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La gioia di Kiev per gli attentati a Grozny: “apriamo un secondo fronte contro Mosca”

Mentre è salito a 14 il numero dei morti tra le forze di sicurezza che il 4 dicembre hanno sopraffatto a Grozny gli 11 terroristi islamisti i quali, dalle primissime ore di giovedì, avevano portato un attacco nel centro della capitale cecena; mentre il Presidente ceceno Ramzan Kadyrov chiede al governo turco l’estradizione degli organizzatori dell’azione; mentre a Volgograd vengono condannati a 20 anni i quattro complici degli attentatori daghestani che circa un anno fa fecero strage di civili – 34 morti e più di cento feriti in due giorni consecutivi di attentati; mentre la città di Ilovajsk, nella Repubblica di Donetsk, viene insignita dello status di città-eroe, per gli aspri combattimenti ivi sostenuti dalle milizie contro le truppe assedianti governative; mentre questi fatti hanno luogo, la Rada suprema ucraina fornisce un’ulteriore prova del proprio “spirito democratico europeista e occidentale”.

Alcuni deputati del Partito Radicale, naturalmente ex – o probabilmente tuttora – comandanti di battaglioni neonazisti che fanno strage di civili in Donbass, propongono di aprire un secondo fronte contro la Russia, fornendo appoggio e basi ai terroristi ceceni e daghestani.

Ovviamente, l’attacco del 4 dicembre a Grozny è stato caldamente salutato dagli stessi deputati, che forse sono rimasti anche delusi dal suo esito: le forti perdite tra le forze di sicurezza non hanno impedito a queste ultime di liquidare l’intera banda e scongiurare una serie di attentati, già in preparazione per il 12 dicembre. D’altronde, ai deputati euromajdanisti non manca certo buona compagnia: con la dovuta distaccata “imparzialità”, media main stream nostrani hanno parlato ieri di “movimenti indipendentisti ceceni”. Quando il fondamentalismo islamico attacca gli interessi occidentali allora si tratta di terrorismo; in caso contrario, si tratta di insorti per giusta causa.
A ogni modo, ecco che qualcuno alla Rada propone misure concrete perché simili insuccessi non abbiano a ripetersi: sostenere la guerriglia nel Caucaso, allungare la frontiera ucraina fino alla Georgia (non si capisce bene come) e aprire il “secondo fronte” con la Russia. Già prima di loro, il comandante del battaglione “Dnepr-1” Jurij Berëza (ora anche deputato del “Fronte popolare”, il partito del replicante premier Arsenij Jatsenjuk) aveva proposto la formazione di gruppi di sabotatori da infiltrare in Russia. Secondo il deputato del partito radicale Igor Mosijchuk (uno dei capi del battaglione “Azov”), l’Ucraina dovrà sostenere e stimolare azioni del tipo di quella di giovedì a Grozny, non solo in Cecenia, ma anche in Asia centrale, per aprire 2, 3 o più fronti ai confini o direttamente in Russia. “La frazione parlamentare del Partito radicale e io personalmente” ha detto Mosijchuk “stiamo preparando a Kiev una conferenza dei popoli del blocco anti Cremlino, con ceceni, daghestani e altri popoli che soffrono per l’aggressione russa”. Berëza si è spinto oltre, dichiarando che la Cecenia dovrà tornare a far parte dell’Ucraina, come prima del 1917.

Del resto, lo scorso novembre, comandanti di battaglioni neonazisti avevano già vagheggiato di simili future imprese: “Dapprima prendiamo l’est” – come se da molti mesi a questa parte fossero riusciti a sfondare – “poi il sud e dopo entriamo nel Kuban e cominciamo a rifondare il mondo ucraino” dei bei tempi in cui i cosacchi erano i pretoriani degli zar.

E comunque, guasconate a parte, le loro sortite hanno un retroterra piuttosto solido, a ovest delle frontiere ucraine e oltreoceano. E’ di ieri la notizia della risoluzione n. 758 adottata a larghissima maggioranza (411 contro 10) dalla camera dei rappresentanti USA, che molti osservatori hanno immediatamente qualificato come una vera e propria “dichiarazione di guerra fredda”. Non che finora a Washington siano stati a guardare, tra appoggi verbali, politici, economici, di intelligence e propriamente militari, per le forniture a Kiev attraverso triangolazioni con paesi terzi. La risoluzione n. 758, condannando “la prolungata aggressione politica, economica e militare” della Russia all’Ucraina, include una decina di punti, tra cui la necessità di appoggiare il governo ucraino sia sul piano militare che di intelligence;  la fine di ogni collaborazione con la Russia da parte di Nato e suoi alleati ed esercitare pressioni su vari Stati perché si uniscano alla coalizione antirussa sulle sanzioni. Si parla anche della creazione di varie emittenti che dovrebbero trasmettere notiziari e vari programmi in russo verso tutti i paesi di lingua russa. “UE, Europa e altri nostri alleati” recita la risoluzione “dovranno esercitare una pressione aggressiva sul signor Putin, per costringerlo a comportarsi diversamente”.

Secondo il deputato del Congresso statunitense Dennis Kucinich, citato dalla russa RT, si può vedere nella proposta di isolare la Russia un appello a prepararsi alla guerra con Mosca.

Non è ancora dato vedere commenti ufficiali da Mosca a proposito di tale risoluzione del Congresso statunitense. Il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, d’altra parte, che si è incontrato ieri a Basilea col Segretario di Stato John Kerry, nell’ambito della Conferenza Osce sull’Ucraina, avrebbe chiesto al suo omologo, che da tempo accusa Mosca di inviare truppe nel Donbass, come mai, se è davvero così, la CNN non ha mai mostrato niente in proposito.

(Nella foto, un gruppo di neonazisti ucraini in Cecenia alcuni anni fa)

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