Al termine di una riunione- maratona a Istanbul, che si è conclusa all’una di notte, i ministri degli esteri degli 11 Paesi occidentali e musulmani del gruppo “Amici della Siria”, fra cui l’Italia, hanno chiesto l’avvio di trattative per una soluzione politica del conflitto, che ponga fine immediatamente all’attuale bagno di sangue.
L’opposizione siriana ha “rassicurato” la comunità internazionale, preoccupata per l’avanzata della componente jihadista, che non ci saranno vendette e che le armi “non finiranno nelle mani sbagliate”. E gli Usa, per bocca del segretario di stato John Kerry, hanno annunciato lo stanziamento di altri 123 milioni di dollari di aiuti ‘non letali’ all’opposizione armata.
Secondo la stampa americana, Washington dovrebbe fornire ai ribelli materiale militare definito ‘difensivo’, come mezzi blindati, giubbotti antiproiettile o occhiali di visione notturna.
La riunione si è svolta in un clima segnato dalla recente ammissione da parte del “Fronte al Nusra”, in pratica la parte “combattente” della ribellione, di fare parte della rete di Al Qaida. Una conferma che ha creato, come si dice in gergo diplomatico, “disagio” nei Paesi occidentali che appoggiano la ribellione sunnita.
Il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle ha chiesto all’opposizione ‘moderata’ di prendere ”chiaramente le distanze dal terrorismo”. I ribelli chiedono armi e appoggio militare. Ma il timore, ha detto Westerwelle, è che le armi possano finire ”nelle mani sbagliate”, cioe’ ai gruppi jihadisti vicini ad Al Qaida.
La coalizione nazionale siriana in una nota diffusa a margine della riunione si è impegnata a ”respingere e condannare” il terrorismo e l’estremismo e a garantire che le armi che saranno loro fornite non finiscano appunto ad Al Qaida. Ma si tratta in tutta evidenza di “promesse obbligate”, fatte giusto per non perdere finanziamenti e armamenti. Ma nessuno, sul terreno, può “garantire” un fico secco.
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