Capire gli Stati Uniti, la mentalità corrente, l’antropologia culturale dell’”americano medio”, è decisamente complicato, se non si è vissuto a lungo da quelle parti. Ma risulta comunque necessario avere qualche informazione in più, da dentro, perché quella mentalità o cultura – purtroppo – ci ritorna ogni giorno addosso.
Può sembrare assurdo – dal nostro punto di vista – che un grande e rispettato giornale liberal si occupi a lungo e minuziosamente delle opinioni di un (ex) candidato alla presidenza degli Stati Uniti in materia di religione ed inferno. Ma se si tratta di Bernie Sanders e quel giornale si è distinto per una durissima campagna pro-Hillary Clinton, beh, allora la cosa diventa non solo interessante. Ma addirittura illuminante…
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Michael Gerson, The Washington Post, 12 giugno 2017
Traduzione e cura di Francesco Spataro
A quanto pare, per coloro che hanno una mentalità aperta, diciamo pure liberale, l’aiuto dato ai cittadini, per mezzo dell’assistenza sanitaria pubblica o del sussidio della Social Security, non è sufficiente; sembra che di questi tempi, le persone debbano assicurarsi anche il Paradiso attraverso prove di idoneità, per titolo o finanche per requisiti acquisiti non si sa bene quando e come. O almeno bisogna essere sotto l’ala protettiva di quelli, che credono nell’esistenza di un qualche altro posto, magari non su questa terra.
Durante un’udienza, tenutasi la scorsa settimana, per la conferma di Russel Vought a vice direttore dell’Ufficio per la gestione ed il bilancio, un organismo senza alcun incarico di ordine teologico, il Senatore Bernie Sanders, ha sollevato una forte obiezione ad un commento che Vought avrebbe postato online, in cui egli sosteneva che i musulmani (e presumibilmente anche persone di altre religioni) “hanno rigettato Gesù Cristo”, pertanto “sono destinati alla disapprovazione e alla condanna.”
Sanders ha trovato tutto ciò “indifendibile” ed “odioso”. Ma almeno quando si tratta di credere nell’inferno, Vought è quasi un’eccezione. L’universalismo non è universale. Secondo un recente sondaggio della Pew (la Pew Research Center è un centro di ricerche sociali e sondaggi con sede a Washington, N.d.T.), circa l’80% dei protestanti evangelici afferma di credere nell’Inferno, contro il 76% dei musulmani, ed il 63% dei cattolici; persino il 27% di quelli che si identificano con la categoria “nessuna opinione” (i non affiliati ad alcuna chiesa) mantiene la fede nell’Inferno; infine c’è il restante 3% di atei convinti, che però credono nell’Inferno anch’essi. Forse, per dirla con Jean-Paul Sartre, perchè “l’Inferno sono gli altri.”
Non tutte le tradizioni religiose prevedono la dannazione eterna. Nei sacri testi ebraici, non c’è alcun cenno riguardo una qualsiasi vita nell’aldilà. Questo concorda con il rigetto che gli Ebrei mostrano (con una proporzione di 80 contro 20) riguardo all’esistenza dell’Inferno. Nell’induismo e nel buddhismo l’Inferno è più un momento di transito, che una destinazione finale.
Le interpretazioni tradizionali del Cristianesimo e dell’Islam, invece, prospettano un giorno del giudizio finale, nel quale non tutti ce la fanno. Per molti l’Inferno è poco più di ciò che Hitler definiva una “sala di attesa” mentale. Se qualcuno crede che esista un’altra vita, dopo la morte, ovviamente si presenta un problema: santi e responsabili di genocidi, possono veramente convivere, e condividere lo stesso destino?
La faccenda si risolve con facilità. Al pastore evangelico Rob Bell si presentò così, in forma di domanda: “Gandhi è all’Inferno?” Bell continuava a scrivere un libro dal titolo “L’amore vince” che abbracciò le tesi dell’universalismo e che lo condusse verso una pura eterodossia, anche più lontano; ma Bell non si è trovato solo nel cercare di sciogliere questo particolare nodo di ordine religioso. La storia della Cristianità è costellata di personaggi che esprimevano una nozione di grazia divina universalmente inclusiva come il pastore e poeta del XVII secolo John Donne: “Cristo non ha mai scomunicato nessuno, né una nazione, né una provincia, né una famiglia, né tantomeno un uomo.”
Anche i difensori dell’idea dell’Inferno, come C.S. Lewis, si sentirono costretti a mitigare il concetto. La descrizione letteraria dell’Inferno che ne dà Lewis non è quella di un lago di fuoco, ma quella di una grigia periferia, sempre piovosa e dove, chi ci vive, non è soddisfatto di nulla, dove i vicini litigano sempre l’uno con l’altro. Per il filosofo e scrittore, l’Inferno se lo scelgono da soli tutti coloro che si consumano nell’egotismo. Lewis era solito dire: “Le porte dell’Inferno, sono chiuse dall’interno.”
Con tutte queste complessità teologiche e metafisiche che l’argomento solleva, io sono profondamente convinto di una cosa: qualcuno si è mai chiesto, “ma qual è il punto di vista di Bernie Sanders, su questa roba?”
In realtà, il senatore una posizione l’ha presa. Nel giustificare il suo disaccordo nei confronti di Vought, Sanders ha dichiarato: “Questo Paese, fin dalla sua nascita ha lottato, qualche volta anche con grande sofferenza, per superare e vincere le discriminazioni, sotto tutte le forme… Non dobbiamo tirarci indietro, regredire.”
In tal senso l’equità liberale, viene applicata su scala cosmica, universale. Mettere da parte il pregiudizio teologico, è la frontiera finale dei diritti civili; salvezza uguale per tutti.
Se tentiamo un’interpretazione, forse il senatore Sanders, voleva mettere in evidenza che si potesse negare un lavoro a chiunque avesse, secondo qualcun’altro, un pensiero teologico offensivo, o possibile di opposizione, non in linea; questo, secondo la sua opinione, non soltanto è arrogante, ma anche incostituzionale (vedere l’Art. VI della Costituzione Americana). Sarebbe lo stesso nel caso della nomina di un musulmano o, di qualunque altro volesse servire il Paese e nello stesso tempo, difendere la Costituzione. Un pluralismo troppo debole che tuteli i Cristiani è anche troppo debole per i Musulmani e viceversa. Ed entrambi hanno il diritto di pensare che sono nel giusto.
Qualche domanda per il senatore: vuole veramente iniziare ad indagare Cristiani, Musulmani, Buddhisti, Induisti, Zoroastriani e qualsiasi altro per convinzioni religiose che offendono il suo ideale di liberalismo? Quanto deve essere radicata, questa convinzione religiosa, per essere dequalificante, nella ricerca di un impiego? Sarebbe giusto permettere, ad un collega di lavoro di fede cristiana, di scartare un disoccupato, solo perché quell’uomo o quella donna credevano che l’universo è un vuoto echeggiante, o che gli esseri umani sono semplicemente involucri di composti chimici?
Ma, pensandoci bene, a nessuno importa, di queste domande. Grazie alla nostra Costituzione, a nessuno frega nulla dei giudizi di Sanders, riguardo le opinioni religiose di un americano qualsiasi.
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