Si fanno sempre più fitte le trame che stanno dietro all’organizzazione di “Trame” il Festival dei libri sulle Mafie. E’ stato firmato, infatti, un protocollo d’intesa tra il direttore di Fondazione Trame, Tommaso De Pace ed il Presidente di Calabria Etica, Pasquale Ruberto, discusso personaggio della politica lametina per una serie di vicende che vanno dallo scioglimento del Consiglio Comunale di Lamezia Terme per infiltrazioni mafiose nel 2002 (eletto con Forza Italia, si dimise da consigliere per fare l’assessore ai Servizi economici e finanziari, a pag. 65 della Relazione sugli accertamenti eseguiti presso il Comune di Lamezia Terme dalla Commissione di Accesso figura, insieme ad altri 6, proprio il suo nome) al megastipendio da 5100 euro mensili che lo stesso si sarebbe autodeterminato in passato proprio per l’incarico ricoperto.
Un’alleanza che non può non far discutere, mettendo in discussione quei principi che dovrebbero stare alla base di un progetto di legalità e trasparenza.
Era il 2013 quando l’allora direttore artistico Lirio Abbate lasciava Trame, dopo l’uscita precedente di Tano Grasso, dichiarando: “lascio un progetto culturale e sociale in cui ho creduto fin da quando è stata data vita all’iniziativa. Insieme a Tano Grasso abbiamo creato le basi e realizzato le fondamenta per inventare Trame, non solo nel nome dato alla manifestazione contro le mafie, ma anche nei fatti, proseguendo gli ideali sociali e culturali anche dopo la sua uscita dal festival. Non sussistevano più le condizioni per proseguire un percorso comune”.
Quelle condizioni originarie di un’antimafia che richiede coerenza e coraggio, che necessita l’applicazione nelle scelte quotidiane per servire un’idea senza servirsi di essa, sono oggi completamente calpestate.
Quei presupposti di cui accennava il giornalista Abbate vengono oggi più che a mai a mancare.
A quale fine questa alleanza? Per rafforzare cosa e soprattutto chi? Non possiamo che chiederci, mentre la città di Lamezia Terme è già in campagna elettorale per le comunali del 2015.
Non possiamo intravedere in alcun modo, in questa scelta, un segnale positivo che possa riscattare la cultura dell’antimafia, di cui si parla molto ma della quale si dimostra poco. Pensiamo invece, che in una città ad alto tasso mafioso come quello di Lamezia terme, ci sia la necessità di costruire un percorso nuovo, antagonista a questo modo di pensare l’antimafia soltanto in alcuni momenti e in determinati salotti, auspichiamo ad un’antimafia capace di essere coerente e capofila nelle cose che denuncia e nei propositi che accenna, in prima fila nella lotta quotidiana alla mafia e alla mentalità mafiogena che è permeata oltre la mafia stessa, inserendosi nei tessuti di questa società rischiando di contagiare anche chi mafioso non è.
Un festival resta pur sempre un festival, e forse sarebbe meglio non farlo piuttosto che accettare compromessi che ne tradiscono l’idea smentendone la sua applicazione. Un’altra scelta esiste sempre.
E solo se si agisce con coerenza e rispetto dei valori ai quali si proclama l’appartenenza, se lo si fa coinvolgendo direttamente i cittadini ed ignorando di prestare il fianco ad ogni tipo di passerella politica, se si lavora attivamente con coerenza divenendo l’esempio virtuoso di una città inaridita e calpestata dalle ‘ndrine, allora può diventare inizio e motore di quel cambiamento dal quale bisogna necessariamente partire.
Collettivo Autonomo Altra Lamezia
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