Alla fine sono andate ai filo-UE le elezioni in Moldavia anche se lo scenario è ancora incerto. I tre partiti della grande coalizione europeista hanno ottenuto in totale il 44% dei voti così ripartiti: il Partito Liberal Democratico ha ottenuto il 19% e 22 seggi, riultando la seconda forza del paese, il Partito Democratico è al 15% e si aggiudica 19 seggi, mentre il Partito Liberale si attesta al 9% con 12 seggi.
Sull’altro fronte, quello che propone l’adesione all’Unione Doganale Russia-Bielorussia-Kazakistan, la vigilia è stata agitata dall’esclusione del partito Patria, fondato da un grande uomo d’affari filo-russo e accreditato nei sondaggi al 14%. La motivazione è che la formazione politica avrebbe ricevuto fondi illeciti dall’estero, ovvero dalla Russia. Esclusi dalla competizione i filorussi ‘moderati’, una parte dell’elettorato di Patria si è riversato sul Partito Socialista protagonista di un vero e proprio boom e che con il 22% dei voti, che valgono 26 seggi, si aggiudica la posizione di partito di maggioranza relativa.
Il Partito Comunista, che da anni era il primo partito, ha visto eroso il proprio consenso al 18%, retrocedendo al terzo posto; 22 sono i seggi andati ai comunisti.
Sotto la soglia di sbarramento del 6% tutti gli altri partiti. Il Partito Socialista, in particolare, si è affermato nella capitale Chisinau e fra i moldavi residenti all’estero ed ha ottenuto più del 55% dei voti in Gagauzia, regione turcofona a vocazione indipendentista. Anche se le elezioni dell’altro ieri erano considerate, sia in patria sia all’estero, una sorta di referendum sulla collocazione internazionale del paese – con Mosca o con Bruxelles – l’affluenza ha superato di poco il 55% degli aventi diritto e visti i risultati, l’OCSE si è precipitata immediatamente a dichiarare la regolarità delle operazioni elettorali.
Ma in generale, il voto segna una conferma risicata per i partiti filo-UE, che avrebbero i numeri per governare da soli; tuttavia i negoziati per la formazione di un nuovo governo non saranno semplici: il nodo principale è l’inclusione del Partito Liberale, il quale è stato la spina nel fianco della coalizione anche la scorsa legislatura, perché propone non solo l’ingresso nella Nato ma anche l’annessione del paese alla confinante Romania, con la quale una parte della popolazione moldava condivide una comune origine linguistica e culturale. Per ovviare all’eventuale impasse, non si esclude che anche il Partito Comunista possa essere incluso nelle trattative, mettendo sul piatto però una rinegoziazione del trattato di associazione all’UE, al quale i comunisti non si oppongono di principio ma che chiedono di modificare; una simile mossa, ovviamente, farebbe salire la tensione con l’UE.
I socialisti, da parte loro, festeggiano il risultato straordinario e inaspettato. “I risultati dimostrano che la situazione in Moldavia sta cambiando”, ha affermato il Presidente del partito Igor Dodon, “Presto, oligarchi ed eurounionisti dovranno cedere il potere”; egli ha, inoltre, messo in discussione la regolarità del voto per l’esclusione del partito Patria ed ha rilanciato le sue tre priorità: stracciare l’accordo di associazione con l’UE per indire un referendum popolare che proponga l’adesione all’Unione Doganale, rilanciare il settore agricolo schiacciato dai prodotti e dalle normative europee, aumentare immediatamente le pensioni del 20%.
La tensione nel paese non cala, anche perché il voto segna un’ulteriore polarizzazione etnica rispetto al passato, con i rumeni maggioritariamente attestati su posizioni filo UE e i russi e le altre minoranze schierati con invece con i socialisti.
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