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Nigeria. Secondo Al Qaeda era stato pagato un riscatto

L’agenzia AdnKronos – a sua volta abbastanza vicina ai servizi segreti italiani – lancia questa versione con fonte Al Qaeda. Probabilmente anche questo lancio è un episodio che certifica la “tensione”, in qeusto momento, creatasi tra Roma e Londra. Certo è che i mitici “servizi” inglesi questa volta l’hanno combinata grossa.

 

AdnKronos

Prima di arrivare al blitz dei giorni scorsi in Nigeria nel tentativo di liberare l’inglese Chris McManus e l’italiano Franco Lamolinara, rapiti lo scorso maggio da un gruppo islamico locale, era in corso una fitta trattativa che avrebbe portato anche al pagamento di parte del riscatto chiesto dai sequestratori.

E’ quanto rivela una fonte di al-Qaeda nel Maghreb islamico e del gruppo locale Boko Haram, che ha rapito i due ostaggi, all’agenzia di stampa mauritana ‘Ani’. La fonte racconta quelli che sarebbero i particolari di questa vicenda parlando della trattativa che a suo dire era quasi arrivata al termine, prima dell’intervento delle teste di cuoio nigeriane coadiuvate dall’intelligence britannica. Innanzitutto chiarisce l’identità del gruppo responsabile del sequestro del nostro connazionale, sostenendo che «i rapitori dei due ostaggi europei erano guidati dal nigerino Khalid al-Barnawi.

Si tratta di uno dei primi nigeriani ad essere entrato nel Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento (Gspc) prima che diventasse al-Qaeda nel Maghreb islamico. È stato sempre attivo all’interno delle brigate del Sahara guidate dall’algerino Mokhtar Ben Mokhtar, noto anche come Khaled Aboul Abbas o come Belour. Ha partecipato a diverse azioni jihadiste nel deserto tra cui l’attacco condotto contro la base militare di Mughatti, nel nord della Mauritania, del 2005, nel quale sono morti 17 soldati. È quindi in contatto con le cellule di al-Qaeda presenti nel nord del Mali».

Secondo questa fonte vicina ad al-Qaeda, «erano state avviate delle trattative per arrivare alla liberazione dei due ostaggi. I rapitori hanno anche telefonato ai familiari dell’ostaggio britannico che vivono a Manchester, in Gran Bretagna, ai quali hanno chiesto il pagamento di un riscatto pari a 5 milioni di euro e la liberazione di alcuni detenuti, prima che gli italiani entrassero nella faccenda».

In base a questa versione dei fatti, solo a questo punto sarebbe iniziata una trattativa «grazie alla mediazione dell’uomo d’affari ed oppositore mauritano Mustafa Ould Imam Chafi, mentre i britannici hanno delegato un altro mediatore ed alcuni capi di al-Qaeda nel Maghreb islamico hanno condotto la trattativa con questi due».

Quello di Chafi è un nome già noto alle cronache. Si tratta di un uomo d’affari famoso nella regione per essere stato il consigliere speciale del presidente del Burkina Faso, Blaise Compaorè. In passato è stato negoziatore con al-Qaeda per la liberazione degli ostaggi spagnoli rapiti in Mauritania il 28 novembre del 2010 e per la liberazione dell’italiano Sergio Cicala e della moglie Philmene Kaborè, originaria proprio del Burkina Faso. Sul suo capo pende da alcuni mesi un mandato di cattura spiccato da Nouakchott per i suoi rapporti con i terroristi.

La fonte sostiene inoltre che «i britannici fossero più intransigenti degli italiani nella trattativa e che i rapitori siano stati disponibili rinnovando più volte l’ultimatum. I familiari degli ostaggi hanno poi chiesto una prova dell’esistenza in vita dei due uomini attraverso l’invio di due domande». La prima domanda era indirizzata all’ostaggio britannico ed era: «Dove hai trascorso la luna di miele con tua moglie?». La seconda domanda era indirizzata all’ostaggio italiano ed è stata: «Dove hai conosciuto tua moglie?».

«Dopo un pò di tempo – racconta ancora – sono arrivate le risposte tramite i sequestratori. Alla prima domanda il britannico ha risposto che la luna di miele l’hanno trascorsa a Manchester dove vive la sua famiglia, mentre l’italiano ha risposto di aver conosciuto la moglie a Roma. In questo modo le loro famiglie hanno appurato che erano ancora vivi e le trattative sono andate avanti».

Sempre la fonte di al-Qaeda racconta che «durante la trattativa i rapitori hanno dimostrato grossa elasticità nel tempo facendo molte concessioni a causa del lungo periodo di detenzione dei due. Hanno infatti rinunciato alla richiesta di rilascio di alcuni detenuti chiedendo soltanto il pagamento di un riscatto. I mediatori hanno raccontato che la faccenda del pagamento del riscatto riguardava i familiari dei due ostaggi e non i loro governi. Dopo una lunga trattativa si era arrivati ad un accordo per il pagamento di un riscatto di un milione e 200mila euro».

Il racconto arriva quindi a «pochi giorni fa quando i rapitori hanno effettivamente avuto parte di questi soldi. Era prevista quindi la consegna in questi giorni del resto della cifra e successivamente i due ostaggi sarebbero stati consegnati ai mediatori. Ma i servizi segreti britannici e nigeriani hanno approfittato dell’occasione della trattativa per seguire i rapitori e individuare il luogo della detenzione e ci sono riusciti. È stato così che un commando nigeriano aiutato da esperti britannici ha assaltato il luogo di detenzione dei due ostaggi. È così arrivata velocemente la risposta dei rapitori che hanno ucciso i due ostaggi prima di combattere con gli assalitori».

Il sito mauritano ricorda invece come nel suo ultimo comunicato dello scorso dicembre, al-Qaeda «aveva promesso alla Gran Bretagna che avrebbe ucciso gli ostaggi se vi fosse stata un’azione sciocca da parte loro».

 

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L’Italia alza la voce dopo il blitz fallito
Maurizio Matteuzzi

 

Quirinale e palazzo Chigi chiedono spiegazioni a Londra. La Farnesina prova a mediare per evitare strappi ma convoca l’ambasciatore. In serata i due ministri degli esteri cercano di ricomporre lo scontro: «Lavoriamo insieme». E puntano l’indice contro il paese africano
Un po’ di giallo, un po’ di irritazione (e frustrazione), un po’ di voce, un po’ di fumo, un (bel) po’ di teatrino della politica tipicamente italiano. E poi? E poi, probabilmente, niente (a meno di sorprese) e amici come prima. Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto. A dare, questa volta sono stati i due ostaggi, l’italiano Franco Lamolinara e l’inglese Chris McManus, uccisi giovedì nel corso di un fallito blitz, a Sokoto, nord della Nigeria, delle forze di sicurezza nigeriane e (soprattutto) delle teste di cuoio inglesi (una quarantina, altro che semplice «appoggio», di uomini dell’Sbs, lo Special Boat Service dei Royal Marines). Blitz clamorosamente fallito, a cui il premier britannico David Cameron aveva dato luce verde alle 8 di giovedì mattina. I due ostaggi uccisi, dai sequestratori (almeno 8 dei quali abbattuti) con «colpi sparati a bruciapelo alla testa», secondo le ricostruzioni inglesi, ma stando ad «anonimi funzionari dei servizi nigeriani» citati dalla Bbc (e più probabilmente) abbattuti nel fuoco incrociato di una battaglia, che sempre secondo i britannici, è durata due ore ma che stando ad altre fonti sarebbe durata dalle 8 di mattina alle 19.
Non c’era tempo di avvisare gli italiani, si sono giustificati con la solita arroganza gli inglesi. Per cui sono stati avvisati quando il blitz era già in corso e poi, a cose fatte e a ostaggi uccisi, Cameron ha dato la notizia, e le relative condoglianze, con una telefonata al premier Monti. Secondo Cameron e il ministro della difesa Philip Hammond, c’era il rischio che i sequestratori (la setta islamica radicale Boko Haram, che pero ieri ha smentito il coinvolgimento, o una sua frazione più legata a al Qaeda) stessero per essere «venduti» a qualche altro gruppo e potessero essere uccisi. Hammond ha anche detto, seminando un altro po’ di zizzania, che gli italiani (i servizi? il presidente del Copasir, Massimo D’Alema li ha convocati per lunedì) «erano stati informati anche se non avevano specificamente autorizzato il blitz». Altre fonti londinese, raccolte dal Daily Telegraph invece malignamente che agli italiani non era stato detto niente perché il loro approccio in questi casi è troppo morbido o «pragmatico» (ossia tendono a pagare i riscatti).
Ieri mattina è stato il presidente Napolitano a muovere le acque definendo «inspiegabile» il comportamento inglese per non averci informato prima e affermando che «è necessario un chiarimento sul piano politico-diplomatico». Parole dure. Ma rispedite al mittente da Londra: «Inspiegabile?, Spiegabilissimo» per via delle circostanze, ha ribattuto il ministro Hammond. Sotto accusa Monti e il ministro degli esteri Giulio Terzi (che dovrà riferire in parlamento), già nel mirino per la sua «debolezza» con il governo indiano nel caso dei due marò arrestati nel Kerala. Le «fonti» di Palazzo Chigi hanno fatto sapere che useranno «fermezza» nel chiedere chiarimenti ma senza alcuna intenzione di avviare «una escalation diplomatica o di determinare strappi» con Londra. L’ambasciatore inglese a Roma è stato convocato alla Farnesina.
Intanto si è scatenato il teatrino della politica. Il più agitato il Pdl all’insegna del «con Berlusconi questo non sarebbe successo». In serata è arrivata una dichiarazione congiunta di Terzi e del suo omologo britannico William Hague («Italia e Gran Bretagna continueranno a lavorare insieme da vicino» nella lotta al terrorismo). Parole interpretate come una ricomposizione fra Roma e Londra. Più facile chiedere conto ai nigeriani: è dalla Nigeria che Monti si aspetta spiegazioni. Gioco più facile con Abuja che con Londra.
 
da “il manifesto”

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