La tensione sulla crisi ucraina sembra relativamente calare negli ultimi giorni anche se a ridosso delle frontiere della Russia è in atto un processo di militarizzazione da parte della Nato che appare tutt’altro che momentaneo.
Intanto però tra Mosca e Kiev procede spedita la guerra economica e commerciale, oltre ad una guerra di dichiarazioni sempre più aggressive da parte delle rispettive diplomazie.
Nelle ultime ore ad attirare l’attenzione dei media internazionali è stata sicuramente quella che è stata ribattezzata la ‘guerra degli hamburger’. La multinazionale statunitense McDonald’s ha deciso, senza dare spiegazioni particolari – non meglio precisati ‘problemi industriali’ – di chiudere i suoi punti vendita nella penisola della Crimea, recentemente annessa alla Russia senza il riconoscimento della cosiddetta comunità internazionale – cioè delle potenze che hanno sostenuto il golpe nazionalista a Kiev. Nel dare la notizia McDonald’s ha informato i suoi dipendenti che se vorranno, potranno avere un nuovo posto di lavoro ma nei ristoranti della catena statunitense in Ucraina.
Quella che sembra un’adesione in piena regola da parte della catena di fast food spazzatura al boicottaggio internazionale contro la Crimea e contro la Russia ha subito scatenato furiose reazioni a Mosca dove alcune forze nazionaliste hanno subito invitato i cittadini a boicottare i locali di McDonald’s. I media italiani non hanno mancato di notare che la guerra degli hamburger potrebbe danneggiare gli investimenti anche dell’italiana Cremonini che produce la carne spedita poi nei ‘ristoranti’ russa della catena a stelle e strisce.
La guerra commerciale tra Russia e Ucraina era iniziata alcune settimane fa con il divieto di Mosca di importare i cioccolatini della marca Roshen di propretà di Petro Poroshenko, potente oligarca ucraino e grande favorito nella corsa per la presidenza di Kiev. L’Ucraina ora si vendica e bandisce i cioccolatini russi. In una lista di prodotti di Mosca che “danneggiano la salute dei consumatori ucraini”, pubblicata dall’agenzia governativa di Kiev, ci sono diverse marche storiche di cioccolatini, ma anche aringhe, sardine sott’olio e pesce in scatola. Proibiti anche tutti i sei gusti del formaggino “President”. La lista di proscrizione per i prodotti dell’odiato nemico da boicottare è il frutto soprattutto delle pressioni del partito nazionalsocialista Svoboda, al potere a Kiev insieme a Udar e Patria. Il suo leader Oleg Tyahnibok ha più volte invitato i cittadini ucraini a lasciare sugli scaffali dei supermercati prodotti i cui codici a barre inizino per 46, cioè quelli russi, mentre gruppi di militanti si premurano di segnalarli con adesivi che recitano “Boicottiamo gli occupanti”.
Ma assai più del boicottaggio incrociato di film e fiction, oltre che prodotti e merci, preoccupa l’aumento del prezzo del gas annunciato cinque giorni fa dal colosso russo Gazprom. Che, insieme agli ordini impartiti dal Fondo Monetario Internazionale e dall’Unione Europea alla giunta ucraina, hanno portato ad un immediato impennarsi della bolletta elettrica in un paese la cui popolazione è già allo stremo economicamente parlando. Proprio nelle ultime ore il gigante russo del gas ha annunciato un ennesimo rincaro, “motivato politicamente” accusa il governo di Kiev e che comunque porta il prezzo al di sopra di quello offerto ai clienti europei, tra i 370 e i 380 dollari contro i 270 applicati fino a quando il presidente Yanukovich non è stato defenestrato dalla piazza e dalle sue ‘autodifese’. E siccome l’Ucraina ha enormi arretrati non saldati nei confronti di Gazprom, il suo amministratore delegato ieri ha annunciato che “è finito il tempo dei regali e dei favori” alzando ulteriormente il prezzo di 100 dollari, fino a quota 485. Giustificando il gesto anche per il fatto che siccome ormai la Crimea è diventata Russia a tutti gli effetti le aziende petrolifere di Mosca non sono più obbligate a scontare il prezzo del gas come contropartita per le basi militari russe ospitate nella penisola. Ci ha pensato il presidente russo Vladimir Putin, mercoledì, a emanare una legge in questo senso.Per tentare di frenare il crollo dell’economia ucraina e controbattere le mosse russe il Parlamento Europeo ha approvato la rimozione del 95% delle tariffe doganali dell’Ue che finora gravavano su tutti i beni industriali importati dall’Ucraina, e dell’80% sui beni agricoli, senza che l’Ucraina debba per ora decidere misure simili. La misura dovrebbe entrare in vigore a partire dal mese di maggio fino all’entrata in vigore dell’Accordo di associazione con Bruxelles che Yanukovich si era rifiutato di sottoscrivere e poi immediatamente firmato dal nuovo premier della giunta golpista.
Intanto la guerra commerciali si acuisce anche tra Ue e Russia, con Bruxelles che ha informato sulla sua intenzione di denunciare il bando russo all’import di carni suine dall’intera Europa varato da Mosca dopo un’epidemia di peste suina scoppiata in Lituania.
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