“Attenzione al 5G”: ma non stiamo parlando di inquinamento elettromagnetico. Stiamo parlando di soldi, di tecnologia, di interessi geopolitici e della guerra in atto tra Stati Uniti e Cina. Una guerra fatta di dazi, di tensioni politiche, di reciproche sgarberie economiche. Con gli Stati Uniti in crisi per la progressiva – e forse inesorabile – perdita di leadership globale, mentre la Cina prosegue la sua scalata che appare irresistibile: seconda economia mondiale, in ascesa pressoché continua da oltre venti anni (anche se quest’anno il PIL cinese ha segnato la percentuale di incremento minore da ventisette anni a questa parte, “solo” il 6% circa).
Ma torniamo al 5G, la nuova tecnologia di telefonia mobile che sta ormai per arrivare sui mercati: un business enorme, che naturalmente vede tutte le multinazionali di settore spingere per conquistare spazio.
Tra le più attive, le grandi aziende cinesi, ormai spesso leader delle rispettive aree commerciali. Forse troppo leader, e allora bisogna trovare il modo di limitarne il raggio di azione. E’ più o meno questo, riteniamo, il vero motivo che ha spinto il segretario di Stato Usa Mike Pompeo a rilasciare ieri una dichiarazione che, se pur passata un po’ in sordina, è pesante.
“Attenti al 5G, non affidate la realizzazione delle reti infrastrutturali alle multinazionali cinesi. C’è il rischio che la Cina le utilizzi per spiarvi”. Questo, in sintesi, l’ammonimento che Pompeo ha voluto “disinteressatamente” fornire sopratutto agli alleati europei. Un timore così fortemente sentito da essere addirittura messo nero su bianco: il messaggio è stato infatti lanciato attraverso una lettera diffusa dal dipartimento di Stato. Alla vigilia del vertice NATO di Londra, l’intervento di Pompeo inserisce di forza il tema 5G tra quelli più “caldi” da affrontare.
L’accusa del segretario di Stato è diretta in particolare a due aziende, Huawei e Zte: “Attraverso le possibilità che offre il 5G la Cina può, utilizzando gli accessi delle due società, rubare informazioni o sabotare infrastrutture critiche” afferma Pompeo. Che invita a rivolgersi a produttori europei, come Nokia ed Eriksonn, o alla sudcoreana Samsung. Agli amici, insomma. O forse ai nemici del suo nemico, che – come si dice – sono comunque amici.
Immediata – naturalmente – la risposta delle due compagnie: Huawei ha respinto al mittente le accuse, definendole “un insulto alla sovranità europea”. Rispetto alle neanche troppo velate accuse di spionaggio, sempre Huawei ha risposto menzionando la sua “straordinaria reputazione” in ambito di sicurezza informatica, per poi concludere la nota definendosi “partner naturale” dell’Europa nello sviluppo del 5G.
La torta del 5G è succulenta, il business enorme, globale: un perfetto campo di battaglia per una guerra che continua ad apparire inevitabile.
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