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La BEI allenta le restrizioni sul dual use e investe nell’industria militare

Il Consiglio di amministrazione della Banca Europea per gli Investimenti ha deciso di allentare le norme sul finanziamento di progetti dual use. L’istituto era stato individuato da mesi come ulteriore strumento della politica di riarmo europea, e velocemente sono stati messi approntati le riforme necessarie per rispondere alle aspettative.

I vertici della banca hanno individuato “una nuova definizione aggiornata di beni e infrastrutture a duplice uso” che potranno essere ora ammesse a linee di credito. “Non ci sarà più una soglia minima per le entrate previste da applicazioni civili o per la quota di utenti civili“, dice il comunicato sul sito della BEI, in pratica trasformando il dual use in un ‘use’ unicamente militare.

Inoltre, le infrastrutture usate da forze militari o di polizia che però rispondono anche a bisogni civili potranno accedere ai fondi della banca. Questo cambiamento è evidentemente collegato a un tema che negli ultimi mesi è stato molto a cuore a Bruxelles, ovvero quello della mobilità militare, individuato come uno dei primi passi necessari per sviluppare una difesa europea.

L’istituto ha creato pure un proprio Ufficio per la Sicurezza e la Difesa, per fornire supporto e assistenza agli operatori del settore. “Stiamo intensificando il nostro sostegno all’industria europea della sicurezza e della difesa, rafforzando gli investimenti per garantire la sicurezza dell’Europa e dei suoi cittadini“, ha affermato la presidente della Bei, Nadia Calviño.

L’economista spagnola aveva già ricevuto una lettera firmata da 14 capi di governo della UE lo scorso marzo, in continuità con le conclusioni del Consiglio Europeo del dicembre 2023, nella quale si chiedeva di aumentare l’impegno dell’istituto nel campo della difesa. Questa iniziativa è stata guidata da Petteri Orpo, il primo ministro della Finlandia di recente entrata nella NATO.

Questa lettera era stata seguita da un’altra, firmata questa volta da 30 associazioni della società civile, tra cui anche la Rete Italiana Pace e Disarmo, che invitava la BEI a non proseguire nella deriva bellicista. “La lobby della difesa non dovrebbe sfruttare gli attuali conflitti mondiali e la proliferazione della produzione di armi per assicurarsi i finanziamenti della Banca“.

Il capo di governo finlandese aveva sottolineato anche che “sostenere l’industria della difesa dell’UE è importante per la competitività europea e contribuisce anche a rafforzare il mercato interno“. Ancora una volta si nota che il riarmo e la transizione a un’economia di guerra sono usati anche come risposta alla crisi interna dell’economia europea.

A Bruxelles vorrebbero diventare come gli Stati Uniti: un paese che si fonda sul keynesismo militare e che esporta il proprio volere a suon di bombe. La lotta contro la guerra, lo sviluppo dell’esercito europeo e i legami tra la ricerca universitaria e il complesso militare-industriale esprimono l’orizzonte più avanzato della lotta alla deriva verso la guerra che viviamo.

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