Il vento dell’anticomunismo ha ripreso a soffiare forte nell’Europa Orientale, proprio quando i paesi dell’ex blocco sovietico sono scossi da una tremenda crisi economica, politica e sociale conseguenza del ritorno al capitalismo selvaggio proprio durante una delle peggiori crisi che questo sistema abbia mai vissuto.
Nei giorni scorsi il parlamento della Moldavia ha votato la proibizione dell’uso della falce e martello, così come hanno fatto negli anni scorsi altri paesi dell’Europa centro-orientale, Repubblica Ceca in testa. La decisione è stata approvata lo scorso 12 luglio con il voto favorevole dei 53 deputati dell’Alleanza Europea. Dal momento in cui la legge entrerà in vigore, il Partito Comunista della Moldavia non potrà più utilizzare il suo simbolo nella propaganda pubblica, nei materiali elettorali, nei manifesti. Non solo. La legge proibisce anche di esporre le bandiere sovietiche durante le celebrazioni del 9 maggio, festa per la vittoria dell’Armata Rossa contro i nazisti tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale. Inoltre cesseranno di essere validi gli sconti e le agevolazioni concessi in epoca sovietica ai veterani di guerra e finora mantenuti dalla legislazione della piccola repubblica.
Il segretario generale del Partito Comunista Moldavo, Vladimir Voronin, ha denunciato la legge come discriminatoria e mirante a eliminare il suo partito dal panorama elettorale, ed ha annunciato che farà ricorso al Tribunale Costituzionale per bloccare la norma appena approvata.
Dei 4 partiti che hanno una rappresentanza in Parlamento nel paese, il Partito Comunista è stato il più votato, quasi eguagliando i voti presi dagli altri tre partiti messi insieme.
Rifondato nel 1994, il partito è riuscito a sventare l’annessione alla Romania in un referendum. Nel 1998 risulta essere il partito più votato, ma non può governare perché non ottiene la maggioranza assoluta e tutte le altre forze politiche formano una coalizione anticomunista. Nel 2001 il Partito Comunista vince di nuovo le elezioni e ottiene l’elezione di Vladimir Voronin alla presidenza. Nel 2005 Voronin è di nuovo eletto. Nel 2009 i comunisti tornano a vincere le elezioni ma l’opposizione dà vita a una sommossa sull’onda delle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’ già scatenate su pressione esterna in altri paesi dell’Asia Centrale e dell’Europa Orientale. I manifestanti attaccarono e bruciarono il Parlamento e il paese si trovò sull’orlo di un colpo di stato, alla fine sventato.
Alle elezioni che seguono quegli eventi Voronin non riesce a vincere le elezioni ma dal novembre del 2010 fino alla fine del 2011 la Moldavia rimane senza governo, dato che i partiti anticomunisti non riescono a mettersi d’accordo tra di loro. Solo alla fine del 2011 riescono ad accordarsi su un candidato unico ed eleggono Timofti alla presidenza del governo. A lui si deve la legge che proibisce la falce e martello.
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