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Obama “riforma” e conferma lo spionaggio Nsa

Quando si fa finta di mettere “rimedio” a operazioni immonde, almeno qui da noi, si usa dire che “la toppa è peggio del buco”. Stavolta – non è la prima, non sarà l’ultima – la palma d’oro dell’ipocrisia tocca a Barack Obama. Il suo discorso che annuncia la “riforma delle intercettazioni” praticate dalla National Security Agency (Nsa) è stato sicuramente “imbarazzante” – come subito chiosato da Julian Assange, ancora prigioniero nell’ambasciata ecuadoriana a Londra – ma soprattutto finto.

Di fatto Obama ha ammesso che tutto quel che finora è stato fatto dalla Nsa viola qualsiasi convenzione internazionale, tutta la legislazione degli stessi Stati Uniti e sicuramente anche la Costituzione Usa. Ma andranno avanti comunque, come prima. La “limitazione a soli sei casi” – che dovrebbe costituire la novità del suo discorso – appare fin dal primo sguardo poco meno che una pietosa menzogna. I “sei casi” sono infatti talmente generici da poter comprendere senza sforzo “qualsiasi caso”: spionaggio e altre minacce e attività dirette da poteri stranieri e i loro servizi di intelligence contro gli Stati Uniti e i loro interessi; minacce terroristiche agli Usa e ai loro interessi; minacce agli Usa e ai loro interessi poste dallo sviluppo, possesso, proliferazione o uso di armi di distruzione di massa; minacce alla cybersicurezza; minacce agli Usa, alle Forze Armate alleate o altro personale militare americano o alleato; minacce criminali internazionali inclusi finanziamenti illeciti e evasione delle sanzioni.

Ma andiamo con ordine.

“Il programma di intercettazioni telefoniche della National Security Agency, nella sua forma attuale, è finito”, ha detto in modo stentoreo e pensoso a d un certo punto. Ma questa dichiarazione è completamente svuotata di senso da quanto promesso subito dopo: “questo non significa che verremo meno alla nostra capacità di raccogliere informazioni ovunque”. Notiamo con divertimento che per Repubblica la “contraddizione è solo apparente”… Insomma, un mezza marcia indietro a beneficio dell’opinione pubblica (e dei governi) del pianeta e una sicura marcia avanti rivolta alla parte più reazionaria e guerrafondaia degli Stati Uniti; a cominciare da quel “complesso militare-industriale” di cui fanno ormai parte a pieno titolo i giganti Usa nati dalla “eivoluzione informatica”: Microsoft, Apple, Google, Facebook, Twitter e via enumerando. Le nuove tecnologie – nate e presentate al mondo come un passo decisivo per la “liberazione” degli individui ovunque essi vivano – si sono rivelate un mezzo efficacissimo di limitazione delle libertà (individuali e collettive, di associazione politica e culturale); o meglio, di schedatura occhiuta a fini di controllo militare statunitense di ogni opinione, preferenza, gusto, retropensiero, consegnati alla Rete o alla linea telefonica. Attendiamo curiosi che ora si alzi qualcuno dei guru a spiegarci che questa realtà inconcepibile persino la fantasia di Orwell sia invece un “passo avanti” – se non verso la “libertà” – verso la “sicurezza” del mondo libero.

È stata in fondo questa la chiave retorica del discorso presidenziale sulla Nsa da “riformare”. La “sicurezza” prevale sempre – per il governo statunitense, come per molti altri – sulla “libertà”. Tranne nel caso si tratti della “libertà di impresa”, della possibilità di fare profitti. Anche se persino le imprese devono accettare volentieri l’identico controllo a tappeto per “rassicurare” lo stesso governo Usa circa le proprie intenzioni.

Persino l’intercettazione dei leader stranieri, stretti alleati compresi, è stata giustificata da Omaba con l’identico argomento: “Ho chiarito alle agenzie di intelligence che non terremo sotto controllo le comunicazioni dei leader dei governi dei paesi alleati, a meno che non ci sia una causa che riguardi da vicino la sicurezza nazionale. I leader stranieri sono stati spiati solo per motivi di sicurezza nazionale. Gli Stati uniti non li spiano per dare vantaggi alla sua industria”.

Non è detto che però la storia iniziata con le rivelzaioni di Edward Snowden, l’ex collaboratore “privato” della Nsa fuggito prima in Cina e poi a Mosca, finisca davvero qui. Quel che ha promesso al mondo è davvero troppo poco, palesemente una spolverata di cipria su bubboni purulenti.

Barack Obama infatti ha semplicemente illustrato delle linee guida” che dovranno in futuro orientare l’ammissibilità dello spionaggio dei leader stranieri o la conservazione dei “metadati” sulle comunicazioni globali. Nulla invece sull’”articolazione” – sopprattutto tecnica – di queste “linee”. E in nessuna materia più di questa – spionaggio tecnologico – il diavolo si nasconde nei dettagli.

Sulla conservazione dei metadati, per esempio, le indiscrezioni trapelate fin qui confermano in pieno il sospetto di un’operazione di semplice maquillage, peraltro leggerissimo. Finora, infatti, questi venivano immagazzinati direttamente dal governo statunitense. Ora, invece, dovrebbero esser lasciati in deposito alle stesse società private di comunicazione che le hanno raccolte con le proprie tecnologie. Insomma: Microsoft, Google, Facebook, Apple, ecc, continueranno ad operare come prima; i dati verranno trasmessi al gverno Usa – e soltanto a quello – ogni volta che ci sarà una richiesta, e non più “in automatico”. Alzi la mano il gonzo che crede che questa sia una soluzione o che possa avvenire sul serio.

C’è da ricordare infatti che il presidente Usa non ha mai criticato la “invasività” dei suoi 007 col resto del mondo, prendendone invece apertamente le difese asserendo che “lo spionaggio elettronico ha impedito svariati attacchi terroristici e salvato vite innocenti, non solo negli Stati Uniti, ma nel resto del mondo”. Il che è senz’altro possibile, anzi certo. Ma quante altre operazioni – di spionaggio politico verso partner, verso normali organizzazioni politiche o sindacali “d’opposizione”, di cattura dei segreti industriali altrui, ecc – ha reso possibile? Silenzio, naturalmente. Con la scusa della “prevenzione del terrorismo” si può fare quasiasi cosa; in fondo era la motivazione già adottata dal “Grande Fratello” in 1984.

La foglia di fico è rappresentata dall’introduzione di controlli della magistratura al livello di autorizzazione delle intercettazioni. Obama ha infatti annunciato che “per stabilire le intercettazione servirà il via libera della Corte o reali motivi di grande emergenza”. Anche qui la seconda frase svuota di significato la prima: chi è delegato a decidere che in un certo caso ricorrano “reali motivi di grande emergenza”? Il governo degli Stati Uniti e/o la stessa Nsa? Se sì, come appare evidente, in cosa consiste allora “la riforma” delle intercettazioni planetarie? In una tardiva operazione di maquillage…

Idem per l’istituzione di una specie di “comitato di garanzia” incarnato da un team di avvocati incaricati di “sorvegliare” (e come potranno farlo?) sulla correttezza delle procedure. I problemi sorgono già dai criteri adottati per comporre questo team: la lista degli avvocati deve essere approvata dal Congresso. L’unica concessione è che essi provengano comunque da uffici o associazioni non governative. Conoscendo quanto lo spionaggio Usa abbia tenuto sotto controllo persino innocue associazioni ambientaliste (perfino quella delle top model, Peta!), non può esistere dubbio sul fatto che questi avvocati saranno reclutati tra i più “bendisposti” verso il governo Usa.

A riprova che i sospetti siano tutti ben fondati, tra le riforme annunciate c’è l’assoluta assenza di una regolamentazione delle National security letters. Ovvero di quei messaggi inviati dal governo Usa che ‘impongono’ ad una società di comunicazione di mettere a disposizione i propri archivi in nome – ovviamente – della sicurezza nazionale. Queste rimangono assolutamente fuori da ogni revisioni di regolazione; ergo, il governo potrà fare quel che vuole, senza limiti e senza interferenze della magistratura.

Se questa è una “riforma” che mette fine al programma di spionaggio globale…

 

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