L’Aias procede avanti come un treno senza conducente sulla strada dei licenziamenti collettivi, incontrando (il 22 Maggio) le OO.SS. firmatarie di contratto, e inviando alle altre sigle comunicazione contenente tutte le informazioni sulla procedura di mobilità in atto, informativa comprensiva delle schede dei lavoratori licenziati, ai sensi dell’art. 4, comma 8, Legge 223/1991. Nei fatti siamo ad un millimetro dalle lettere di licenziamento.
Tutto ciò malgrado la Regione Sardegna, attraverso i propri organi del potere esecutivo abbia chiesto una interlocuzione con l’Aias, istituendo due tavoli interassessoriali Sanità-Lavoro, uno sui licenziamenti e l’altro sugli stipendi arretrati, impegno preso nel corso di un incontro con le organizzazioni sindacali, ed emettendo un comunicato stampa in cui si chiedeva lo stop ai licenziamenti.
Qualcuno sembra dimenticare che in ballo ci sono il futuro di 133 lavoratori che tanta vita e lavoro hanno dedicato all’Aias, possessori di un patrimonio di professionalità che rischia di essere disperso in territori dove è difficile trovare lavoro e assistenza. Crediamo che in questo modo, l’assistenza ai più bisognosi arretri di molti passi, e seppure l’Aias non svolga un servizio pubblico, è pur sempre un servizio pagato da noi contribuenti per rendere meno difficile la vita di coloro che sono meno fortunati e più hanno bisogno dell’aiuto della collettività. Non crediamo che la mancanza di servizi in alcuni territori della Sardegna sia da auspicare, ma è quello che sta avvenendo. Lo Stato arretra, tagliando tramite la spending-review le proprie risorse pubbliche, e il para-privato arretra, malgrado l’incremento delle risorse del monomandatario Regione. Purtroppo i guasti sono sotto gli occhi di tutti, guasti derivanti da una anomalia tutta sarda espressione di una posizione dominante e monopolistica di una famiglia (la cui saga a dire il vero poco ci appassiona) che gestisce (lo fa bene?) un settore primario per la collettività. E lo fa in modo utilitaristico, guardando agli utili, e non al ruolo complessivo che deve svolgere in ambito regionale un servizio sociale. Allora si chiudono i piccoli centri, perché poco produttivi, lasciando dietro di se il vuoto in territori.
Non sarebbe il caso che la sanità pubblica si riprenda il suo ruolo, cioè quello di offrire i servizi sociali in tutti i territori della Regione Sardegna?
Non sarebbe il caso di riprendere in mano questi servizi, reinternalizzarli in ambito ospedaliero e nelle Asl? Non è il caso di spezzare questo monopolio, per non continuare ad essere sotto schiaffo da parte dell’Aias?
I lavoratori partecipano oggi ad un presidio convocato dalla Usb, in Viale Poetto 312 a partire dalle ore 17.00 per dare visibilità alla propria lotta e per dire alla collettività tutta che la loro lotta non è solo in difesa del posto di lavoro, ma in difesa dell’assistenza socio-sanitaria sarda.
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