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Spese militari: l’Arabia Saudita scala la classifica

Il mondo cambia a ritmi vertiginosi e si fa fatica a stargli dietro. Ci eravamo tutti stupiti del protagonismo del Qatar nella guerra contro la Libia solo pochi anni fa – quando i caccia dell’emirato si erano affiancati a quelli di Usa, Gb e Francia – e ora ‘scopriamo’ che l’Arabia Saudita scala le classifiche dei paesi che più investono nella corsa agli armamenti.

Certo, Riad dispone almeno per ora di risorse extra da fare invidia, quelle provenienti dai suoi giacimenti di petrolio e gas, ma evidentemente non è solo per vantarsi in società che nell’ultimo anno le spese militari del paese sono aumentate quasi del 9%. Se accumula sistemi d’arma, caccia e navi da guerra è perché la classe dirigente saudita ha intenzione di usarle. Se fino a qualche anno fa Riad è rimasta nell’orbita militare di Washington recentemente sta sviluppando un egemonia regionale assai aggressiva e le aspirazioni dell’Arabia Saudita ad affermarsi come potenza regionale sono evidenti.

Lo statunitense International Institute for Strategic Studies (IISS), nel suo ultimo rapporto Military Balance sulle spese militari mondiali ci informa che nel 2013 l’Arabia Saudita è salita addirittura al quarto posto nella classifica dei Paesi che investono più risorse economiche nelle proprie forze armate con un bilancio complessivo di 60 miliardi di dollari. Una quota superiore ai 57 miliardi spesi dal governo della Gran Bretagna, una tra le maggiori potenze militari a livello internazionale. Almeno fino ad ora, visto che nel 2014 il divario tra i due paesi è ulteriormente destinato ad aumentare.
Secondo il rapporto del think tank USA, che tiene conto dei fondi assegnati ai bilanci dei rispettivi ministeri della Difesa (ma non degli stanziamenti extra-bilancio a volte assai consistenti) in generale si può dire che le spese militari crescono in tutta l’Asia – Giappone, Cina e Corea del Sud, e poi l’India trainano la classifica – oltre che in Medio Oriente mentre si riducono negli Stati Uniti ed in Europa. Sull’Occidente pesa una crisi che contrae le disponibilità economiche e raffredda le aspirazioni egemoniche delle vecchie potenze militari alle prese con problemi di bilancio non indifferenti. Comunque Washington continua a guidare la classifica nella tradizione di un ‘warfare’ a gestione statale che occupa milioni di lavoratori e finanzia (e gestisce) la ricerca scientifica e l’innovazione. Ma se nel 2010, solo tre anni fa, il 42% delle spese militari globali erano in quota statunitense ora la fetta è scesa al 37% ed è destinata ulteriormente a ridursi nei prossimi anni visti i tagli di bilancio già adottati dal Pentagono. Cina e Russia si avvicinano sempre più al primo in classifica. I dati relativi al 2013 forniti dall’IISS vedono la spesa militare statunitense a 600 miliardi (582 quest’anno) di dollari davanti a Cina (112), alla Russia (68), all’Arabia Saudita. Seguono poi la Gran Bretagna, la Francia (57), il Giappone (51), la Germania ( 44) e l’India (36). L’Italia in questa non certo entusiasmante classifica si piazza al 13° posto con ben 25 miliardi di dollari all’anno, anche se di questi ben 6 sono destinati ai Carabinieri e ad altri corpi militari con funzioni di polizia. Seguono poi Israele, a quota 18 miliardi di dollari, tallonato dall’Iran, al 15° posto con oltre 17 miliardi e mezzo.

Se si tiene conto dei fondi destinati alla difesa ma assegnati extrabilancio in Italia sarebbero da conteggiare altri 2 miliardi di euro destinati all’acquisizione di armamenti ed equipaggiamenti provenienti dal Ministero dello Sviluppo Economico e un altro miliardo circa per le missioni militari all’estero. Inoltre, gli esperti del Pentagono valutano che in Cina i fondi esterni al bilancio della difesa abbiano fatto lievitare la spesa militare reale di Pechino nel 2013 fino a 160 miliardi di dollari. Naturalmente anche gli USA non dichiarano tutte le risorse che destinano al proprio apparato militare.

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