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“La corrente principale di Israele ci ha portato all’Aja, non le sue frange estremiste”

Isaac Herzog, Yoav Gallant, Israel Katz: Presidente, Ministro della Difesa e Ministro degli Esteri di Israele. Il Presidente della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, Joan Donoghue, ha scelto di citarli tutti e tre come prova del sospetto incitamento al Genocidio in Israele.

Il giudice non ha citato le frange di estrema destra, né Itamar Ben-Gvir né Eyal Golan; né i generali in pensione Giora Eiland (“lasciamo che le epidemie si diffondano a Gaza”) né Yair Golan, l’’uomo di pace’ e diagnostico dei processi (“lasciamo morire di fame Gaza“).

Il terzo dei provvedimenti provvisori emessi dal tribunale venerdì, firmato dall’ex presidente della Corte Suprema israeliana Aharon Barak, giudice incaricato di Israele nel caso, ordina a Israele di adottare tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico al Genocidio dei palestinesi nella Striscia di Gaza.

Sembrerebbe che Israele debba ora indagare, ed eventualmente punire, il suo Presidente e i due più importanti ministri del governo che avrebbero dovuto essere convocati dalla polizia già domenica mattina. Naturalmente Israele non lo farà, ma è impossibile ignorare i sospetti sollevati dalla Corte riguardo al cuore stesso di Israele.

La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia è un capolavoro di cautela e moderazione. Solo in Israele, che si illude e nega fino all’accidia, si può “tirare un sospiro di sollievo” e perfino “festeggiare” dopo una sentenza simile. Uno Stato che è sotto processo per Genocidio davanti al tribunale delle Nazioni Unite dovrebbe vergognarsi di se stesso e non celebrare nulla.

Uno Stato il cui Presidente e alti ministri sono sospettati di incitamento al Genocidio dovrebbe fare ammenda e non meravigliarsi dei propri grandi risultati immaginari. Ogni israeliano avrebbe dovuto sobbalzare venerdì per il semplice fatto del processo, e provare un profondo senso di vergogna e umiliazione nel sentire le motivazioni della sentenza.

Potrebbero esserci degli israeliani che hanno sentito per la prima volta ciò che il loro Paese ha fatto e continua a fare a Gaza in questa guerra. Questa volta, nemmeno i suoi media propagandisti, che fino ad ora li avevano protetti con infinita dedizione, senza mostrare loro nulla, sono potuti accorrere in loro aiuto.

È un po’ più difficile accusare questa Corte di antisemitismo adesso, dopo che non ha ordinato a Israele di fermare la guerra. Ciò non ha disturbato la corrispondente politica del notiziario di Canale 13 Moriah Asraf Wolberg.

Wolberg, che indossa una collana con un pendente a forma di Israele comprendente la Cisgiordania, non ha ceduto agli “antisemiti dell’Aja”; ha continuato a recitare il mantra secondo cui la Corte è ipocrita, il mondo è ipocrita e Israele sta conducendo la guerra più giusta e morale del mondo. Chiunque voglia crederci anche dopo l’ordinanza del tribunale dell’Aja è il benvenuto; si può credere a qualsiasi finzione.

Soprattutto, però, dobbiamo prestare attenzione alla saggezza della Corte, che si è concentrata sulla corrente principale di Israele, non sulle sue frange.

Herzog, ex presidente del Partito Laburista e la persona più unificante e istituzionale in Israele; Gallant, il cui licenziamento è stato fisicamente impedito dalla protesta del centrosinistra; e Katz che, nonostante abbia chiesto sabato di perseguire penalmente il capo dell’Agenzia per i Rifugiati dell’UNRWA, è considerato relativamente moderato.

Sono loro i principali sospettati di incitamento al Genocidio. L’incitamento al Genocidio del popolo palestinese potrebbe essere stato inventato da Meir Kahane, ma è già quasi intrinseco nella società israeliana.

Nell’Israele post-7 ottobre, la reazione corretta alla punizione di Gaza è: “C’è un’intera nazione là fuori ad essere responsabile”, nelle parole del Presidente che firma le bombe; “Ho allentato tutte le restrizioni. Stiamo combattendo contro degli animali”, come ha detto il Ministro della Difesa, quando era a capo del Comando Meridionale delle Forze Armate, che amava chiedere di tagliare “la testa del serpente”.

Oppure: “Loro non riceveranno una goccia d’acqua né una sola batteria”, come ha minacciato il 13 ottobre il Ministro degli Esteri israeliano Katz, quando era Ministro dell’Energia.

I giudici dell’Aja hanno diagnosticato perfettamente ciò che qui ci rifiutiamo di ammettere: il problema di Israele è la sua corrente principale, non le sue frange estremiste.

È la corrente principale che ci ha portato all’Aja, è la corrente principale che ha incitato al Genocidio, dopo che Israele si è convinto con incredibile facilità che dopo il 7 ottobre tutto le sarebbe stato permesso. Fortunatamente all’Aja sembra che la pensino diversamente, molto diversamente.

 * Gideon Levy è editorialista di Haaretz e membro del comitato editoriale del giornale. Levy è entrato in Haaretz nel 1982 e ha trascorso quattro anni come vicedirettore del giornale. Ha ricevuto il premio giornalistico Euro-Med per il 2008; il premio libertà di Lipsia nel 2001; il premio dell’Unione dei giornalisti israeliani nel 1997; e il premio dell’Associazione dei Diritti Umani in Israele per il 1996. Il suo ultimo libro, La punizione di Gaza, è stato pubblicato da Verso.

 * da Invictapalestina.org – Traduzione: Beniamino Rocchetto

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