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Il nemico è alle porte

Ogni tanto serve recensire anche dei libri “classici” per il loro apporto nel dibattito e nella formazione collettiva. Questo è il caso de “Il nemico alle porte”, libro del cecchino sovietico Vassili Zaitsev che narra della sua esperienza durante la battaglia di Stalingrado.

In realtà, per noi italiani sarebbe fuorviante considerarlo un classico, mentre di sicuro lo è per i lettori dell’URSS, dove fu pubblicato solo nel 1981 divenendo subito popolarissimo. Da noi è per lo più conosciuto grazie al film del 2001, una pessima rivisitazione hollywoodiana, mentre il libro in italiano è disponibile solo da un anno (ed. Red Star Press).

Nel suo libro Zaitsev riesce ad intrecciare con maestria la narrazione storica, gli aspetti politici e le vicende umane. Ci descrive fedelmente Stalingrado, un vero e proprio Girone dantesco in cui precipitavano schiere di dannati. Ci si immerge nella descrizione di quei giorni fatti d’angoscia, sofferenza e privazioni, ma senza mai scadere in eccessi autocelebrativi o morbosi.

Come noto, quella di Stalingrado è stata la battaglia più dura e più importante della Seconda Guerra Mondiale, dall’esito dipendevano le sorti del conflitto. Il libro accompagna nel cambio d’atteggiamento dei tedeschi che da arroganti e spavaldi, certi della vittoria, iniziarono a capire che che le cose sarebbero andate diversamente; inoltre, ci fornisce dettagli interessanti sulla sorte di alcuni dei 77 italiani che finirono a Stalingrado.

Va ricordato che la Germania venne sconfitta prevalentemente grazie allo sforzo dell’URSS che pagò il salatissimo prezzo di 27 milioni di morti. Fu l’Armata Rossa a prendere Berlino.

Il libro ci mostra una pagina di storia fatta di coraggio, determinazione e senso d’abnegazione. Ma anche voglia di sperimentare e di migliorarsi, però non come singolo bensì come collettivo, nel migliore spirito sovietico.

Come quasi tutti i sovietici, anche Zaisev provava un odio viscerale per i fascisti, uccise 242 nemici. Non fu il cecchino sovietico con il maggior numero di vittime, Ivan Sidorenko ne fece più di 500, mentre tra le donne il record è di Ludmila Pavlichenko 309 (passò alla storia il suo incontro con la moglie del Presidente americano Roosvelt che gli chiese quanti uomini avesse ucciso e lei rispose: “Non uomini, fascisti. 309”). Zaitsev diede un contributo enorme nel progresso della dottrina militare, formulando teorie sulle tecniche di combattimento. Benché non venisse dall’Accademia, sviluppò in proprio un metodo che successivamente l’Armata Rossa acquisì.

Prima, durante e dopo la guerra Zaitsev diede anche un grosso contributo sul piano politico, era un fervente comunista e morì insieme all’URSS. Era un’attivista e un trascinatore, sua la famosa frase “non c’è terra per noi oltre il Volga”. Venne più volte ferito in combattimento, senza mai pensare a ritirarsi (benché il suo stato di salute gli consentisse il congedo). Non gli mancava un tocco di spavalderia tipica degli slavi, ad esempio quando gli dissero di andare in tredici ad affrontare centinaia di nemici rispose “sono condizioni più che accettabili”. Poi si ritrovò in un letto d’ospedale temporaneamente privo della vista.

Con questo libro si capisce bene come combattano gli slavi, con che determinazione e coraggio (già se ne erano accorti gli antichi romani facendone tesoro), doti che ancor di più hanno le loro avanguardie politiche, i comunisti. A tal riguardo è utile notare che ciò si sta riaffermando anche al giorno d’oggi nel Donbass, dove la Resistenza non si piega nonostante l’inferiorità numerica e d’equipaggiamento.

Questo è un libro consigliato soprattutto ai compagni, per capire meglio lo spirito sovietico e quanto fu dura la lotta contro il nazi-fascismo. Uno stimolo per lottare sempre con maggiore determinazione, per poter essere degni di chi ci ha preceduto. Il libro va anche consigliato a tutti quelli che non conoscano la storia, o a coloro che si siano fatti abbindolare dalla propaganda, finendo a credere che il nazismo sia stato sconfitto dagli anglo-americani. Infine, il libro è consigliato anche ai fascisti, ma solo per ricordagli che per loro non c’è scampo.

 

Alberto Fazolo

 

 

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