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Ucraina: il regime vuole mettere al bando i comunisti

Il regime filoccidentale ucraino non vuole proprio rinunciare alla messa fuori legge delle forze di sinistra e in particolare del Partito Comunista che alle ultime elezioni più o meno democratiche, quelle del 2012, ottenne il 13.2% dei voti e 32 seggi nel parlamento poi esautorato a febbraio dai golpisti.

“Come il processo di Norimberga ha messo la parola fine al nazismo in Europa, così un tribunale dovrebbe mettere fine all’ideologia comunista in Ucraina” ha sostenuto lo speaker della Rada – la Camera di Kiev – ed ex presidente ad interim Olexandr Turchynov, commentando l’iniziativa del ministero della Giustizia di richiedere la messa al bando del Pcu.
Per il delfino di Yulia Tymoshenko nella ‘nuova Ucraina’ non ci devono essere forze politiche “che odiano il proprio popolo” e che sostengono il separatismo delle regioni orientali del paese, insorte contro i golpisti e la loro ideologia nazionalista – quando non apertamente nazistoide – che fa della discriminazione dei russofoni e di tutti i partiti progressisti una dei punti fondamentali di identità. Non è un caso che proprio contemporaneamente all’assalto contro i palazzi governativi che scatenarono il colpo di stato che portò alla destituzione del presidente Yanukovich le bande naziste di Pravyi Sektor e di Svoboda si diedero a partire da febbraio ad una campagna di assalti e occupazioni delle sedi del Partito Comunista. La stessa sede principale del PCU a Kiev è stata occupata dai neonazisti per mesi, poi devastata e data alle fiamme
La decisione sulla messa al bando del partito guidato da Petro Simonenko, più volte minacciato di morte e aggredito negli ultimi mesi, spetta ora al tribunale amministrativo di Kiev. Alcuni politologi e analisti locali o legati alle fondazioni occidentali che hanno sostenuto il colpo di stato avvertono però che l’esclusione dalla vita politica dei comunisti, che hano un forte radicamento nelle regioni orientali sottoposte da mesi ad assedio e bombardamento, concederebbe nuove argomentazioni ai ‘separatisti’ e rischierebbe di minare gli sforzi del nuovo regime per mantenere l’unità territoriale dell’Ucraina.
Ma l’ultima richiesta di mettere al bando il Partito Comunista è partita da Pavel Petrenko, ministro della Giustizia appartenente a ‘Patria’, il partito liberal-nazionalista guidato da Yulia Tymoshenko e dal premier Arseni Yatseniuk, con il quale Petrenko aveva iniziato la carriera politica nel cosiddetto ’Fronte del cambiamento’ protagonista della cosiddetta rivoluzione arancione di dieci anni fa. L’accusa ufficiale nei confronti del PCU è quella di attività anticostituzionale, sostegno alle milizie insorte del sudest e violazione della sovranità territoriale del Paese, con l’appoggio ideologico all’annessione della Crimea da parte della Russia. Il segretario del partito Simonenko ha ammesso di aver accusato il governo di aver contribuito alla perdita della Crimea, aggiungendo che userà tutti i mezzi legali per opporsi all’eventuale decisione della corte che esaminerà la questione nelle prossime settimane.

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