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“Non esistono gli individui, esiste solo la società”

Non esiste la società, esistono solo gli individui”.

Nessuna frase meglio di questa, pronunciata da Margaret Thatcher, identifica perfettamente uno dei cardini dell’ideologia neoliberista: quello per cui l’unico metro con cui giudicare i comportamenti umani è la responsabilità individuale.

Una visione che tende a negare costantemente il fatto che l’uomo sia un animale sociale e che tutte le sue azioni, come ci insegnano le scienze umane, vadano studiate, analizzate e valutate all’interno dei contesti che le influenzano, le normano e le producono.

La psicologia sociale, in particolare, può aiutarci a comprendere quali caratteristiche e situazioni rendano le persone specificatamente sensibili all’influenza sociale.

In questo libro, il cui titolo – provocatoriamente – ribalta l’asserzione della “lady di ferro”, sfidiamo l’idea che i comportamenti umani siano esclusivamente il risultato di scelte personali.

Viceversa, attraverso il racconto di alcuni esperimenti e studi celebri, sottolineiamo il ruolo cruciale che aspetti come il conformismo, l’autorità, le dinamiche di gruppo e gli stereotipi hanno nello sviluppo di determinate dinamiche.

Solo comprendendo l’origine dei nostri comportamenti, infatti, potremo pensare di modificarli al fine di miglio rare la società in cui viviamo.

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Quelli nella foto di copertina potrebbero sembrare una guardia carceraria e un detenuto normali, anche se occhiali a specchio e sacchetto in testa lasciano dei dubbi. In realtà sono due partecipanti ad uno degli esperimenti che hanno fatto la storia della psicologia e non solo quella: l’esperimento carcerario di Stanford.

Promosso da Philip Zimbardo per indagare il comportamento di individui definiti esclusivamente dal proprio gruppo di appartenenza si svolse nel 1971 presso l’università di Stanford, nel periodo di interruzione delle lezioni.

Zimbardo creò all’interno del campus una riproduzione fedele dell’ambiente carcerario e dopo aver selezionato 24 uomini adulti, sani, equilibrati, appartenenti alla classe media, acculturati e privi di qualsiasi comportamento deviante, li divise in due gruppi.

Il primo era quello dei detenuti. Ricevettero la medesima divisa, lo stesso berretto e furono incatenati alle caviglie. Il secondo era quello delle guardie, che indossarono una uniforme kaki, degli occhiali a specchio ed ebbero in dotazione manganello e manette.

I detenuti avevano delle regole precise a cui attenersi e le guardie avevano il compito di fargliele rispettare. Ovviamente tutti sapevano che si trattava di un esperimento e che i ruoli in cui si erano calati erano totalmente immaginari.

Eppure passarono solo due giorni prima che la situazione precipitasse in maniera drammatica. I detenuti iniziarono infatti a protestare per la loro condizione, si strapparono le magliette e si rinchiusero nelle celle.

Le guardie che già li trattavano con durezza iniziarono a praticare nei loro confronti forme sempre più efferate di violenza fisica e psicologica. I carcerati furono costretti a cantare canzoncine sconce, a defecare in secchi che non potevano vuotare, a pulire a mani nude le latrine.

Zimbardo, dopo un presunto tentativo di evasione da parte dei detenuti represso con durezza, fu costretto a mettere fine al suo esperimento poiché i partecipanti cominciavano a mostrare seri segni di dissociazione dalla realtà, disturbi psicologici, fragilità e sadismo a seconda dei casi.

L’esperimento dimostrò in maniera incontrovertibile che l’assunzione di un ruolo istituzionale da un lato deresponsabilizza l’individuo, portandolo a comportarsi senza quei freni sensazionali – paura, vergogna, pietà – che in condizioni normali ne regolano le azioni.

Dall’altro che l’osservanza delle regole dell’istituzione a cui appartiene conduce un soggetto a non avere più alcuna autonomia comportamentale ma ad uniformarsi ciecamente al volere collettivo del gruppo.

Insomma ambiente e istituzioni determinano in maniera determinante il comportamento di ogni singolo individuo.

Zimbardo per spiegare questo fenomeno conierà il termine “effetto Lucifero”.

 * link: https://bit.ly/417l8IL

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