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La strategia di sicurezza economica UE per competere con un mondo multipolare

La Commissione Europea ha presentato ieri le linee guida della strategia per la sicurezza economica della UE. Un provvedimento del genere era stato annunciato già dall’inizio dell’anno, e ribadito anche pochi giorni fa, a conclusione del Consiglio commercio e tecnologia degli alleati euroatlantici.

Ora una prima cornice di elementi con cui affrontare la competizione globale è stata resa pubblica, anche se qualsiasi misura concreta è stata rimandata a fine anno. Devono essere approfonditi l’impatto delle scelte economiche e politiche, così come devono essere consultati tutti i partner, anche quelli privati, prima di decidere.

Al centro vi è la volontà di ridurre la dipendenza da attori terzi per le materie prime e una maggiore attenzione nell’indirizzare gli investimenti strategici, in particolare per la transizione verde e il digitale. L’obiettivo è un controllo più stringente su capitali e conoscenze in uscita verso paesi che possono “minare la pace e la sicurezza internazionali”.

Ovviamente questi sono automaticamente individuati nelle «autocrazie», anche se né la Cina né la Russia sono mai direttamente citate nelle 15 pagine del documento. Il «dispotismo asiatico» è il pericolo da affrontare con gli investimenti europei che, parola di Von Der Leyen all’ANSA, non portano a dipendenze economiche o a conseguenze sociali e ambientali dannose. Se lo dice lei…

Dunque, dopo il controllo sugli investimenti e sulle attività di aziende esterne al mercato unico, la UE decide di muoversi su tre filoni: proteggersi dai rischi, cercare partner per diversificare le catene di approvvigionamento, promuovere la competitività. A queste linee guida si affiancherà il progetto STEP, incentrato su deep tech, tecnologie pulite e biotecnologie, con ulteriori 10 miliardi, sperando di mobilitarne fino a 160 attirando investimenti privati.

L’obiettivo non è quello del de-coupling, ossia di un distacco, ma quello più fattibile del de-risking, cioè quello di ridurre l’esposizione economica verso attori terzi. A cosa serva questa ricerca di maggiore autonomia strategica lo spiega Borrell, che durante la presentazione del documento ha sottolineato come manchino persino le materie prime per produrre munizioni: ecco qui spiegate le priorità della UE, ovvero la guerra.

Difatti, accanto allo STEP la Von der Leyen ha presentato anche la proposta di revisione del bilancio pluriennale fino al 2027. Per l’Ucraina è stato previsto un fondo da 50 miliardi per, ha detto la presidente della Commissione Europea, “calibrare il nostro sostegno finanziario all’evoluzione della situazione sul terreno, perché tutti sappiamo che una guerra richiede la massima flessibilità”.

La flessibilità è però richiesta anche dalla Germania, che ha molti interessi incrociati con la Cina. Scholz, infatti, il 19 ha ospitato in una cena di lavoro il primo ministro cinese Li Qiang, prima di consultazioni che sono proseguite in contemporanea con la presentazione della strategia di sicurezza economica UE, e ha già respinto una “vigilanza su tutto l’export europeo” verso Pechino.

Una settimana fa Berlino ha pubblicato le proprie 76 pagine per una strategia di sicurezza nazionale. Nel documento viene ribadito il ruolo di pietra miliare della difesa europea che si vuole affidare alle forze armate tedesche, e si conferma la volontà di raggiungere il 2% del PIL in spesa militare.

Viene segnalato che elementi di rivalità internazionale sono aumentati, così come che “alcuni paesi stanno cercando di rimodellare l’attuale ordine internazionale”, in negativo dal punto di vista occidentale. Ma riguardo la Cina viene detto che è “un concorrente e un rivale sistemico”, ma senza il quale non è possibile risolvere alcuni importanti dossier a livello globale.

La UE deve ancora negoziare il proprio ruolo nella competizione globale tra gli interessi concreti dei vari paesi che la compongono. Per ora c’è un metodo, ed è quello tipico di un modello capitalista in crisi che, dopo decenni di santificazione del libero mercato, prende misure protezionistiche e di controllo sui capitali per difendere la propria rendita di posizione.

Al di là di notare la fine della globalizzazione, ricordiamoci anche che queste misure si possono prendere in molti casi diversi, ma vengono proibite solo quando gli effetti vanno a favore dei settori popolari.

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