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Ilva. Oggi si vota per il referendum

Da stamattina sono aperte a Taranto le 82 sezioni elettorali per il referendum consultivo cittadino che chiama i cittadini a pronunciarsi in merito alla chiusura totale o parziale, solo l’area a caldo, dello stabilimento siderurgico dell’Ilva.
Due sono le schede che vengono consegnate agli elettori, una chiede un sì o un no alla chiusura totale della fabbrica, l’altra un sì o un no alla chiusura della sola “area a caldo”. L’elettore, se  vuole, può anche chiedere di votare solo per uno dei due quesiti referendari.

Si vota sino alle 22 di stasera ininterrottamente. Il sindaco della città, Ezio Stefano, che guida una maggioranza di centrosinistra. Stefano ha solo invitato i cittadini a recarsi al voto ma non ha precisato, né indicato, la sua preferenza.

In pratica, si chiede ai cittadini si sciogliere loro il dilemma che nessuno – politici, sindacati confederali (piuttosto corrotti dai Riva, come è stato verificato nelle inchieste giudiziarie) e neppure la magistratura sono riusciti a sciogliere – se debba prevalere il diritto al lavoro oppure diritto alla salute. Che è la più clamorosa dimostrazione di un sistema assurdo, in cui o si accetta la logica del guadagno privato di Padron Riva (condannando a morte certa e lenta chi ci lavora e chi ci vie attorno) oppure si cerca di sopravvivere, ma senza più il pilastro portante della scarna economia locale.
Non è un problema soltanto italiano, come cercano di metterla giù i “progressisti” da quattro soldi stile Repubblica. Accade ovunqeu nel mondo capitalistico, con più o meno “cautele” e adozione di tecnologie limitanti l’inquinamento che comunque si produce.

Il referendum è soltanto consultivo. Il Comune dovrebbe poi decidere, in base ai risultati, se alzare la voce con l’azienda, pretenedendo il rispetto di quanto imposto da diverse ordinanze giudiziarie – puntualmente contrastate dal governo Monti nella persona del ministro “dell’ambiente” Clini – oppure se continuare a tenere la testa bassa. Il referendum vale soltanto se si supera il 50 per cento di votanti: un obiettivo, dicono gli stessi promotori del referendum, praticamente impossibile.

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