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Controffensiva curda a Kobane, Ankara bombarda le postazioni del Pkk

Impazza la battaglia a Kobane, uno dei tre cantoni della regione curda del Rojava al confine tra Siria e Turchia dove ormai da un mese i miliziani delle Unità di Protezione del Popolo, delle Unità di Protezione delle Donne e del Pkk resistono temerariamente ai continui attacchi delle milizie jihadiste dello Stato Islamico.

La città è stata più volte data per caduta o comunque per spacciata, ma secondo le notizie più recenti a disposizione i combattenti curdi avrebbero ripreso circa il 70% della città, conquistando anche il villaggio di Til Sheir e strappando numerosi quartieri ai fondamentalisti sunniti che pure sono stati raggiunti da rinforzi e aiuti. E poi la bandiera nera dell’Isis, che miliziani jihadisti avevano issato alcuni giorni fa sulla collina di Til Sheir è stata rimossa dai partigiani che sarebbero riusciti a far arrestrare le forze dell’Isis di circa 4 chilometri verso est.

Già ieri alcune fonti avevano parlato di una controffensiva curda – sostenuta da alcuni raid dell’aviazione statunitense – che era riuscita a recuperare alcuni quartieri di Kobane attorno al centro caduti nelle mani dei jihadisti sabato e domenica. Nei combattimenti sarebbero morti decine di miliziani dell’Isis ma anche tra i guerriglieri curdi e tra i civili rimasti ancora in città nonostante l’ordine di evacuazione le vittime sarebbero numerose. Secondo le testimonianze di alcuni degli abitanti che sono riusciti a scappare dalla città, nelle vie del centro abitato vi sarebbero vari corpi di vittime decapitate. “Ho visto decine, forse centinaia di corpi con la testa tagliata – ha detto ai giornali Amin Fajar, 38 anni, padre di quattro figli riparato a Suruc, località gemella di Kobane nel Kurdistan turco – altri non avevano le mani o le gambe. Ho visto volti con gli occhi cavati o le lingue tagliate. Non potrò dimenticare tutto questo finché avrò vita. Hanno messo le teste in bella mostra per spaventarci. I miei figli hanno visto i corpi decapitati”. Intanto migliaia di sfollati sono riusciti a raggiungere i campi profughi nel Kurdistan iracheno sfuggendo ai combattimenti. Raggiungere la frontiera turca è diventato sempre più difficile per i profughi curdi, a causa dell’avvicinarsi degli scontri a poche centinaia di metri dal confine ma anche per l’atteggiamento ostile delle autorità di Ankara che difficilmente permettono ai fuggiaschi di superare le recinzioni guardate a vista da migliaia di militari. “Le ambulanze con i feriti devono aspettare al confine tra 3 e 10 ore per i controlli dell’esercito. Per questo motivo ieri notte sono morte 3 persone“ ha denunciato a un giornalista de Il Fatto Quotidiano Fuad Akgul, un medico volontario presso l’ospedale di Suruc. “Nelle ultime due settimane – continua il dottore – sono morte almeno 12 persone per questo motivo”. Anche i paramedici che lavorano sulle ambulanze si lamentano dell’operato delle Forze armate di Ankara: “Dovremmo poter andare a prendere lì le persone colpite – spiega un barelliere- nei villaggi vicino Kobane, ma l’esercito ce lo impedisce”. Mentre ogni giorno a Suruc si celebrano affollati funerali dei combattenti curdi morti nella battaglia contro l’Isis, il premier turco Davutoglu ha incredibilmente accusato il principale partito curdo di Siria, il Pyd (Partito dell’Unità Democratica) di aver “torturato” i curdi in fuga dall’avanzata del Califfato. «I nostri fratelli curdi sono venuti in Turchia per sfuggire alle pressioni del PYD» ha detto il braccio destro di Erdogan suscitando non poca rabbia tra la popolazione curda.

Ed ora, di fronte alle difficoltà crescenti dei miliziani dello Stato Islamico il governo turco – che ieri aveva gelato l’amministrazione Obama dicendo di nuovo no all’uso da parte dei caccia Usa della base di Incirlik e smentendo le dichiarazioni di alti esponenti statunitensi – ha deciso di ordinare alla sua aviazione militare di iniziare le operazioni militari contro la guerriglia curda del PKK. Ieri sera aerei militari turchi hanno quindi bombardato alcune postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan nel sud-est della Turchia, per la prima volta dalla proclamazione della tregua da parte della guerriglia curda nel marzo del 2013. Secondo quanto reso noto da fonti vicine ai servizi di sicurezza turchi i caccia di Ankara avrebbero preso di mira alcuni guerriglieri che da tre giorni assediavano una caserma della forze di sicurezza turche nel villaggio di Daglica.

Dopo aver fatto uccidere da polizia ed estremisti islamici complici con gli apparati repressivi dello stato una trentina di manifestanti curdi – e non solo – che protestavano contro la collaborazione del governo dell’Akp con l’Isis, ora Ankara compie un nuovo passo aggressivo nei confronti delle organizzazioni della resistenza curda. Erdogan vuole assolutamente indebolire Ypg e Pkk prima di ordinare l’invasione del nord della Siria e la creazione di una ‘no fly zone’ che gli permetta di cacciare Assad e controllare il paese confinante attraverso le marionette dell’Esercito Siriano Libero, accreditato dall’occidente come ‘opposizione islamica moderata’ al governo di Damasco ed alternativa ai fondamentalisti sunniti di Al Baghdadi prima coccolati e poi finiti nel mirino della spuria e poco credibile ‘coalizione’ formatasi attorno a Washington.
Se accetta i diktat turchi Washington otterrebbe un aiuto prezioso nelle operazioni di contrasto dell’Isis ma darebbe di fatto carta bianca alla Turchia in territorio siriano, permettendo la costituzione di una ‘area cuscinetto’ dove Ankara potrebbe ammassare in mezzo al nulla centinaia di migliaia se non milioni di profughi siriani e curdi. Ed inoltre la concessione di tale opportunità alla Turchia infastidirebbe non poco gli altri partner locali della ‘coalizione dei volenterosi’, in particolare le petromonarchie del Golfo che pretendono la loro parte nella spartizione di una eventuale Siria post Assad.

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1 Commento


  • Alexfaro

    II ministro degli esteri Lavrov ha detto chiaro e tondo che se un solo militare straniero,di chicchessia osasse oltrepassare la frontiere Siriane,x la Russia,come anche x l’lIran sarebbe un”casus belli”pertanto essi sarebbero costretti ad un intervento militare,con qualsiasi mezzo a loro disposizione,ricordatevi che a Tartus c’é una base navale Russa,tuttora in funzione,con annesso aereoporto militare.
    Quindi x voi Erdogan é così imbecille da causare come minimo una grande guerra regionale in medio oriente,se non peggio,solo x istituire una no fly zone,x poi rovesciare il legittimo governo di Damasco?
    Io NON credo e voi?
    un saluto
    Alexfaro

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