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Le tre “rivoluzioni” di Petro Poroshenko

Ancora un civile è rimasto ucciso nel Donbass, nel corso del bombardamento a opera delle forze governative ucraine che, per due ore, la scorsa notte, hanno bersagliato con tiri di mortaio pesante la città di Gorlovka, a nord del capoluogo Donetsk. La notizia è stata diffusa questa mattina dall’agenzia Novorossija, sulla base di fonti del Centro unificato per il controllo e il coordinamento sul cessate il fuoco.

Secondo Interfax, il bombardamento su Gorlovka e i dintorni della città, nella Repubblica Popolare di Donetsk, sta continuando anche nella mattinata di domenica, pur se con minore intensità. Anche dalla Repubblica Popolare di Lugansk giungono notizie su bombardamenti notturni da parte governativa sul villaggio di Želtoe e, nelle prime ore di domenica, su Pervomajskoe, con l’utilizzo di mortai da 120 mm. Non si lamentano vittime, ma sarebbero state colpite le condutture del gas in diversi rioni di Pervomajskoe.

Come ormai consuetudine, è arrivata prontamente la “denuncia” delle autorità militari ucraine, che accusano le milizie del Donbass di aver aperto il fuoco sulle posizioni governative. In base a quanto riportato da Interfax, il centro stampa delle forze ucraine scrive su facebook che sarebbero stati colpiti <i villaggi di Peski, Opytnoe, Krasnogorovka, Marynka e la miniera “Butovka”, non lontano da Donetsk>. Kiev accusa le milizie di continuare a far uso, anche nella giornata di domenica, di artiglierie vietate dagli accordi di Minsk per colpire gli accessi a Mariupol e le linee direttrici per Lugansk e Artemovsk; a questi tiri, le truppe ucraine risponderebbero invece con armi ammesse dagli accordi sul cessate il fuoco! L’ordine sul rispetto del cessate il fuoco vale sempre, ovviamente, per l’avversario: in questo caso, le milizie del Donbass. Un po’ come quel detto di un paio di secoli fa, secondo cui i princìpi non sono altro che regole che si prescrivono agli altri nel proprio interesse. E’ appena il caso di ricordare che proprio Krasnogorova e Marynka erano state al centro dell’offensiva governativa, all’inizio del mese di giugno, allorché Kiev dichiarò ufficialmente di aver provveduto a riposizionare le artiglieri pesanti a ridosso della linea di demarcazione, in aperta violazione degli accordi di Minsk e nonostante le milizie avessero mantenuto le proprie armi pesanti nelle aree di dislocazione fissate dall’Osce.

E perchè “finis coronat opus” – la fine coroni l’opera, Petro Porošenko esalta oggi le “tre rivoluzioni che hanno reso irriconoscibile il paese”. Nella Giornata della gioventù, il presidente ucraino giura che nello spazio postsovietico, proprio grazie alla gioventù, si è formata <una nazione politica ucraina unica> e, grazie ai giovani, <si è costituita l’ossatura dei battaglioni volontari> – di cui tutto il mondo democratico celebra le gesta terroristiche contro i civili del Donbass. Le tre rivoluzioni di cui parla Porošenko sarebbero <la rivoluzione studentesca, la rivoluzione arancione e la rivoluzione della dignità>. Proprio quella dignità che permette alle forze armate ucraine, mentre si bombardano le città, di attestare che sono le milizie del Donbass che, proditoriamente, sparano su se stesse e sui civili delle regioni di Donetsk e di Lugansk.

Ciò, finché la resistenza ai golpisti di Kiev rimarrà limitata a queste due regioni a maggioranza russofona. Sì, perché Novorossija scrive oggi di centinaia di partigiani che, nella regione di Kharkov, starebbero già conducendo corsi di addestramento e organizzando una rete di resistenza. Il coordinatore della resistenza nella regione, Oleg Sobčenko, ha dichiarato che la maggior parte dei combattenti è ora stanziata al di fuori della regione, principalmente nel Donbass, pronta però a mobilitarsi. Un’organizzazione di resistenza, secondo Sobčenko, sarebbe in via di formazione anche nella regione di Sumy, a nord di Kharkov; qui, nonostante la popolazione manifesti maggior appoggio alla junta di Kiev, non mancano segnali di azione, come il recente attacco alla locale sede del neonazista “Svoboda”. A giudizio di Sobčenko, pur non potendosi ancora parlare di opposizione di massa al governo golpista, segni di evidente malcontento si registrano soprattutto tra le forze di sicurezza, la maggior parte dei cui rappresentanti sono stati soppiantati dalle nuove leve promosse proprio tra i ranghi di quella gioventù “volontaria” esaltata da Porošenko.

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