E’ stata una vera e propria rivolta antinucleare quella che ha attraversato nei giorni scorsi le città di Taiwan, in particolare la capitale Taipei.
E, cosa che non succede spesso, la protesta ha sortito alcuni effetti, visto che dopo la manifestazione di decine di migliaia di persone che domenica hanno sfilato nel centro della capitale il governo taiwanese ha deciso di bloccare la costruzione del quarto impianto nucleare dell’isola. D’altronde un enorme corteo – circa 130 mila partecipanti contrari alla costruzione di nuovi impianti atomici – aveva già sfilato a marzo sempre a Taipei.
In una situazione di forte tensione, dopo un sit-in nella notte di sabato e un nuovo raduno nella mattinata davanti al palazzo presidenziale, i dimostranti hanno rotto i cordoni della polizia e occupato Chung-shiao West Road, l’autostrada urbana a otto corsie, bloccando completamente il traffico urbano. “Se i cittadini oggi si lamentano del traffico, devono prendersela col presidente Ma Ying-Yeou” ha detto un’attivista alla stampa. Ma poi la polizia ha tentato di sloggiare con la forza centinaia di manifestanti che di notte continuavano il blocco del traffico e l’occupazione dell’autostrada urbana, e oltre ai manganelli contro i dimostranti sono stati usati anche gli idranti, ma senza grandi risultati. Molti i dimostranti feriti e quelli arrestati.
Alla fine la determinazione degli antinuclearisti ha costretto nella serata di domenica il governo e il partito di maggioranza Kuomintang (nazionalista) a un cambio di rotta rispetto alla centrale in costruzione nei sobborghi della capitale, conosciuta come ‘Nuke 4’.
Il portavoce del partito di governo, Fan Chiang Tai-chi, ha affermato che “d’ora in poi ogni iniziativa di utilizzo commerciale del nucleare, sarà decisa da un referendum”. Riguardo all’impianto contestato, Fan ha anche segnalato alla stampa che “saranno effettuati controlli di sicurezza e successivamente il reattore sarà chiuso e utilizzato come deposito e il secondo sarà invece sospeso”. La decisione di sospendere i lavori è stata presa durante un incontro “di emergenza” fra i 15 sindaci del Kuomintang, il governo centrale e alcuni giudici, convocati per fornire un parere sulla questione.
I leader dei manifestanti hanno annunciato nuove azioni di protesta anche oggi, in contemporanea con il dibattito parlamentare sull’impianto di Lungmen, il più controverso nella storia del nucleare civile nel paese. Alcuni dimostranti antinuclearisti sono riusciti a penetrare all’interno dell’aula parlamentare e insieme ad alcuni deputati dell’opposizione sono riusciti ad interrompere la seduta.
Iniziata nel 1999 e con un costo finora di 10 miliardi di dollari, la centrale conosciuta come ‘Nuke 4’ ha visto fin dall’inizio l’opposizione degli ambientalisti e degli antinuclearisti locali, un’opposizione cresciuta negli ultimi due anni dopo il gravissimo incidente nucleare nella centrale giapponese di Fukusima.
Condizioni ambientali problematiche accomunano i due paesi e il timore che terremoti e tsunami possano provocare avarie ai reattori è molto alto. Tuttavia, le necessità energetiche hanno spinto i governi a perseguire un uso crescente dell’energia atomica. I tre reattori attualmente in funzione forniscono il 20% dell’elettricità utilizzata ai quali i due reattori di Lungmen avrebbero aggiunto un ulteriore 10%. Ma negli ultimi anni è stato forte anche l’incremento dell’energia ottenuta da fonti rinnovabili, soprattutto tramite l’eolico e il solare.
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