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Palestina: 68 anni di occupazione

Domenica è stata celebrata, nei territori occupati, la commemorazione dei 68 anni della Nakba ( in arabo “catastrofe”) che rappresenta per il popolo palestinese l’esilio dalla propria terra e l’auto-proclamazione dello stato di Israele avvenuta il 15 Maggio 1948. Dopo la conclusione della prima guerra tra ebrei ed arabi, infatti, oltre settecentomila persone furono costrette ad abbandonare le proprie case e la propria terra, senza potervi fare più ritorno.

Per i palestinesi la Nakba rappresenta 68 anni di soprusi, di sofferenza, di massacri e di deportazioni che hanno visto un popolo privato dei suoi diritti fondamentali nella sua terra. In questi anni, infatti, lo stato israeliano non si è rivelato quell’esempio di progresso e civiltà “occidentale” trapiantati nel retrogrado Vicino Oriente che, purtroppo, la propaganda e la visione sionista hanno voluto far credere al mondo. Israele è, invece, uno stato illegale, coloniale e razzista. Considera i cittadini arabi dei territori occupati dal ’48 come delle persone di status inferiore con minori diritti, uno stato che ha costruito il muro della “vergogna” nei territori della Cisgiordania, che impone un blocco permanente per oltre un milione di persone nella striscia di Gaza, uno stato che continua ininterrottamente a costruire nuove colonie ed a depredare tutte le risorse naturali dei palestinesi. Un paese che, con la connivenza di USA ed Europa, continua a rifiutare qualsiasi processo di pace, a non applicare nessuna delle risoluzioni ONU approvate, a perseguire una politica repressiva ed assassina nei confronti di un intero popolo.

Basti pensare, ad esempio, al milione di persone imprigionate in questi anni, senza alcun processo legittimo o tutela legale, e all’incarcerazione di migliaia di donne e minori. Altrettanto sistematici sono i crimini di guerra e gli assassini di massa nei confronti della popolazione civile: l’ultima invasione di Gaza nell’estate del 2014, ribattezzata operazione “margine di protezione”, ha causato migliaia di vittime civili, per la maggior parte bambini, ed enormi danni alle infrastrutture di uno dei territori considerati tra i più poveri al mondo.

Diverse sono state le manifestazioni nei territori palestinesi occupati. La commemorazione più importante è stata organizzata a Betlemme dove un simbolico treno, con a bordo attivisti dei comitati popolari, bambini ed anziani, ha girato per la città con l’obiettivo di raggiungere Gerusalemme: il mezzo è arrivato sotto il muro di divisione ed i militari israeliani hanno reagito lanciando gas lacrimogeni. Il “treno del ritorno” era stato costruito per ricordare il “diritto al ritorno per tutti i profughi palestinesi nelle proprie terre d’origine” che è stato sancito dalla Risoluzione 194 dell’ONU, ma che lo stato israeliano non ha mai voluto applicare e che rimane come uno dei principali ostacoli ad una possibile risoluzione pacifica.

Questi 68 anni dimostrano, però, anche quanto il popolo palestinese sia forte e determinato nella sua resistenza ad un sistema di oppressione e repressione così sistematica. Ne sono la dimostrazione tutte quelle iniziative culturali e civili che cercano di mantenere un’idea di unità e di popolo nonostante le continue persecuzioni. Basti pensare alla campagna internazionale BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) portata avanti contro Israele che sta causando diversi problemi all’economia sionista a tal punto che, come forma di ritorsione, le autorità israeliane non hanno rinnovato il visto ed il permesso di viaggio per l’estero al portavoce del movimento Omar Barghouti.

Da un punto di vista politico, invece, rimane una netta divisione di obiettivi e d’azione tra i partiti dell’OLP e l’ANP. L’Organizzazione per Liberazione Palestina, con Hamas (islamici) e FPLP (sinistra marxista palestinese) tra i principali partiti, rappresenta ancora, infatti, la “resistenza” all’occupazione e sostiene la terza “intifada” come forma di rivolta contro l’occupazione. L’Autorità Nazionale Palestinese, con Mahmoud Abbas presidente, rappresenta, invece, l’establishment politico ancora strettamente ancorato agli accordi di pace di Oslo, ampiamente falliti. Da diverso tempo l’ANP ed il presidente Abbas vengono criticati perché sono considerati troppo arrendevoli alle pressioni del governo israeliano e della comunità internazionale pro-Israele.

Il vice segretario del Fronte Popolare Abu Ahmed Fouad, ha concluso un suo discorso per la commemorazione della Nakba con queste parole: “nonostante le nostre divisioni tutte le forze politiche come tutto il popolo palestinese concordano, però, su una cosa: la lotta continua fino a quando la Palestina sarà indipendente, libera e tutti i profughi saranno ritornati”.

 

Stefano Mauro

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