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In Colombia si prepara il golpe: a migliaia in piazza a difesa di Petro

Decine di migliaia di persone hanno occupato le strade della Colombia per manifestare il proprio sostegno al presidente Gustavo Petro e denunciare il tentativo di golpe che i gruppi di potere e il vecchio establishment politico stanno preparando. È un golpe senza eserciti, almeno per il momento, sul modello di quello portato avanti in Perù lo scorso dicembre, quando il Presidente Castillo è stato arrestato.

In realtà i morti sono comunque arrivati, in Perù, quando la nuova presidente Dina Boluarte ha scelto di utilizzare il pugno di ferro contro i manifestanti che per mesi sono scesi in strada chiedendo la liberazione di Castillo e nuove elezioni. L’esercito ha sparato sui dimostranti uccidendone a decine.

L’offensiva contro Gustavo Petro è cominciata, a quanto pare, già durante la sua campagna elettorale, quando lui e i suoi collaboratori sono stati messi sotto continua intercettazione telefonica e ambientale. “Per mesi e mesi di intercettazioni – ha dichiarato il presidente – non sono riusciti a trovare nemmeno 10 secondi in cui il candidato Petro parlasse di qualche irregolarità, pronunciasse una sola parola maleducata o facesse capire che la sua campagna era condotta in modo disonesto”. Le destre e con loro i poteri giudiziari stanno costruendo un castello di accuse per arrivare alla destituzione del presidente. Attraverso inchieste sui fondi destinati alla sua campagna elettorale si punta all’impeachment con l’accusa di essere stato finanziato dai trafficanti di droga.

Petro, primo presidente di sinistra nella storia della Colombia, ha vinto le elezioni con un ampio margine sul magnate delle costruzioni Rodolfo Hernandez e con un programma rivoluzionario per il suo Paese: istruzione universitaria gratuita, riforma pensionistica, assistenza sanitaria universale, riforma agraria, lotta alle disuguaglianze, stop ai nuovi progetti petroliferi. Tutto ciò ha messo in allarme gli investitori locali e stranieri.

Petro è sceso in piazza insieme al popolo che lo ha votato e che lo sostiene, seguito e supportato dalle più grandi federazioni sindacali colombiane e durante una delle manifestazioni ha paragonato ciò che sta accadendo nel suo Paese a quanto è successo solo pochi mesi fa in Perù. Tra gli obiettivi più importanti della politica di Petro, quello della “pace totale”.

È un programma di trattative con le formazioni armate e paramilitari che vivono nell’illegalità e che rappresentano per la Colombia uno dei più gravi e annosi problemi. I gruppi armati sfidano il governo e la polizia con attentati e ritorsioni oppure, a fasi alterne, vengono foraggiati e finanziati dalla politica che li sfrutta come armi utili a liberarsi dei propri nemici politici. In alcuni casi il potere e la violenza con cui queste formazioni si sono scagliate contro lo stesso popolo colombiano hanno fatto parlare di “guerra civile”. Una guerra che va avanti da decenni e a cui Petro sta tentando di porre fine.

È di questi giorni l’annuncio di un viaggio del presidente a Cuba, dove è stato organizzato un incontro di mediazione con l’Ejército de Liberación Nacional (Eln), il gruppo armato forse più propenso a un accordo, portatore da sempre di istanze politiche e sociali. L’idea di Petro è di far entrare questi gruppi nella legalità, concedendo loro qualcosa in termini economici e di riconoscimento, ottenendo la fine dei traffici illegali e delle azioni delittuose.

Un processo cominciato che si interromperebbe, come tutti gli altri, solamente con la destituzione del presidente che non rimane, però, isolato a livello internazionale: diversi leader mondiali di sinistra hanno firmato una lettera che denuncia i tentativi di golpe in Colombia, accusando le destre all’opposizione di provare a rimuovere illegalmente Petro e i suoi principali alleati. Tra i sottoscrittori figurano il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, l’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa, l’ex presidente colombiano Ernesto Samper, l’ex presidente spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero, Jeremy Corbyn del Regno Unito e Jean-Luc Mélenchon, ex candidato alla presidenza francese.

*Pagineesteri.it

 

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