Ancora ieri RT riportava la nota del Ministero degli esteri russo, secondo cui “avanzando accuse infondate, gli USA, a differenza della Russia, non solo non intraprendono il minimo sforzo per regolare la crisi ucraina, ma spingono Kiev a continuare il conflitto nel Donbass”. Oggi, il servizio ucraino della BBC diffonde al mondo il verbo del rappresentante permanente statunitense all’ONU, Samantha Power che, in visita a Kiev, assicura che “non si è mai arrestato il flusso di armi russe di ogni tipo, tra cui anche i sistemi di razzi terra-aria, alle milizie” e, con quell’assoluta petitio principii tipica dell’amministrazione USA, lamenta “la presenza russa in Ucraina”.
Ma sempre oggi, secondo Interfax, Kiev conferma l’arrivo in Ucraina di alcune centinaia di mezzi militari USA, compresi sistemi missilistici Nato “Uragan”. Secondo, l’addetto stampa del Servizio di frontiera ucraino, interpellato da alcuni giornalisti ungheresi, il transito dei mezzi per la frontiera ungherese-ucraino si spiega con le diverse fasi (l’avvio si era avuto lo scorso 20 aprile) del programma di addestramento della Guardia nazionale ucraina da parte di 300 paracadutisti statunitensi e militari canadesi, polacchi e britannici nell’area di Lvov (nella regione occidentale della Galizia) e l’inizio di manovre militari congiunte. A conclusione delle manovre, la Guardia nazionale ucraina dovrebbe “ereditare” munizionamento e materiale di collegamento, mentre, ufficialmente, mezzi corazzati e artiglierie dovrebbero lasciare il territorio ucraino… Al momento, non è dato sapere da chi verrà curato il controllo su tali spostamenti di mezzi da guerra.
Fin qui, sembra conflitto esclusivo di parole, dirette a mascherare la realtà. Come le parole con cui Kiev accusa oggi le milizie di aver colpito ieri almeno una trentina di volte le posizioni delle truppe governative con artiglierie e mortai pesanti che, in base agli accordi di Minsk, dovrebbero trovarsi distanti dalla linea di demarcazione. Ma evidentemente, secondo Kiev, solo le armi delle Repubbliche Popolari dovrebbero rispettare l’arretramento di 50 chilometri dalla linea di contatto tra le parti. Le artiglierie governative invece – il cui avanzamento in violazione agli accordi di Minsk era stato declamato dallo stesso presidente Porošenko lo scorso 3 giugno, in contemporanea alla massiccia offensiva ucraina su Marjnka e Krasnogorovka – secondo Kiev possono benissimo essere dislocate direttamente a ridosso del fronte. In base a quanto dichiarato a più riprese dal Ministero della difesa della Repubblica Popolare di Donetsk, le artiglierie e i mezzi corazzati della DNR, a differenza di quelli ucraini, il cui ridislocamento a ridosso della linea di demarcazione è stato fissato dagli stessi satelliti USA (nonostante Washington accusi le milizie e Mosca di “aggressione”) non hanno mai lasciato i siti in cui erano stati arretrati dopo Minsk. Si spiega così la dichiarazione del Capo dell’amministrazione di Donetsk, Maksim Leščenko, riportata da RT, secondo cui Kiev attribuisce alle milizie anche i tiri di artiglieria sui quartieri civili delle città del Donbass, che persino gli stessi osservatori Osce confermano provenire da parte delle forze ucraine. E’ stato il caso, nei giorni scorsi, di “Gorlovka, in cui è rimasta uccisa un’intera famiglia, o di Telmanovo, dove un bambino è morto colpito in un’area giochi. “Kiev dichiara che le milizie bombardano se stesse, i propri cittadini e presenta ciò come violazione degli accordi di Minsk”, ha detto Leščenko. E per i bombardamenti della scorsa notte su Donetsk, sono morti ancora due civili.
In effetti, secondo l’agenzia Novorossija, gli osservatori Osce confermano la situazione estremamente critica della periferia di Donetsk, in particolare dell’area dell’aeroporto, su cui sono stati registrati nelle ultime ore 216 tiri di artiglieria e circa 300 esplosioni. Una situazione tornata di nuovo incandescente per i bombardamenti governativi e che permette a Porošenko – così come la sua offensiva su Marjnka era servita da pretesto al G7 per prorogare le sanzioni contro Mosca – di dichiarare che non ha alcuna intenzione di togliere il blocco economico, energetico e sociale decretato contro il Donbass, finché non si registrerà un sensibile progresso nell’attuazione degli accordi di Minsk; attuazione ostacolata per l’appunto dall’acutizzarsi delle azioni di guerra di Kiev contro le Repubbliche. Per rendere ancora più esplicita la sua volontà di andare in senso contrario proprio a quegli accordi, Porošenko ha anche ufficialmente detto di non voler prendere in esame le proposte avanzate nei giorni scorsi dai rappresentanti di DNR e LNR in seno al Gruppo di contatto, sulle modifiche alla Costituzione ucraina nel senso della decentralizzazione che concederebbe autonomia locale (una richiesta in tale direzione è giunta ieri anche dal Consiglio municipale di Zaporože, capoluogo della regione a occidente di Donetsk) alle regioni del Donbass all’interno della compagine ucraina.
Non stupisce quindi che il Presidente della DNR, Aleksandr Zakharčenko, dichiari oggi di non vedere né se stesso, né la Repubblica di Donetsk quale parte dell’Ucraina: “né quale soggetto autonomo, né di altro tipo. Io vedo noi come partner di pari diritti; quali buoni vicini o semplicemente quali vicini. Vedo la Novorossija come un forte Stato”, aggiungendo che, a suo parere, altre Repubbliche popolari potrebbero sorgere in qualunque regione dell’attuale Ucraina – Odessa, Kharkov, Kiev, Mukačevo. “L’Ucraina in quanto Stato ha già fatto il suo tempo” ha detto Zakharčenko, “soprattutto dopo i bombardamenti aerei su Donetsk e Lugansk. Dopo di questi c’è stata semplicemente l’agonia del potere”.
Un’agonia che non impedisce però, come dichiara il Presidente del Parlamento della DNR, Andrej Purghin, di utilizzare la costruzione del vallo e delle fortificazioni lungo la frontiera con il Donbass a spese del bilancio statale – secondo Porošenko, ieri in visita a Mariupol, le fortificazioni che devono circondare il Donbass saranno pronte per fine luglio – per l’arricchimento degli oligarchi ucraini e per il riciclaggio di denaro pubblico con cui gli stessi alti funzionari pubblici stanno costruendo sontuose ville, come testimoniato dagli stessi canali televisivi ucraini. Un’agonia, ancora, che non impedisce a Kiev di continuare a “educare” i propri giovanissimi in uno spirito che l’agenzia Novorossija definisce da “Hitlerjugend”. Se nel periodo scolastico si descrivono i russi e la popolazione di lingua russa quali “cannibali, che bombardano i villaggi ucraini”, nel periodo delle vacanze estive si porta avanti “l’educazione patriottica” a cura di Pravyj sektor, nei cui accampamenti i giovani “si addestrano insieme ai combattenti” al montaggio e smontaggio delle armi, al loro uso e ad altre delizie che, nella Germania prebellica, prepararono migliaia di giovanissimi tedeschi a diventare SS.
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