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Predator Usa sulla Libia

Gli Stati Uniti hanno iniziato a impiegare per i bombardamenti in Libia gli aerei senza pilota “Predator”, gli aerei senza pilota da tempo usati dagli americani in Afghanistan e Pakistan. La prima missione è avvenuta ieri, lo ha annunciato il Segretario alla difesa Robert Gates. Washington scende in campo con forza e torna a colpire con i suoi aerei. A fornire una giustificazione per il rinnovato intervento militare in Libia, dopo aver lasciato per settimane l’iniziativa agli alleati francesi e ai paesi membri della Nato, sembra essere stata la morte dei due giornalisti occidentali l’altro giorno nella città assediata di Misurata – uccisi da schegge di un colpo di mortaio sparato dalle truppe fedeli al colonnello Muamar Gheddafi – che il Segretario di stato Hillary Clinton ha condannato con forza, accusando le truppe governative libiche di “attacchi feroci”.

Ma non solo gli Usa ma la stessa Nato ha intensificato i suoi raid. L’inviato del network americano “Cnn” a Tripoli ha riferito di almeno tre forti esplosioni udite nella notte nella capitale libica, sorvolata più volte dai cacciabombardieri. Ciò segue le dichiarazioni dei comandanti della Nato che avevano annunciato più incursioni aeree la prossima fase dei bombardamenti contro le linee di comunicazione all’interno e nei dintorni di Tripoli. Ieri la televisione di stato libica aveva denunciato attacchi aerei con morti civili alla periferia della capitale e Ghiryan.

Gheddafi non mostra segni di cedimento e lancia minacce a Italia, Francia e Gran Bretagna che invieranno addestratori militari a Bengasi, la capitale dei ribelli. Decisione che non convince tutta la comunità internazionale. Per il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov segna di fatto l’inizio delle operazioni terrestri, mentre l’Olanda critica il riconoscimento del governo degli insorti libici compiuto da Roma e Parigi. Gheddafi in ogni caso dice di essere pronto a schierare anche i civili per contrastare un eventuale intervento di terra a sostegno dei rivoltosi e accusa la Nato di attuare «embargo marittimo» che non si limita solo alle armi così come previsto dalla risoluzione dell’Onu ma si ripercuote anche su rifornimenti di prima necessità alla popolazione civile.

Intanto il senatore americano John McCain, ex candidato alla Casa Bianca, è partito per la Libia dove incontrerà gli insorti a Bengasi, la loro roccaforte.

 

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da il manifesto” del 23 aprile 2011

Manlio Dinucci
 
Il Pentagono invia Predatori super-armati

 

Il presidente Obama ha approvato alla fine l’uso in Libia dei Predator armati, aerei telecomandati del tipo «hunter/killer» (cacciatore/uccisore): lo ha annunciato il capo del Pentagono Robert Gates, definendo il contributo «modesto» in omaggio alle linee guida della Casa Bianca. Obama non vuole impegnarsi troppo nel conflitto e cerca di contenere le spese. Ma i due droni in missione già da ieri, presentati da Gates come armi «che riducono errori e rischi», sono armi micidiali che fanno spesso, invece, strage di civili.
Quelli impiegati nell’operazione «Protettore unificato» appartengono infatti all’ultima generazione dei Predator («predatori»): sono gli MQ-9 Reaper, usati per la prima volta in Afghanistan nel 2007. Il Reaper («mietitore», ovviamente di vite umane), in grado di volare a 15mila metri di quota, trasporta un carico bellico di oltre una tonnellata e mezza, composto soprattutto di missili Hellfire («fuoco dell’inferno»). Il Reaper ne può trasportare 14, in confronto ai due del precedente Predator.
I Reaper decollano probabilmente dalla base di Sigonella, dove è dislocato il personale addetto al rifornimento e alla manutenzione, ma sono guidati da un pilota e da un addetto ai sensori seduti a una consolle nella base aerea di Creech in Nevada. L’aereo possiede sensori all’infrarosso e speciali videocamere che, attraverso la rete satellitare, permettono agli operatori di individuare gli obiettivi. Uccidere manovrando con un joystick un aereo ad oltre 10mila km di distanza è l’ultima frontiera delle tecnologie belliche. «Vedere quei cattivi soggetti sullo schermo e come li mandiamo all’altro mondo, e quindi scendere al fast food per il lunch, è una esperienza surreale», ha dichiarato alla Cnn il cap. Matt Dean, uno dei piloti Reaper della base di Creech. Il problema però è distinguere i «cattivi soggetti» dagli altri: l’impiego dei Predator/Reaper in Afghanistan, Pakistan, Iraq e Yemen è segnato da continui «errori», ossia da stragi di civili scambiati per «terroristi» o «insorti». In Afghanistan, dieci giorni fa, un missile Hellfire lanciato da un Reaper ha ucciso anche dei militari Usa, scambiati per insorti.
In Libia – ha specificato il generale James Cartwright nella conferenza stampa di Gates al Pentagono – le forze leali a Gheddafi si muovono all’interno di zone abitate per non essere prese di mira dagli aerei Nato. Per questo ora vengono impiegati i Predator, «aerei con capacità uniche, adatte alle aree urbane dove invece i bombardamenti tradizionali possono causare danni collaterali». Non ha però spiegato il generale come si possano evitare «danni collaterali» lanciando con i Predator/Reaper missili Hellfire, le cui testate sono di tre tipi: anticarro, esplosiva a frammentazione e termobarica.
La testata termobarica Agm-114N Metal Augmented Charge, usata per la prima volta in Iraq nel 2005, quando colpisce l’obiettivo diffonde una nube di polvere d’alluminio che provoca una seconda esplosione. Questa produce una pressione tale da creare un vuoto d’aria, che provoca la morte per asfissia di chiunque si trovi nell’area, anche all’interno di edifici o rifugi. L’organizzazione Human Rights Watch la definisce un’arma «particolarmente brutale», poiché «rende praticamente impossibile ai civili trovare rifugio». Così dunque viene realizzato lo scopo fondamentale enunciato nella risoluzione del Consiglio di sicurezza: la «Protezione dei civili».

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