Grande successo per l’iniziativa indipendentista realizzata a partire dall’esempio fornito dal movimento sovranista catalano nel settembre dello scorso anno.
Quello di ieri nel Paese Basco è stato davvero un grande evento, di quelli di carattere storico. Alla catena umana organizzata dal coordinamento Gure Esku Dago (“E’ nelle nostre mani”) vicino alla sinistra indipendentista, per rivendicare il diritto del popolo basco a decidere liberamente il proprio futuro hanno partecipato circa 150 mila persone.
Che hanno cominciato a formare una lunghissima catena umana – 123 chilometri, da Durango in Bizkaia fino a Pamplona, Navarra – a mezzogiorno in punto, risvegliando l’attenzione dei normalmente distratti media spagnoli ed anche di molte testate internazionali. L’iniziativa ha visto la partecipazione non solo dei circa 100 mila attivisti e cittadini che si erano iscritti fino al giorno prima, ma anche di molte altre persone che si sono aggiunte il giorno stesso permettendo che la interminabile catena umana non si interrompesse mai, neanche nei villaggi più piccoli e isolati. Più di 900 pullman hanno condotto i partecipanti nelle località loro assegnate rispettando un copione minuzioso. Mano nella mano comuni cittadini, attivisti di associazioni e movimenti sociali, militanti e dirigenti di diverse forse politiche di sinistra, autonomiste e indipendentiste: da Sortu al Partito Nazionalista Basco, da Aralar a Ea, da Podemos a Ezker Batua-Berdeak (la sezione basca di Izquierda Unida-Verdi). Della partita hanno fatto parte anche alcuni ex dirigenti del partito socialista basco e alcuni militanti della sezione navarra polemici con la direzione sulla questione del ‘diritto a decidere’. Non sono mancati i rappresentanti dei movimenti indipendentisti catalani autori dell’analoga iniziativa organizzata lo scorso anno in occasione della Diada. Nel lungo serpentone anche i dirigenti dei sindacati Ela e Lab e molti esponenti noti del mondo dello sport, della musica, della cultura.
Alle 12,30, quando la catena umana si è sciolta, la soddisfazione e l’entusiasmo di organizzatori e partecipanti era più che evidente. Anche perché l’iniziativa di ieri segue di dieci giorni l’approvazione da parte del parlamento della Comunità Autonoma Basca di una mozione a favore del diritto all’autodeterminazione di Euskal Herria. Nulla di determinante, ma un passo in avanti all’interno di una situazione politica caratterizzata dall’immobilismo del governo spagnolo e delle sue istituzioni.
Ed infatti l’obiettivo della catena umana era esplicitamente quello di “creare un movimento della società civile che costringa i partiti ad aprire una via basca all’autodeterminazione”. La risposta del governo è arrivata alla vigilia della dimostrazione di forza del movimento sovranista, quando il Prefetto della Comunità Autonoma Basca Carlos Urquijo ha ‘avvertito’ che ogni rivendicazione mirante all’indipendenza non potrà che fallire visto che la Costituzione Spagnola si basa sulla “indissolubile unità della nazione spagnola”.
Un altro segnale inequivocabile di segno repressivo è venuto proprio ieri a Madrid. Appena sbarcata all’aeroporto di Barajas (Madrid) proveniente dal Venezuela (dove risiedeva dagli anni ‘90), la militante basca María Jesús Elorza Zubizarreta, alias Karakate, è stata arrestata dalla polizia.
La donna aveva chiesto la concessione del passaporto all’Ambasciata spagnola a Caracas, che glie lo aveva rifiutato, anche se le aveva concesso un salvacondotto che le permettesse di tornare nel Paese Basco. Poi la brutta sorpresa una volta sbarcata a Madrid. Sull’ex militante dell’ETA, da tempo gravemente malata, grava un ordine di cattura europeo emesso dalla Francia, dove è stata condannata a tre anni di reclusione per appartenenza all’apparato logistico dell’organizzazione armata ormai inattiva da anni.
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