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Cile: il rimpasto di Boric, il fantasma della Concertacíon e la nuova ondata di proteste

Come avevamo previsto il presidente del Cile Gabriel Boric ha reagito al trionfo del Rechazo con un rapido rimpasto di governo, a meno di 48 ore dalla debacle del plebiscito costituzionale. Il giovanissimo leader cileno ha annunciato la mossa ieri parlando alla nazione, in uno di quelli che ha definito essere “uno dei momenti più difficili” della propria carriera politica, sottolineando che si tratta di “cambiamenti necessari”.

Le modifiche all’esecutivo riguardano 6 dicasteri di importanza politica e strategica: Segreteria Generale della Presidenza (SEGPRES), Interni, Sviluppo, Salute, Scienza ed Energia. Viene rafforzato il peso politico del PS con l’ingresso della socialista Ana Uriarte al posto del braccio destro di Boric, Giorgio Jackson, come ministro della SEGPRES.

Questa sostituzione è l’emblema di una svolta moderata del governo, che vede un’accentuazione della Concertacíon all’interno della compagine esecutiva a scapito della missione per cui era stato eletto: la rottura con la vecchia politica, ovvero con i partiti della Nueva Mayoria (PS e DC) che hanno portato avanti assieme alle destre le riforme neoliberiste nei 30 anni di democrazia liberale.

Altrettanto simbolico è il licenziamento di Izchia Siches, la trentaseienne pasionaria ministra degli Interni, femminista, ex militante della Gioventù Comunista e dirigente studentesca, che nei sei mesi di governo aveva scatenato polemiche per la sua riluttanza ad imporre lo stato di eccezione nei territori Mapuche.

E’ stata sostituita con un volto noto della Concertacíon Carolina Tohá. Figlia José Tohá, vicepresidente e ministro di Salvador Allende, anche lui ucciso dai militari durante la dittatura, Carolina è stata deputata e (per un breve periodo) ministra della SEGPRES durante il primo governo di Michelle Bachelet, poi sindaco del comune di Santiago. Politicamente è vicina all’ex presidente socialista Ricardo Lagos, fautore della prima ed unica riforma costituzionale alla Carta di Pinochet e delle più radicali trasformazioni neoliberali del Cile.

Gli altri nomi in entrata nell’esecutivo sono:

  • Giorgio Jackson al ministero dello Sviluppo al posto di Jeanette Vega;

  • Ximena Aguilera alla Salute al posto di Begoña Yarza;

  • Silvia Diaz alla Scienza al posto di Flavio Salazar;

  • Diego Pardow all’Energia al posto di Claudio Huepe.

Altre due note rilevanti:

  • il rimpasto è “rosa”, nel governo entra una donna in più;

  • Boric tenta un riequilibrio delle forze con la nomina di Pardow, anche lui proveniente dal partito Convergenza sociale, coordinatore della sua campagna elettorale e quindi consigliere presidenziale.

Questo esecutivo rigenerato non solo dovrà riavviare un nuovo processo costituente, meno progressista e meno partecipativo di quello bocciato. Avrà lo scomodo compito di affrontare il dissenso, ovvero contenere le mobilitazioni di quello stesso movimento che lo ha portato al potere e che è di nuovo sceso in strada dopo il fallimento della promessa di un nuovo Cile, più equo, più inclusivo, più solidale, più giusto.

L’ondata di proteste è esplosa anche prima del previsto, tanto da far iniziare in ritardo il discorso del presidente alla nazione. Gli studenti1 hanno tentato di bloccare2 l’Alameda, il lungo viale alberato che attraversa Santiago fino alle Ande, su cui si affaccia La Moneda.

Chiedevano la liberazione dei prigionieri politici, tra cui tanti manifestanti detenuti durante l’estallido social, hanno trovato i lacrimogeni e gli idranti dei carabineros3. E’ finita con sei detenuti, tra cui tre minorenni. Si trattava infatti di studenti delle superiori, che da mesi chiedono a Boric di mantenere le promesse sull’istruzione pubblica e gratuita, ma finora mai con questa intensità.

La protesta è continuata, nonostante gli scontri con la polizia, con un corteo verso Plaza Dignidad. Gli studenti hanno denunciato una vera e propria caccia ai manifestanti da parte delle forze dell’ordine, l’utilizzo di sostanze chimiche ustionanti nel liquido degli idranti, ma promettono: “con o senza costituzione continua la lotta del popolo dei lavoratori, organizzazione e l’insurrezione4”.

Lo slogan fornisce una risposta decisiva a chiunque si stia chiedendo se le mobilitazioni di sinistra continueranno nonostante la sinistra al governo. Bisognerà passare alla domanda successiva: riuscirà Boric a trovare una risposta democratica o replicherà la repressione di Piñera? Restiamo in osservazione.

* da Pressenza

 

4 https://twitter.com/PiensaPrensa/status/1567250978021187590

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