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Evviva l’Arabia (non saudita). Perché tutti dovrebbero agire contro i Saud

Un ricco reame che si proclama ultra-musulmano sta uccidendo musulmani nel paese più povero del mondo arabo-musulmano. Dal 26 marzo 2015, il popolo dello Yemen si trova sotto i bombardamenti della nazione di proprietà della dinastia Saud, che guida una coalizione di paesi belligeranti, soprattutto monarchie del Golfo (Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain, e poi Giordania, Marocco, Sudan, Pakistan ed Egitto).

Qui di seguito alcune delle buone ragioni, attuali e storiche, che dovrebbero suggerire ai politici di agire e ai cittadini di manifestare contro Riad – come fanno a Roma il 14 aprile dalle 10 alle 13 la Comunità yemenita e Rete No War (davanti all’ambasciata saudita, via Raimondi, vicino al bioparco e all’hotel Parco dei principi).

  1. In pochi notano che l’Arabia saudita è l’unico Stato al mondo a chiamarsi con il nome della dinastia padrona del paese. Non osano tanto nemmeno i vari altri regnanti della regione: sceicchi (del Kuwait), emiri (del Qatar), re (di Bahrein, Giordania e Marocco) sultani (dell’Oman)…
  2. I bombardamenti aerei sullo Yemen, oltre a distruggere case e infrastrutture, hanno già fatto centinaia di morti civili e molti più feriti, oltre a più di centomila. Già nei primissimi giorni sono stati colpiti campi per sfollati, a Mazraq e Hajja, uccidendo decine di civili. Le strutture sanitarie sono al collasso.
  3. L’Arabia saudita & C. bombardano in Yemen i ribelli houthi, e siccome questi sono da sempre nemici di Al Qaeda, quest’ultima si sta rafforzando. Allarmato addirittura il Segretario Usa alla difesa Ash Carter Un cupo scenario è stato evocato dal segretario del Consiglio russo per la sicurezza Nikolai Patrushev . Poche settimane fa sono stati duecento i morti in un attentato terroristico contro moschee sciite a Sana’a. Insomma l’Arabia saudita di fatto sostiene Al Qaeda e Daesh (Isis, i “califfi” tagliagole ormai ben noti) pur di opporsi all’Iran, considerandolo un rivale nella sua ricerca dell’egemonia regionale. Gli houti sono sciiti ma non conducono una politica confessionale, hanno una visione panislamista e panaraba, sono infatti appoggiati anche da tribù sunnite.
  4. Gli attori del business, della politica e della religione in Arabia saudita, e nelle altre petromonarchie (il primo luogo l’amico-nemico Qatar), sono responsabili, insieme alla Turchia e ai governi occidentali, sono responsabili di aver sostenuto in tutti i modi l’inferno che i terroristi sedicenti islamici hanno portato in Medioriente e Africa). In un sistema di vasi comunicanti fra “ribelli armati moderati”, Daesh (Isis), Al Nusra, Boko Haram e shabab (vedi: “Ribelle buono, ribelle cattivo)”), per anni gruppi di mercenari sono stati foraggiati, addestrati, protetti, giustificati, mediatizzati come buoni, lasciati circolare, indottrinati da predicatori basati a Riad. E aiutati con i bombardamenti aerei in Libia nel 2011. La tragedia di Siria, Libia, Iraq, Sahel (e ora Yemen) è indicibile.
  5. Il regno dei Saud è sempre stato coccolato dall’Occidente. Eppure per farla finita con il terrorismo sedicente islamico, bisognerebbe isolare «la dittatura dell’Arabia saudita» , la madre di tutte le al qaede, sin dai tempi dell’Afghanistan (ricordiamo anche che quando i talebani erano funzionali all’Occidente, gli unici a riconoscere l’”emirato islamico dell’Afghanistan” erano Arabia saudita, Emirati e Pakistan. Non si è fatto nulla contro Riad da quando nel 2010 un memorandum interno della Clinton scoperto da Wikileaks chiamava Arabia saudita in primis, e Qatar, Kuwait ed Emirati «gli sportelli bancari» di diversi gruppi terroristi fra i quali al Qaeda, talebani e Lashkar-e-Taiba. Forse adesso i sauditi si sono accorti che il pericolo può arrivare fin vicino al trono e quindi vietano ai sudditi di andare a combattere all’estero. Ma il peggio è stato fatto: come ha spiegato Paul Steven di Chatam House, c’è stato un accordo non scritto per il quale si finanziava al Qaeda (e perfino se ne ospitavano membri) purché lasciasse tranquillo il regno.
  6. Rispetto dei popoli. L’Arabia saudita ha bisogno di moltissima manodopera dall’estero. Ma oltre a trattare in modoschiavistico i lavoratori provenienti da paesi impoveriti li espelle in massa per ripicca o fisime. Nel 1990-1991, il reame cacciò circa 700.000 yemeniti; perché? Perché il loro governo, all’epoca membro di turno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, non aveva votato a favore dell’ultimatum che diede il via alla guerra all’Iraq.  Nel novembre 2013 i sauditi hanno avviato l’espulsione di 550.000 yemeniti, 180.000 etiopi, 36.000 somali . Tornati in paesi poverissimi e, nel caso di Yemen e Somalia, in guerra e infettati da terroristi vari.
  7. La “giustizia”. Se Daesh decapita hors-loi, il regno saudita decapita, o lapida, o taglia mani, o fustiga dopo “regolare” processo. Presi di mira soprattutto i lavoratori stranieri. Decine di cameriere indonesiane sono nel braccio della morte (ma i numeri totali non sono divulgati). Si può essere uccisi per stregoneria, per adulterio; le testimonianze dei soli padroni sono sufficienti, i processi per chi non ha denaro sono una farsa. I blogger dissidenti sono frustati. 
  8. Come mai il ministro Paolo Gentiloni ha dichiarato “comprensione” per l’attacco saudita in Yemen? Come mai l’Italia è tuttora nel “core group” dell’organizzazione malavitosa “Amici della Siria” insieme appunto a monarchie assolute come Arabia saudita, Qatar, Emirati, fra gli altri fautori della tragedia siriana? Forse perché Riad è il primo acquirente di armi italiane ?  Allora saranno magari aerei o bombe italiane quelle che stanno uccidendo bambini in Yemen? Non importa? La Svezia ha rotto, sulla questione dei diritti umani, l’accordo di cooperazione militare con il reame .
  9. Come mai i paesi occidentali non sostengono la democrazia anche in Arabia saudita, dove perfino nel 2011 non ci sono state proteste popolari di massa, visto il regime di terrore esistente? Forse per una ragione petrolifera. L’Arabia saudita, come il Kuwait, come fornitore di petrolio è fondamentale per la ricorrente strategia, piacevole per i paesi consumatori: far scendere molto in basso i prezzi del petrolio; fu del resto il rifiuto del Kuwait di diminuire la produzione di petrolio a portare alla fine alla guerra del Golfo nel 1991. Riad ha riserve di valuta estera gigantesche e può sopravvivere a prezzi bassi per anni. Tutto si fa, per indebolire i nemici geopolitici (e vediamo l’effetto che i bassi prezzi dal 2014 hanno prodotto sulle economie di Venezuela, Russia e Iran). Una spiegazione dettagliata dei meccanismi è qui.
  10. Per questa stessa ragione. Arabia saudita e petro-monarchi sono nemici del clima. I bassi prezzi degli idrocarburi, il cui uso è la principale causa dei cambiamenti climatici, non incoraggiano le politiche delle fonti alternative e del risparmio energetico, aiutando dunque il caso climatico. Ma non finisce lì: lo stile di vita da ricchi epuloni di re e sceicchi, emiri e sultani,  e della loro corte, i loro investimenti in grandi opere ancora più assurde di quelle che vediamo in Italia, fanno sì che le emissioni pro capite di gas serra dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) siano fra le più alte al mondo. Naturalmente, quelle delle Yemen sono fra le più basse.

http://www.sibialiria.org

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