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Intervista a Giuseppe Acconcia, autore del libro Grande Iran. Realizzata da Radio Città Aperta

 

L’Iran sembra piano piano tornare un riferimento importante per leggere quanto avviene in Medioriente. Partiamo dalla genesi di questo libro. Ti occupi di Iran, in che modo e perché hai deciso poi di scrivere proprio su questo paese.

Già il titolo “Il grande Iran” dà bene l'idea del contenuto del libro. Grande Iran è proprio in antitesi alla politica di George Bush che parlava di Grande Medioriente. Lui voleva costruirlo sulle spalle degli iracheni; c’è stata per questo la disastrosa guerra in Iraq del 2003 e invece si è ritrovato un Grande Iran, che ha accresciuto enormemente la sua influenza nella regione. Ora l’Iran è centrale per risolvere i principali conflitti regionali: dalla Siria all’Iraq, all’Afghanistan, è importante il ruolo iraniano in Libano, ed anche nel conflitto israelo-palestinese. E poi il Grande Iran richiama direttamente alla rivoluzione del 1979, perché mentre tutti i movimenti dal 2011 in poi che hanno attaversato il Medioriente sono più o meno falliti, la Rivoluzione iraniana del 1979 è stata l’unico vero successo rivoluzionario nella regione, anche se poi gli ayatollah hanno monopolizzato lo spazio della contestazione. Infine il Grande Iran ha anche un aspetto geopolitico, perché c’è sempre stata nella regione questo “grande gioco”, cioè un tentativo di manipolare l’Iran, perpetrato dalle grandi potenze: dalla Russia agli Stati uniti, alla Gran Bretagna. Evidentemente è ancora più importante parlare di Grande Iran in questo momento perché, dopo le elezioni negli Stati uniti del Presidente Donald Trump, la questione dell’accordo nucleare con l’Iran può essere di nuovo messa in discussione. Cioè, quel tentativo di riavvicinamento della Comunità internazionale nei confronti di Teheran, dopo oltre 10 anni di bagarre, grandi contestazioni, conflitti che potevano far pensare ad una guerra imminente contro l’Iran, finalmente l’impegno di Obama e dei negoziatori iraniani avevano portato alla firma di un accordo sul nucleare. Però l’elezione di Trump potrebbe rimetterlo di nuovo in discussione e riportare l’Iran sul banco degli imputati.

 

Tu hai accennato a un elemento importantissimo: il ruolo che l’Iran ha e che potrebbe avere nella risoluzione dell’enorme tragedia attualmente in atto in Medioriente. Partiamo dalla Siria e dall'Iraq, magari. Per quello che riguarda la guerra civile in Siria, che ormai da cinque anni sta veramente insanguinando quelle terre, e l’Iraq perché anche è in corso una battaglia importante, a Mosul, dove sono presenti milizie sciite filoiraniane. Qual è il ruolo che ha l’Iran e quali sono i problemi che la sua presenza comporta all’interno di una risoluzione pacifica, politica, di queste due crisi?

Il ruolo iraniano è centrale. Partiamo dalla Siria. Sappiamo che Bashar al-Assad ha attraversato della fasi di rafforzamento e di indebolimento. In questo momento, grazie al sostegno che ha ottenuto da parte della Russia di Putin, sta attraversando una fase di ripresa di potere. Sappiamo che in questi giorni ci può essere un ennesimo attacco su Aleppo. Evidentemente però questo tentativo di rafforzare Bashar al-Assad, che viene principalmente dalla Russia, non ha finora comportato la fine dello Stato islamico nel nord della Siria, in particolare nella città di Raqqa, anche se la scorsa settimana le truppe curde, in particolare Nassrin, la comandante delle Ypg, cioè delle unità di protezione femminile, hanno annunciato la puntata verso Raqqa, la roccaforte dello stato islamico del nord della Siria … Ecco, nonostante questo, il tentativo russo non ha completamente smantellato lo stato islamico ma ha, in qualche maniera, rafforzato Bashar al-Assad rispetto alle posizioni di questa miriade frammentata di gruppi, che vanno dagli islamisti radicali fino ai comunisti e i curdi; a loro volta i curdi non sono né con Bashar al-Assad, né con le opposizioni. Il presidente Bashar al-Assad ha avuto questo appoggio iraniano fortissimo. Sappiamo che Bashar al-Assad appartiene a questa minoranza alawita in Siria ed , evidentemente, questo sostegno viene continuamente confermato anche dalla presenza di pasdaran iraniani, le guardie della rivoluzione, in Siria; ma anche dall’accordo che hanno con gli Hezbolah nel paese. Oltretutto in una fase in cui ci sono state le elezioni presidenziali in Iran e ha vinto Hassan Rouhani, che è arrivato alla presidenza della repubblica. Si discuteva della possibilità di una transizione in Siria guidata dall’Iran, ma questa transizione non si è mai realizzata perché ad un certo punto la guida suprema Ali Khamenei ha confermato che l’unico sostegno dato all’Iran era a favore di Bashar al-Assad. Evidentemente però questo può cambiare nel tempo; può cambiare soprattutto perché l’Iran è sempre stato manipolato dalla Russia e quindi non è detto che – in un contesto in cui tutto viene messo in discussione. Ora, con le elezioni di Donald Trump – qualcosa non cambi anche in Siria. Rispetto all’Iraq, l’Iran ha sempre avuto un ruolo centrale dopo la guerra del 2003. Sappiamo che c’è stata una guerra sanguinosa tra Iraq e Iran negli anni ’80, che ha completamente cancellato le richieste iraniane. Saddam Hussein e i grandi Ayatollah sono stati dei nemici giurati per tutti gli anni ’90. In questo momento l’Iran è centrale per la stabilizzazione dell’Iraq. Le milizie sciite, come accennavi, sono state importantissime nella guerra per riprendere Mosul, che continua ancora, ma che continuerà perché queste città – una volta sottratte ai jihadisti dello stato islamico – non sono completamente libere, perché i jihadisti possono tornare in qualsiasi momento e continuare a prendere parte della città. Come sta avvenendo a Mosul, come avviene a Sirte, in Libia, ecc. Quindi, evidentemente, in Siria e in Iraq, il ruolo iraniano è fondamentale per la stabilizzazione di questi paesi: oppure anche solo per mantenere questi paesi in vita perché, soprattutto la Siria, uno stato praticamente fallito, potrebbe completamente collassare e dar vita a tre stati differenti: uno è il Kurdistan siriano, nel nord della Siria, un altro che va nella regione di Aleppo, nelle mani delle opposizioni; e poi bisogna vedere nelle varie parti del paese quali gruppi di oppositori controllano le città, fino a Damasco che continua ad essere la vera roccaforte di Bashar al-Assad.

 

Tu hai citato la vittoria di Trump, e quello che potrebbe avvenire come cambio di scenario rispetto alla politica estera degli Stati uniti, anche in rapporto all’Iran. Rispetto alle grandi potenze – Stati uniti, Russia, ma anche Cina – come si posiziona l’Iran? Come si posiziona l’Iran rispetto a questi tre protagonisti della scena internazionale dal punto di vista militare e strategico?

Adesso gli Stati uniti potrebbero tornare ad essere uno dei più acerrimi nemici dell’Iran. Donald Trump ha già dichiarato che vuole strappare l’accordo sul nucleare. I pasdaran, cioè i sostenitori di Ahmadinejad,  hanno detto che con le elezioni di Donald Trump l’accordo sul nucleare non vale più, sostanzialmente … Gli unici a continuare a sostenere la validità dell’accordo nucleare sono i sostenitori del presidente Rouhani, quindi i moderati in Iran, che dicono “ormai questo accordo è entrato in vigore, deve essere soltanto applicato completamente”. Ricordiamo che l’accordo è, sì, entrato in vigore, però le sanzioni internazionali verso l’Iran, in particolare i milioni di dollari congelati nelle banche statunitensi, restano lì e non sono stati mai scongelati, non sono mai tornati all’Iran. Nonostante questo, ci sono gli effetti positivi dell’accordo sul nucleare, perché è aumentata di nuovo la produzione petrolifera iraniana, e questo ha portato ad un primo accordo in sede Opec sul ridimensionamento della produzione petrolifera. Sappiamo che c’è sempre questo dualismo tra Iran e Arabia Saudita; un dualismo che non deve essere confuso, perché molti parlano di scontro tra sunniti e sciiti, ma in realtà si tratta veramente di uno scontro economico sulle risorse, sulla questione della produzione petrolifera… Ed evidentemente tutto questo viene rimesso in discussione dalla vittoria dei repubblicani. I quali hanno sempre cercato di fermare l’accordo con l’Iran, sostenuti da Israele. Quindi una volta al potere, con il congresso completamente in mano repubblicana, tutto questo potrebbe diventare realtà e quindi il riavvicinamento si limiterebbe all’Unione europea. Ma questo potrebbe anche comportare un rafforzamento delle posizioni radicali. In Iran, con le elezioni presidenziali del 2017, potrebbero tornare al potere gli ultraconservatori. L’Iran ha sempre guardato alla Cina e all’India come i due capisaldi della politica estera, che continuano a firmare contratti, investimenti, memorandum… La Russia è sempre stata un po’ il paese che da una parte ha sostenuto la politica iraniana, ha rafforzato l’Iran, ma che dall’altra ha anche condizionato le autorità iraniane. Per esempio, pensiamo alla tecnologia petrolifera. Tante volte la tecnologia petrolifera, che è stata garantita in Iran dalla Russia, non era di buon livello tanto quanto le autorità iraniane si aspettavano. Quindi l’Iran si è sempre trovato a doversi confrontare con degli attori internazionali che hanno cercato di limitare la sua indipendenza e la sua azione politica, e tutto questo si sta confermando ancora adesso. Con l’elezione di Trump, evidentemente, ci sarà uno stop a questo tentativo di far integrare l’Iran nella comunità internazionale; che significa anche integrare l’Iran nel mercato globale, nell’economia neo-liberista, capitalista, da cui l’Iran si è sempre mantenuto un po’ fuori, nonostante che – all’interno – l’elite moderata al potere abbia sempre praticato politiche neo liberiste.

 

Bene, Giuseppe, noi ti ringraziamo. Come si fa ad entrare in possesso del tuo libro? Si può trovare nelle principali librerie? Insomma, c’è un modo per averlo?

Da oggi è in tutte le librerie italiane, quindi chi volesse acquistare “Il grande Iran” si informa e lo trova dappertutto.

 

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