Questa settimana la mobilitazione contro l’ipotesi di riforma pensionistica in Francia entrerà nel suo terzo mese di vita. L’opposizione all’instaurazione di un sistema universale a punti, con la contestuale eliminazione dei 42 regimi pensionistici, continuerà sia in strada che in Parlamento.
Due appuntamenti particolarmente importanti sono previsti per questa settimana, uno, il 5 febbraio, con la mobilitazione del settore giovanile promossa da una decina di sigle sindacali e politiche giovanili, l’altro il 6 febbraio con il 9° sciopero inter-categoriale nazionale dal 5 dicembre scorso.
Oggi, lunedì 3 febbraio, nella Commissione Speciale istituita in parlamento inizierà la discussione sullo tsunami di emendamenti proposti per una ipotesi di legge che ha creato non pochi dubbi ai deputati della maggioranza stessa, e che è stata duramente criticata dalla più alta istituzione amministrativa francese, cioè il Consiglio di Stato.
Intanto, i lavori della Conferenza sul Finanziamento, che mette allo stesso tavolo governo e partner sociali, iniziati l’ultima settimana di gennaio, proseguiranno il 10 febbraio e dovrebbero terminare a fine aprile.
Le associazioni padronali hanno ribadito il loro ‘no’ secco all’aumento di contributi da parte delle imprese come possibilità concreta di posticipare l’età pivot a 64 rispetto ai tempi previsti – in realtà probabilmente 65 anni, ed aumentabile – così come il proprio consenso alla fine della contribuzione a fini pensionistici dei lavoratori ad alto reddito, quelli che percepiscono più di 10.000 euro al mese – circa 200.000 dipendenti – con una notevole emorragia nelle casse dello Stato e l’apertura a questa porzione di lavoratori della pensione per capitalizzazione, cioè privata.
Sarà molto dure per le “riformiste” CFDT e UNSA strappare un compromesso accettabile nei confronti di una base che li ha già sbugiardate nelle ferrovie e nella metro parigina.
In questa fase i lavoratori del settore dell’energia e del trattamento dei rifiuti sembrano avere raccolto il testimone dei lavoratori dei trasporti ferroviari e della metrò parigina, che con il loro “sciopero ad oltranza” di più di 40 giorni avevano catalizzato l’attenzione ed avuto forse il maggiore impatto nella prima fase delle mobilitazioni, insieme ai lavoratori delle raffinerie.
Altri soggetti, dagli avvocati al personale ospedaliero, dagli insegnanti ai lavoratori portuali rimangono fortemente mobilitati.
Il settore del trattamento dei rifiuti, soprattutto nella metropoli parigina, e quello energetico – in particolare della decina di centrali nucleari dell’Esagono – stanno conoscendo una mobilitazione inedita, così come gli insegnanti, che si trovano a lottare sia contro l’ipotesi di riforma pensionistica, sia contro l’applicazione della riforma dell’esame di maturità (con differenti tentativi di ostruzione che hanno assunto varie forme contro l’esame E3C). Ma anche il mondo della ricerca – come in generale quello della cultura – è in fibrillazione a causa del progetto di legge sulla programmazione pluriannuale della ricerca (LPPR), che «rischia di precarizzare la ricerca pubblica», com’è scritto nell’appello alla mobilitazione del 5 febbraio.
Anche i vigili del fuoco, scesi in piazza per l’ennesima volta martedì 28 gennaio a Parigi, all’interno di una vertenza riguardante condizioni specifiche salariali e di salute, continuano la lotta – almeno per ciò che concerne gli aderenti alla CGT – non rassicurati dall’attuale Esecutivo sulla questione delle pensioni; mentre “l’inter-sindacale” della categoria ha fatto appello alla sospensione dello sciopero.
Come ha dichiarato a Regards Alain Darmey, vigile del fuoco «La CGT prepara un nuovo preavviso di sciopero nel quadro della riforma delle pensioni, e noi proseguiremo nel movimento fino al ritiro del progetto di legge. Penso che FO, la Federazione autonoma, la CFE_CGC e l’UNSA possono affiancarsi»
In sintesi, la mobilitazione si prolunga nella durata ed estende i settori coinvolti, entra nella sua battaglia parlamentare, lambisce l’inizio della campagna elettorale per le municipali che si terranno in tutta la Francia a marzo, e rischia di “far precipitare gli eventi” se il governo manterrà questo mix di sordità e disprezzo nei confronti dell’ampio spettro dei soggetti mobilitati a livello sindacale e politico.
Il mese di febbraio sarà quindi decisivo.
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Le audizioni iniziate il 28 gennaio hanno potuto far si che si tastasse realmente il polso dei deputati – anche della maggioranza – sul gradimento dell’attuale progetto di riforma.
Come ha affermato perfettamente Manuel Jardinaud, in un articolo che fa la sintesi dei vari interventi in commissione, pubblicato su Mediapart: «Questo florilegio di critiche, provenienti anche dagli alleati e dai sostenitori ad un sistema di pensione a punti, mostra quanto questo progetto sia un salto nel buio, lasciando senza risposta un numero molto elevato di domande, due anni dopo l’inizio delle discussioni con i sindacati ed il padronato. Questi interventi sono una manna per le opposizioni», che possono occuparsene in un quadro istituzionale, e che hanno fatto numerosi rilievi.
L’Esecutivo mantiene la sua tabella di marcia, vuole imporre un iter accelerato alla discussione all’Assemblea Nazionale e in Senato e “delega” a decreti, successivi alla discussione parlamentare, l’approvazione di punti strutturanti dell’attuale riforma; una scelta – quest’ultima – duramente criticata dal Consiglio di Stato.
Le opposizioni di sinistra – che hanno comunque controproposte fra loro differenti – faranno fronte comune contro la proposta.
I presidenti dei tre gruppi parlamentari – Mélenchon per LFI, Chassaigne per il PCF e Rabault per il PS – hanno concluso un accordo, dopo una riunione, per «coordinare le loro forze, sia sulla redazione e la deposizione di emendamenti che sui mezzi per cercare di sbarrare la strada al testo. Hanno messo in campo, senza precisare il calendario, la deposizione in comune di una mozione di sfiducia (come per la privatizzazione dell’ADP) e una mozione referendaria cui l’obiettivo è di proporre al presidente della Repubblica di sottomettere a referendum il progetto di legge», si legge nell’articolo citato di Mediapart.
Da questo lunedì i 72 deputati che compongono la Commissione Speciale dovranno analizzare i 22.160 emendamenti proposti, di cui 19.000 vengono da La France Insoumise. Un record, per l’attuale legislatura.
Molti difficilmente passeranno il filtro dell’articolo 40 della Costituzione, che rende irricevibile un emendamento quando ha come conseguenza una diminuzione delle risorse pubbliche o la creazione o l’aggravio di una carica pubblica.
L’ostruzionismo parlamentare è rivendicato da LFI, anche di fronte alla critica di un deputato di LREM che accusa gli insoumis.es di “zadismo leglislativo”, in riferimento all’esperienza di lotta della ZAD – la zona di auto-difesa costituita contro l’ipotesi, poi ritirata, di progetto aero-portuale a Notre-Dame Des Landes.
Come riporta Libération, Mélenchon ha risposto in questo modo: «LREM ci accusa di “zadismo legislativo”. Accettato! Le pensioni sono un territorio da difendere. E la legge Macron deve terminare come l’aereoporto di Notre-Dame-des-Landes!»
Il capogruppo di LREM, Gilles Le Gendre, ha richiamato i propri deputati a “tenersi” nella formulazioni degli emendamenti per non fare tremare «un edificio già ben stabilizzato»!
Dalle file del gruppo macroniano provengono 30 emendamenti – di cui solo la metà approvati dal gruppo – mentre le altre due formazioni che appoggiano la maggioranza – MoDem e UDI-agir – ne hanno proposti rispettivamente una cinquantina ed una trentina.
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Come abbiamo accennato all’inizio dell’articolo i lavoratori dell’Energia sono divenuti uno degli assi portanti dell’attuale mobilitazione.
I 140.000 lavoratori del settore (EDF, Engie, Enedis, RTE, GRDF…) beneficiano di un regime pensionistico specifico, con un calcolo della pensione effettuato sugli ultimi sei mesi di carriera e di pensioni anticipate per i servizi detti “attivi” (l’equivalente dei nostri “usuranti”), con una età media di pensione attuale che si assesta sui 58,9 anni.
Lo sciopero dei lavoratori del trattamento dei rifiuti nella metropoli Parigini sta mettendo in seria difficoltà la filiera.
I tre centri che si sono coordinati per un arresto simultaneo trattano le 6.000 tonnellate di rifiuti al giorno di Parigi e di 84 comuni della regione parigina, l’Ile-de-France. E la “valorizzazione” di ciò che viene buttato da sei milioni di persone permette di alimentare circa la metà del fabbisogno della Compagnia Parigina di Riscaldamento Urbano e pompare acqua calda in 500.000 alloggi parigini, oltre a sei comuni periferici della petite couronne.
Dal 24 gennaio, il movimento ha costretto la Syctom a “smistare” i rifiuti verso una quindicina di altri centri, spesso situati diverse decine di chilometri.
Una soluzione alternativa che l’azienda stima sia costata 700.000 euro al giorno, cioè 5 milioni di euro dopo una settimana, con i rifiuti “inceneriti” anziché “valorizzati”, e con la CPU che deve ricorrere all’acquisto di energie fossili.
Un danno piuttosto consistente che sta mandando in fibrillazione il “partito dell’ordine”…
I lavoratori delle centrali nucleari, altro settore strategico, stanno conoscendo una mobilitazione inedita ben descritta in un recente reportage di Reporterre, storica testata dell’ecologismo francese.
«Il nucleare è anche un settore strategico dove lo sciopero può avere un impatto forte», ha dichiarato giustamente Hervé Béquet, della Federazione mine énergie della CGT.
Mercoledì 29 gennaio, i lavoratori della centrale di Bugey nell’Ain, hanno “fermato” uno dei reattori. Un’azione che secondo quando riportato dal giornale Le Progrès costerebbe all’EDF un milione di euro al giorno.
Il comunicato rende la cifra della determinazione di questi lavoratori: «voi votate, noi tagliamo».
Anche la direzione dell’EDF è costretta ad ammettere l’impatto finanziario del movimento, senza specificarne l’entità, affermando tra l’altro che si trova nelle condizioni di dovere acquistare l’elettricità all’estero.
I lavoratori dell’energia lottano su diversi fronti e non solo contro la riforma pensionistica. Vi è in atto infatti il tentativo di privatizzare l’energia e, per ciò che riguarda i lavoratori del settore nucleare, l’80% del personale è ormai composto da ditte d’appalto che aumentano la precarizzazione complessiva del settore.
Durante questa lotta gli stabilimenti sono diventati dei veri e propri “accampamenti”, presidiati notte e giorno dai lavoratori che partecipano con percentuali molto alte allo sciopero e non ha ancora tra le sue parole d’ordine il black-out energetico, ma “solo” un rallentamento complessivo delle operazioni.
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Il governo appare quindi in grande difficoltà, che dissimula con la determinazione ottusa a perseguire l’obiettivo.
La riforma è un “pasticciaccio brutto” da tutti i punti di vista, come ha ribadito il più alto organo amministrativo francese, e le simulazioni effettuate dal governo in una pletora di casi si sono dimostrate infarcite di palesi errori di calcolo.
La strategia di logoramento nei confronti delle mobilitazioni va di pari passo con la tendenza all’“esecutivizzazione” della decisione da parte del governo, ed aumenta quel già ampio solco tra le élites politiche e la popolazione, cristallizzando un deficit democratico piuttosto preoccupante. Anche la censura mediatica e la violenza poliziesca sono altri due aspetti importanti del modus operandi dell’attuale assetto di potere.
La piazza e l’opposizione parlamentare, ed una parte importante del ceto intellettuale, resistono a questo progetto complessivo di società che, come ha detto una deputata de La France Insoumise “vuole fare della pensione l’anticamera dell’obitorio“.
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