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Vertice delle Americhe: gli USA isolati

 

Si è concluso senza neanche una dichiarazione finale il VI Vertice delle Americhe che si è svolto a porte chiuse nel fine-settimana a Cartagena de Indias, in Colombia. Come era prevedibile, i 30 rappresentanti del continente tra capi di Stato e di governo che hanno partecipato al summit non hanno raggiunto una posizione consensuale sulla partecipazione di Cuba ai prossimi incontri continentali e nemmeno sulla sovranità delle Isole Malvinas, oggetto di un lungo contenzioso tra Argentina e Regno Unito.
I due giorni di dibattito hanno dimostrato «che non vi sono temi tabù», ha detto il presidente colombiano Juan Manuel Santos a conclusione dei lavori, parlando di un «summit del dialogo e la sincerità».

“Dopo un grande sforzo e un intenso lavoro congiunto, il 15 maggio entrerà in vigore il Trattato di libero commercio (Tlc) con gli Stati Uniti” ha annunciato il presidente colombiano Juan Manuel Santos al termine del colloquio con il suo omologo statunitense. “I nostri paesi sono passati dal rango di semplici buoni amici a quello di alleati per la costruzione di un nuovo ordine mondiale” riferisce il sito dell’emittente colombiana ‘Radio Caracol’ riportando le dichiarazioni di Santos.

Ma le eufemistiche formulazioni di circostanza del padrone di casa colombiano non possono certo nascondere la mancanza di consenso tra il nord e il sud del continente e il sostanziale fallimento del summit, che getta una pesante ombra sul prossimo appuntamento previsto fra tre anni a Panama.
Cuba non è mai stata invitata ai summit delle Americhe, inaugurati nel 1994, ma questa volta sia il paese ospitante, la Colombia, che la maggior parte degli altri governi avevano chiesto la sua partecipazione. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, soprattutto in vista delle elezioni, si è opposto chiedendo che prima il paese vari un “radicale cambiamento democratico”. Su questo Obama è stato spalleggiato dal rappresentante del Canada, paese che pure intrattiene normali relazioni diplomatiche con l’Avana. Sul fronte opposto l’Ecuador ha boicottato il summit per il mancato invito a Cuba e il leader del Nicaragua, Daniel Ortega, non si è presentato. Il presidente venezuelano Hugo Chavez invece era all’Avana per cure mediche. La intransigente posizione di Washington e di Ottawa su Cuba è stata duramente rigettata da tutti i membri dell’Alba (Alleanza Bolivariana delle Americhe). “Cuba – ha dichiarato il cancelliere venezuelano, Nicolás Maduro – è uno dei paesi con la più alta tradizione di solidarietà. Diamo prova di solidarietà e di amore nei suoi confronti per favorirne il reintegro. Se non dovessimo riuscire a modificare la posizione di chi impone il veto, possiamo dire che questo sarà l’ultimo Vertice”.
Il secondo punto in agenda, la richiesta di sovranità avanzata da Buenos Aires sull’arcipelago delle Malvinas, non ha suscitato una levata di scudi ma non è stato nemmeno inserito in un documento finale in assenza di una posizione di sostegno unitaria da parte di tutti gli Stati partecipanti.
La presidente argentina, Cristina Fernandez Kirchner, ha lasciato il vertice dopo la foto di gruppo in segno di protesta per il mancato sostegno di Washington alla sua rivendicazione di sovranità sulle isole Malvinas. Obama, che sabato aveva avuto un incontro bilaterale con la Kirchner, ha sottolineato in conferenza stampa che gli Stati Uniti intendono rimanere «neutrali». «Abbiamo buoni rapporti sia con l’Argentina che con la Gran Bretagna e speriamo possano continuare il dialogo su questa questione», ha aggiunto.
Soltanto sul tema della sicurezza e della lotta al narcotraffico gli Stati americani hanno concordato di studiare nuove modalità di intervento in termini di costi e di efficienza, presumibilmente con un approccio diverso da quello attuale basato sull’uso della forza criticato da molti rappresentanti dei governi del sud del continente.
Fonti di stampa colombiana e internazionale sottolineano i toni accessi e la tensione palpabile che hanno caratterizzato i colloqui multilaterali a porte chiuse, soprattutto a causa della politica attuata dalla Casa Bianca in America Latina.

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