì è tornato a parlare dell’esecutivo e della manovra «salva-Italia» mostrando di apprezzarla: «I sacrifici fanno parte della vita». Il segretario di Stato, riguardo all’Ici, ha aggiunto: «È un problema particolare, da studiare e approfondire».
Le parole del cardinale, finalizzate a rasserenare gli animi, con la disponibilità ad approfondire il tema hanno rappresentato un segnale di apertura. Che avuto l’effetto, non voluto, di rafforzare proprio coloro che chiedono a gran voce un cambiamento di rotta.
In questi giorni il ministro Corrado Passera si è incontrato con giuristi cattolici vicini alla Santa Sede: non sembrano all’ordine del giorno da parte del governo iniziative volte a stravolgere la legge vigente sulle esenzioni, che non riguardano soltanto gli immobili della Chiesa dediti al culto o alle attività assistenziali ed educative, ma ogni altra religione che abbia intese con lo Stato come pure tutte le attività no profit sia laiche che religiose. «La Chiesa cattolica paga quello che c’è da pagare, paga quello che è previsto, come tutti, e non gode di nessun privilegio», ha scritto ieri il Sir, l’agenzia di stampa della Cei. Mentre il direttore del quotidiano «Avvenire», Marco Tarquinio, ha ribadito che «Le attività commerciali svolte da enti e realtà riconducibili alla Chiesa sono tenute a pagare l’Ici sugli immobili che le ospitano e tutte le altre imposte previste esattamente come ogni attività commerciale». Negli ambienti ecclesiastici non ci nasconde che il problema maggiore è rappresentato dagli immobili gestiti dagli ordini religiosi, i quali godono di notevole autonomia e che amministrano il loro patrimonio senza dover rendere conto alle autorità diocesane. E ci sono segnali che proprio in questi giorni, di fronte alla possibilità di dover pagare l’Ici, stia partendo una corsa a vendere, da parte di ordini religiosi che non sono in grado di sostenere i costi di mantenimento.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa