Ormai i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali di ieri in Francia sono quasi definitivi, anche se mancano alcuni centinaia di migliaia di votanti residenti all’estero: il candidato socialista Francois Hollande è in testa – con il 28,44% – ma di poco, visto che il presidente uscente Nicolas Sarkozy ha ottenuto un 27,05%. Parzialmente smentiti i sondaggi, in particolare sugli altri candidati. Le inchieste davano la candidata dell’estrema destra di poco sopra a quello della sinistra radicale, ma il distacco tra i due alla fine è molto consistente: la figlia del fondatore del Front National ha ottenuto uno storico – ed assai inquietante – 18,27%, mentre l’ex socialista Melenchon si è fermato all’11,2% nonostante i sondaggi lo dessero intorno al 15%. E’ possibile già abbozzare una lettura del voto di ieri, a partire da una riflessione sulla partecipazione al voto – l’80% – assai superiore alle aspettative. L’astensione record prevista alla vigilia del primo turno non c’è stata, e molti degli elettori indecisi sono andati alla fine a votare scegliendo la candidata dell’estrema destra nazionalista e xenofoba che infatti porta il Front National ad un record storico mai raggiunto prima; la relativamente alta partecipazione al voto ha sicuramente diluito l’elettorato di sinistra penalizzando il rappresentante del Front de Gauche. Non c’è stato un particolare smottamento dell’elettorato rimasto fedele a Sarkozy, sceso di pochi punti rispetto al primo punto delle precedenti elezioni, e neanche una particolare affermazione di Hollande.
I sondaggi realizzati in queste ore dicono che il candidato socialista parte favorito come possibile vincitore del ballottaggio previsto il 6 maggio, ma con un margine che queste due settimane di campagna elettorale possono rimettere in discussione: 56 a 44, anche perché l’inchiesta rileva un 18% di indecisi. I candidati del Front de Gauche Melenchon e quella dei verdi Eva Joly – ferma al 2% – hanno già ieri sera espresso un sostegno incondizionato a Hollande, senza operare nessun distinguo e di fatto consegnando il proprio elettorato in pasto ad un infernale meccanismo elettorale che dopo lo sfogo d’opinione del primo turno obbliga al ‘voto utile’. Da parte sue invece Sarkozy non è detto che al secondo turno possa fare il pieno di voti lepenisti, visto che i neofascisti hanno chiarito che non daranno nessuna indicazione di voto e che per loro quella tra Hollande e il presidente uscente non è una reale alternativa. Un atteggiamento di piena indipendenza dai due principali contendenti che non tutti gli elettori del Front National seguiranno il 6 maggio, ma che rivela la ‘forza’ di un partito che non solo continua a crescere in voti, ma che si sta imponendo in tutti gli strati sociali, che fa il pieno nei territori abbandonati da una sinistra spesso lontana dal sentire e dalle necessità degli strati popolari e che non si fa assorbire dal meccanismo del bipolarismo forzato. Un atteggiamento di indipendenza che almeno in questa fase la sinistra plurale francese capitanata dal pur battagliero Melenchon non sembra aver abbracciato, il che rischia di disperdere presto un capitale umano, politico e di consensi che per la prima volta ha portato “la sinistra a sinistra dei socialisti” a superare un risultato a due cifre dopo due decenni di risultati magri. Vedremo alle prossime elezioni legislative se il relativo exploit della sinistra radicale alle presidenziali si confermerà e quindi trasformerà il voto di opinione di ieri in qualcosa di più stabile, duraturo e progettuale.
Fa bene Gennaro Carotenuto a far notare che il risultato di Melenchon è il migliore dai tempi – era il 1981 – in cui George Marchais si attestò al 15% dei suffragi. Ma se dal punto di vista politologico Marchais era il leader di una forza politica formalmente ‘marxista’, oggi l’ex socialista Melenchon è a capo di una coalizione eterogenea che comprende forze radicali insieme a forze che la virata al centro dei socialisti parigini ha obbligato a ricollocarsi. Come dire: non si possono mischiare le pere con le mele. Non è un caso che Melenchon, che pure ha avuto l’enorme merito di rimettere in discussione alcuni cardini dell’ideologia liberista difesi tanto da Sarkozy che da Hollande, e di riattivare una sinistra finora letargica, non ha mai fatto proposte di rottura nette riguardo a temi come le relazioni con l’Unione Europea, i trattati e i vincoli sovranazionali che obbligano i governi a rispettare stringenti politiche di austerity, il dogma della moneta unica. Rotture invece strumentalmente agitate dall’estrema destra, che le ha unite alla facile propaganda contro l’Europa “portatrice di immigrazione” e di assimilazione culturale che ha fatto breccia nell’elettorato francese delle grandi periferie urbane, del sud del paese e di strati sociali intermedi che una crisi ancora incipiente sta comunque spaventando e proletarizzando.
Il voto di ieri rivela che l’asse politico della Francia era ed è rimasto a destra, al di là delle alchimie del sistema elettorale e delle possibili interpretazioni (il 9% che è andato al liberale Bayrou vanno conteggiati nella destra o nella sinistra?). Soprattutto dimostrando che la capacità egemonica della destra estrema si conferma in molti paesi, anche in quelli in cui la crisi non morde più di tanto come la Francia. Il 6 di maggio non si voterà solo per decidere chi dovrà occupare l’Eliseo, ma anche in Grecia. E tutti i sondaggi prevedono una storica e pericolosissima affermazione, per la prima volta dalla fine della dittatura, di un’estrema destra reazionaria – quella del Laos – o addirittura neonazista e squadrista, con quelli di ‘Alba dorata’ che entrerebbero in un parlamento balcanizzato con il 5 o il 6%.
C’è poco da stare allegri quindi per il risultato di ieri in Francia, e parlare di ‘marea rossa’ ci sembra assai fuori luogo. Tra l’altro se Hollande ha indirettamente reagito al sostegno di Melenchon chiarendo che non cederà di un punto alle richieste delle sinistra radicale in caso di vittoria, Sarkozy dovrà spostare ancora più a destra il suo programma e il suo messaggio per convincere gli elettori di Marine Le Pen a votarlo.
C’è da dire che Melenchon ha intercettato buona parte dell’elettorato radicale di sinistra che in questi anni si era orientato verso due formazioni trotzkiste – l’NPA e LO – che ieri hanno ottenuto un magrissimo risultato. L’operaio Poutou, candidato del Nuovo Partito Anticapitalista, si è fermato all’1,2% mentre la rappresentante di Lutte Ouvriere non è arrivata all’1%. Se il primo ha chiesto ai suoi elettori di ‘fermare il fascismo nelle urne e nelle piazze’, invitando indirettamente a votare Hollande, lo stesso non si può dire per Lutte Ouvriere.
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antiglobb
Il programma di Le Pen è al 90% simile a quello di Hollande. Se la destra rimonta dunque non è merito suo, ma demerito della sinistra che ha rinnegato tutti i suoi ideali, non porta avanti un progamma alternativo chiaro e non lotta più.
Se va avanti così ritorna il fascismo.
Vorrei capire perché la sinistra va matta per fare karakiri.