I leader occidentali hanno chiesto al governo e al presidente ucraini di moderare la repressione contro le popolazioni insorte dell’est del paese ma nelle ultime ore arrivano gravi notizie dalle Repubbliche Popolari assediate e bombardate da terra e dal cielo in quello che appare come un ennesimo inasprimento dei raid diretti ad annientare ogni resistenza.
Ieri almeno trenta civili sono morti a causa dei tiri di artiglieria che hanno bersagliato un quartiere periferico di Donetsk. “Abbiamo finora contato trenta vittime ma non sono state ancora estratti tutti i morti dalle macerie e quindi il bilancio potrebbe crescere – ha detto il capo delle milizie Igor Strelkov – Le postazioni delle milizie non sono state invece danneggiate”.
Ad essere bersagliate con razzi e mortai dalle forze governative sono state le case del sobborgo di Marinka, a poca distanza da Donetsk, città di un milione di abitanti ormai letteralmente assediata da esercito e Guardia Nazionale. Il capo del governo della omonima Repubblica Popolare, Alexandr Borodái, ha annunciato alcune ore fa l’inizio dell’evacuazione della popolazione civile dai quartieri periferici del capoluogo oggetto dei bombardamenti governativi. “I rifugiati sono diretti in Russia, per ora sono alcune centinaia”. Ma potrebbero essere nei prossimi giorni almeno 100 mila gli abitanti costretti a lasciare le loro case per sfuggire alla morte.
Da parte sua i rappresentanti del regime golpista, in un misto di informazione e propaganda, rivendicano l’uccisione nelle ultime ore di circa 500 “combattenti separatisti” nei bombardamenti che hanno preso di mira le loro postazioni alla frontiera con la Russia. “Secondo le prime informazioni i piloti ucraini (…) hanno ucciso circa 500 combattenti e hanno distrutto due veicoli blindati per il trasporto truppe” si è vantato un portavoce della missione militare di Kiev contro l’est del paese, Andrei Lisenko.
Ad essere bersagliati sarebbero state le postazioni dalle quali venerdì scorso le milizie popolari hanno lanciato i missili Grad che hanno fatto strage dei militari della brigata motorizzata dell’esercito, uccidendone 23 e ferendone altrettanti a Zelenopolie. In particolare i golpisti hanno martellato con i caccia e l’artiglieria pesante la base di Perevalsk, a nord di Donetsk. I caccia ucraini avrebbero realizzato un totale di 16 missioni di bombardamento attaccando anche la base di Dzerzhinsk, sempre nella zona di Donetsk, una delle più importanti delle milizie popolari. Secondo Vladislav Selezniov, uno dei portavoce della campagna militare del governo, in alcune località dell’est e del sud del paese continuano i rastrellamenti con l’obiettivo di bonificare i territori dai combattenti insorti contro il golpe di febbraio e il nuovo regime di destra nazionalista. In particolare alcune bande della Guardia Nazionale – formate da elementi di Pravyi Sektor e di altre organizzazioni di estrema destra – avrebbero occupato varie località nei dintorni di Lugansk.
L’aviazione ucraina ha anche bombardato l’area di Górlovka anche se le milizie popolari sono riuscite in questa zona ad abbattere un velivolo Su-25 governativo, circostanza negata dalla controparte.
Ma come scrivevamo i responsabili militari delle Repubbliche Popolari negano i numeri diffusi da Kiev. Un portavoce da Lugansk ha affermato che le uniche vittime sono civili, visto che le informazioni sulla presenza nelle zone colpite di postazioni militari ribelli erano obsolete.
Se Lisenko ha ammesso nelle file governative solo cinque soldati morti, gli stessi comandi militari di Kiev hanno parlato di almeno sette militari uccisi e 33 feriti sotto i bombardamenti delle milizie popolari contro le loro postazioni al confine orientale tra Ucraina e Russia.
In questo quadro l’Unione Europea, che pure si dà in questi giorni arie da mediatrice tra le diverse parti, ha deciso nuove sanzioni esclusivamente contro 11 esponenti dei governi della Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, compresi i due rispettivi premier Alexandr Borodái e Marat Bashirov, i cui beni sono stati congelati in quanto accusati di minacciare l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Ucraina. Sale così a 72 il numero di politici, giornalisti, imprenditori e funzionari oggetto delle sanzioni decise dall’Unione Europea.
A smentire che per il regime ucraino la situazione si stia mettendo bene sono alcune dichiarazioni dello stesso presidente Petro Poroshenko che questa notte ha informato di ritenere «impossibile» per lui assistere alla finale dei Mondiali in programma stasera a Rio de Janeiro, «tenuto conto della situazione attuale in Ucraina». L’oligarca ha escluso anche l’eventuale incontro col presidente russo Vladimir Putin, che si sarebbe potuto tenere proprio in occasione del viaggio in Brasile. Ieri la presenza del leader ucraino alla finale del Maracanà era stata annunciata dalla presidenza del paese latinamericano.
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