Una storia esemplare: in Germania la polizia ha da sempre un “occhio di riguardo” per i gruppi neonazisti. Al punto che chi ne escenon riceve alcun supporto né protezione nel caso ci siano “strascichi”.
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“Ho lasciato i neonazisti. Vivo braccata Tania: lo stato tedesco non mi protegge
Tània Prlvenau ha lasciato I gruppi nazi nove anni fa. Da allora vive da reclusa e In pubblico si presenta con Il volto seminascosto
“Ho lasciato i neonazisti. Vivo braccata
Tania: lo stato non mi protegge.
Un funzionario le mise persino una mano sulla spalla e le disse:
“Era meglio se restavi con i tuoi». Ma lei, con i suoi, ci era stata fin troppo.Vent’anni di militanza, tra rune, svastiche e rituali barbarici, da quando aveva 13 anni. Lo aveva perfino sposato, un nazista. Che aveva cominciato a picchiarla molto presto, perché non amava che lei ragionase con la sua testa, che volesse lavorare o che ogni tanto indossasse un paio di pantaloni.
Quel marito le aveva chiuso il pianoforte sulle dita quando aveva osato suonare il pezzo di un compositore ebreo. E continuava a urlare in faccia al loro figlio down che «Adolf si, che ti avrebbe sistemato”. Per sfuggire a quell’inferno, Tania Privenau aveva deciso nel 2005 di abbandonare
la militanza, di scappare dalmarito, di sparire con i figli.
Ma il bilancio, a dlstanza di nove anni, sostiene, «è disastroso». E non solo perché vive ancora nascosta: una figlia, devastata dalle violenze del padre a 18 anni si è sulcidata.
Incontrando i giornalisti a Berlino, Privenau si èpresentata con il volto semlnascosto da un berretto, una sciarpa e paio di occhiali neri. Il problema, racconta scandendo le parole, è che quando ha deciso di uscire da quell’ambiente, non ha trovato nessuno ad accogilerla. Ed è inlziato un vero e proprio calvario per sfuggire alla furia vendicativa del marito.
«Mi sono rivolta al Comune di Colonia, ma quelli hanno iniziato a sbattermi da un’autorita all’altra»: ognuno era ansioso di scaricarmi all’ufficio succesivo. In un Land, «voglio anche nominarlo, li Baden Wlirttenbeig, ml cacciarono dicendo che quelli come noi non esistono, li». Poi incontrò il funzionario che le consigiò addirittura di tornarsene dal nazisti. Gli unici che la aslstettero furono quelli dell’associazione «Exit», la fondazione “Amadeu Antonio” e il leader della Linke Gregor Gysi.
E per la presidente della fondazione, Anetta Kahane è chiaro «che non siamo dinanzi a un gioco per bambini, è una storia seria». Che lo Stato ha sottovalutato dall’inizio, ha raccontato Gysi: «Abbiamo dovuto minacciare di farla espatriare negli USA, perche lo stato tedesco si svegliasse».
Il problema più angosciante però, era l’ex marito. A Tania che vive con un altro nome e si sposta di
continuo ma in occasioni pubbliche usa il cognome da sposata – erano stati affidati i figli, ma qualche anno la il tribunale di Dresda aveva deciso che il padre dovese vederli una volta al mese.
«Ma lui – dice Tanja- cercava in tuttii modi di sapere dal bambini dove fossimo nascosti». I nazisti non le hanno certo perdonato li «tradimento», in questi anni. Infine la Corte di Karlsrnhe le ha dato finalmente ragione: il marito non può più vedere i figli.
Oggi, se le chiedono se rifarebbe quello che ha fatto, ‘Tania – pur – essendo grata alle associazioni private che l’hanno aiutata e incoraggiando le donne naziste a pentirsi – risponde di «no».
Tonia Mastrobuoni inviata a Berlino
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