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Il quarto fronte di Israele – la Siria – affidato agli jihadisti

Scioccante sviluppo in Siria. Proprio nel giorno dell’entrata in vigore del cessate il fuoco in Libano, un altro caposaldo dell’Asse della Resistenza finisce sulla graticola: le decine di milizie jihadiste presenti ad Idlib hanno effettuato un’offensiva contro l’esercito governativo, così massiccia e veloce da portarle ad entrare nella periferia di Aleppo, incendiando un fronte che era fermo dal 2020.

Per la verità c’erano stati diversi segnali di un possibile incrudimento della situazione nel paese. Dal 7 ottobre 2023, lo stato sionista aveva ripreso a bombardare con una certa frequenza le basi delle milizie filoiraniane, alcuni edifici pubblici (si ricorda il bombardamento del consolato iraniano) e diversi edifici residenziali. L’ultimo entrato nel governo Netanyahu, Gideon Sa’ar, sembra quasi entrato nell’esecutivo allo scopo di minacciare la Siria, dato che le rivolge i suoi strali con una certa frequenza. In più anche l’Isis ha da tempo ripreso una certa attività nelle vicinanze della guarnigione USA di Al Tanf.

Se si aggiunge che Hezbollah a settembre era stato costretto a ritirare buona parte delle proprie unità, specie nell’area di Aleppo, per combattere la guerra sul proprio territorio e che la Russia, l’altro fondamentale alleato di Damasco, è occupato in Ucraina, si capisce bene come quello siriano fosse il lato debole, con l’esercito governativo (di leva) costretto a badare, con l’aiuto ormai delle sole milizie filo iraniane, a decine di gruppi jihahisti, più l’ampia area est a contatto con i territori occupati dalle milizie curde, appoggiate dagli USA.

Ebbene, Hayat Tahrir al-Sham, ovvero Al-Qaeda in Siria, ha deciso di rompere gl’indugi e si è messa a capo di una coalizione comprendente una miriade di milizie emanazione della Turchia, rosicchiando tutta una serie di centri abitati che dividevano la sacca di idlib da Aleppo, fino ad entrare nella periferia della città. Secondo alcuni esperti militari, l’offensiva fa ampio uso di droni, cui l’esercito siriano è decisamente disabituato e ricorda molto da vicino la strategia militare utilizzata dall’Ucraina nell’operazione nell’Obalst di Kursk.

In queste ore stanno affluendo dei rinforzi, comprese le ex forze-tigre, truppe d’élite capitanate dal generale Suleil al-Hassan, per dar man forte alle unità dell’esercito di Damasco presenti nell’area, che attualmente sono in fuga dalle loro postazioni e lasciano indietro anche sistemi d’arma importanti. Contemporaneamente sono in azione le aviazioni russa e siriana, specialmente nell’area della città di Idlib.

Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, ostile al Governo Siriano, ci sono più di 200 morti fra civili e militari di ambo le parti ed è in corso un esodo di massa in alcuni quartieri di Aleppo.

Siccome il cessate il fuoco era garantito dalla Turchia, che, da dopo l’offensiva diretta del 2020, mantiene una propria presenza diretta nella sacca di Idlib, e che negli ultimi mesi andava predicando a destra e manca di voler normalizzare i rapporti con il governo siriano, ci si chiede quale sia effettivamente la strategia adottata da Ankara.

Un ufficiale turco, interpellato dal Middle East Eye  aveva dichiarato, nelle primissime ore dell’offensiva, che si sarebbe trattata di un’operazione limitata, in risposta ad “alcuni attacchi nei confronti dei civili” da parte dell’esercito governativo; il contingente turco avrebbe cercato di evitarla, senza riuscirci.

Tuttavia, la natura limitata dell’azione militare è già stata smentita dai fatti e riesce difficile credere che almeno parte delle milizie che la stanno conducendo si sarebbero mosse senza l’assenso turco. Anzi, le tecniche militari utilizzate farebbero pensare che essa fosse in preparazione da mesi, grazie all’aiuto di personale militare esperto.

Un alto dirigente del Syrian National Army, una delle sigle della galassia jihadista di Idlib, ha detto, sempre al Middle East Eye che gli sviluppi geopolitici in Medio Oriente, avendo avuto un impatto sugli alleati del regime siriano, hanno creato una “opportunità d’oro” per lanciare l’attacco.

C’è una situazione internazionale che favorisce questa battaglia e il caos tra Assad e i suoi sostenitori, così abbiamo colto questa opportunità” – ha affermato – “Senza i loro alleati, le truppe siriane non sono nulla. Siamo in grado di cambiare i rapporti di forza, ripristinando la nostra terra e assicurando un percorso sicuro per facilitare il ritorno degli sfollati alle loro case.

Da notare che tutti i giornali di area qatariota, compreso il Middle East Eye, stanno di nuovo diffondendo a tamburo battente notizie su “bombardamenti indiscriminati da parte della Siria e della Russia”, proprio come nel pieno del conflitto.

C’è da capire ora come reagiranno l’Iran, la Russia e la stessa Turchia, alle prese, a quanto pare, con l’ennesima giravolta. Da capire, inoltre, se ci saranno ripercussioni nell’”Asse di Resistenza” così come configurato oggi, in quanto Turchia e Qatar sono fra gli “sponsor” internazionali di Hamas, che, di fatto, durante quasi tutta la crisi siriana era schierato con la galassia di ribelli jihadista e, durante il genocidio in corso a Gaza, ha visto la propria leadership filoiraniana decimata.

Infine, visti diversi precedenti, quali l’attacco ucraino ad una base russa in Siria, l’ampiamente documentata collaborazione fra Kiev e milizie islamiste e le tecniche militari utilizzate nell’attacco in corso, quello di Aleppo potrebbe essere il fronte in cui la guerra sionista in tutto il Medio – Oriente e quella in Ucraina convergono verso una pericolosa deflagrazione generale.

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4 Commenti


  • peppe

    LA TURCHIA DI ERDOGAN E’ DA SEMPRE PERFETTAMENTE INSERITA NELL’ ASSE DEL MALE,LA TERZA GUERRA MONDIALE E’ IN ATTO, ENOI NE SIAMO DENTRO. LO SCIOPERO DI IERI E LE MANIFESTAZIONI DI OGGI LO TESTIMONIANO.


  • Gianni Sartori

    ALEPPO IN MANO AI MERCENARI JIHADISTI DI ANKARA
    Gianni Sartori

    Ha resistito cinque giorni Rusil Mohammed Khalaf alle gravi lesioni riportate per un bombardamento dell’artiglieria turca. La tredicenne è deceduta venerdì 29 settembre nell’ospedale di Aleppo dove era stata trasportata dal suo villaggio, Helîsa (distretto di Fafîn).
    Qui, nel bombardamento del 24 novembre, erano rimaste ferite una mezza dozzina di persone, tra cui tre bambini. Un altro dei feriti, un uomo di 44 anni, è ugualmente deceduto dopo il ricovero in ospedale.
    Il villaggio dove viveva Rusil sorge circa 20 chilometri a sud-est da Tel Rifat e 15 a nord di Aleppo. Fa parte del cantone di Afrin-Shehba amministrato dall’AANES (Amministrazione autonoma del Nord e dell’est della Siria). Qui, dopo l’invasione turca del 2018, si sono rifugiate migliaia di persone. Finora una sorta di enclave di interposizione (difficile definirla “zona smilitarizzata”, meglio no man’s land) tra i territori controllati dal regime di Damasco e quelli occupati da Ankara e dai suoi mercenari. Comunque obiettivo costante di bombardamenti.
    Nel frattempo, da venerdì 29 novembre, le bande armate di Hayat Tahrir al-Sham e altre fazioni islamiste cominciavano ad entrare in Aleppo. Completando un’operazione contro l’esercito di Damasco avviata il 26 novembre e divenuta incalzante, irrefrenabile nella notte del 27 (utilizzando anche l’abituale metodo dell’auto-bomba contro i posti di blocco governativi). Incontrando scarsa resistenza da parte dei militari siriani (si è parlato di trattative accomodanti) e determinando l’evacuazione degli abitanti da alcuni quartieri.
    Stando a quanto viene riportato da fonti curde “molte persone che vivono nelle zone di Aleppo finora controllate dal regime di Damasco si rifugiano nei quartieri di Şêxmeqsud e Eşrefiyê gestiti dall’AANES” e sotto la protezione delle Forze Democratiche Siriane (Hêzên Sûriya Demokratîk). Alcune associazioni di autisti si si stanno prodigando inviando decine di autobus per consentire ai cittadini di Aleppo di spostarsi in aree più sicure. Così come altri mezzi sono stati inviati a Raqqa. L’operazione umanitaria si svolge con la collaborazione dell’AANES e una ventina di autobus sarebbero già partiti da Aleppo portando in salvo gruppi di studenti.

    Il 30 novembre comunque la notizia è diventata ufficiale (v. i comunicati di ANHA News). Gran parte di Aleppo si trova ormai sotto il controllo di Hayat Tahrir Al Sham. In particolare: Bustan El Qesir, Kelasê, Ferdos, Qesîle, la cittadella di Aleppo e dintorni, i quartieri di Cemîliye, Bustan Zehara, Selahedîn, Heleb El Cedîde, El Feyd, parte dei distretti di Rashidîn, Ramûsa, Hemdaniye, Pîşesazi, Mîrîdiyane di Bab Neyreb. Probabilmente anche i quartieri di Eziziye e Suryan.
    Stando alle immagini fin qui diffuse, i mercenari sembrano ostentare anche simboli dell’Isis.In un comunicato delle Forze Democratiche Siriane si avverte che “gli attacchi contro la regione del nord e dell’est della Siria sono penetrati in profondità”. Aggiungendo che la cosa era altamente prevedibile in quanto i preparativi erano in corso da tempo. Intanto una ventina di civili hanno perso la vita (molti di più i feriti) a causa di un bombardamento. Gli aerei – forse russi – avevano colpito la folla assiepata nei pressi della rotatoria di Al-Basil. Complessivamente le vittime (tra civili e combattenti) dei primi quattro giorni di questa operazione militare tra Idlib e Aleppo sarebbero almeno 327.
    E pensare che è almeno dal 2018 (assalto a Afrin) che le bande jihadiste ex (ex ? mah?!?) Al-Qaida imperversano, ammazzano, saccheggiano, stuprano…sotto la supervisione di Ankara che nei territori da cui i curdi son dovuto fuggire costruisce insediamenti. Per poi due anni fa riprendere alla grande gli attacchi sia sul terreno che dal cielo (aviazione turca ovviamente).
    Ma nessuno diceva niente, forse per non disturbare Erdogan…
    Non so se ora la situazione gli sia sfuggita di mano e i tagliagole fascio-islamici si muovano autonomamente.
    Oppure, semplicemente, per Erdogan sia arrivato il momento di regolare i conti con i curdi una volta per tutte…
    Vedremo…

    Ma chi sono i miliziani di Hayat Tahrir al-Sham?
    HTS è una formazione jihadista (classificata come terrorista dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu) che da qualche tempo controlla la regione di Idlib (nord-est della Siria). E’ composta da vari gruppi islamisti tra cui l’ex (ex ?) Al Qaeda Nusra (ribattezzata nel 2016 Fateh al-Sham). La sua influenza – con la tacita approvazione della Turchia – si va estendendo in buona parte del nord della Siria mentre contemporaneamente tenta di riciclarsi con un’immagine pubblica meno repulsiva (ma stando alle informazioni fin qui circolate a Idlib vige un regime teocratico totalitario). Tra l’altro uno dei responsabili del mancato attentato di Monaco era legato a HTS.
    Gianni Sartori


  • Andrea Vannini

    I terroristi presenti in Siria (non sono solo e neanche tanto siriani) rispondono agli ordini sionisti-fascisti, fascisti ucraini e usa È la continuazione della guerra contro l’ asse della Resistenza. Turchia doppiogiochista e mercenari curdi degli usa complicano ancora di più il compito della resistenza e della Russia di estirpare questo cancro creato dall’ imperialismo.


  • Gianni Sartori

    ESCALATION MILITARE E CRISI UMANITARIA NEL NORD DELLA SIRIA, MA PER ORA I CURDI RESISTONO

    Gianni Sartori

    Com’era prevedibile l’unica resistenza valida all’attacco portato dall’alleanza turco-jihadista nel nord della Siria è stata finora quella delle Forze democratiche siriane (SDF, formate da combattenti curdi e dai loro alleati arabi). Il 30 novembre sul fronte di Al Bab (provincia di Aleppo) si sono registrati combattimenti tra le SDF e i mercenari filo-turchi del soidisant Esercito nazionale siriano (SNA). Gli scontri si sarebbero svolti (condizionale d’obbligo in quanto le notizie sono per forza di cose frammentarie; non si hanno dati certi nemmeno sul numero dei caduti) nella zona di Tedef. Dopo che in questa area si era creato un “vuoto di potere” per la ritirata delle truppe governative di Damasco, gli ascari di SNA avevano tentato di procedere nella loro avanzata.

    Stando a quanto diffuso dall’agenzia ANHA, le unità di SNA avrebbero dovuto ritirarsi di fronte alla risposta delle SDF.

    Altre fonti riferiscono di bombardamenti russi contro le postazione jihadiste. Nel corso di tali attacchi una base jihadista che sorgeva in prossimità di una serie di silos contenti grano, sarebbe stata distrutta (ma preservando i silos e il loro prezioso contenuto).

    Qui la Turchia negli anni scorsi (agosto 2016) aveva avviato l’operazione “Scudo dell’Eufrate”. Ufficialmente per combattere l’Isis, ma in realtà per approfittare della vittoria imminente delle SDF contro lo Stato islamico (ormai in ritirata). Non a caso l’intervento turco seguiva di poco la liberazione di Manbij operata dalle milizie curdo-arabe.

    Nel frattempo (1 dicembre 2024) arrivano notizie di operazioni dell’aviazione turca i cui caccia stanno sorvolando il distretto di Til Temir (cantone di Cizîr, nord-est della Siria). Gli aerei turchi si sono alzati in volo dopo una serie di bombardamenti dell’artiglieria turca contro i villaggi locali. Segnale inequivocabile che l’invasione delle milizie jiadiste non è soltanto “tollerata”, ma supportata dall’esercito di Ankara.

    Nonostante le rassicuranti dichiarazioni di molti esponenti politici (anche nostrani), ormai si assiste impotenti all’intensificazione dei combattimenti e al fatale deterioramento della vita quotidiana delle popolazioni. Tra l’incudine dell’invasione e il martello dei bombardamenti.

    Vittime, come sempre, soprattutto tra i civili. Nella regione di Aleppo anhe oggi (1 dicembre) almeno quattro persone (tra cui due bambini rispettivamente di 2 e 3 anni) sono rimasti ferite mentre rientravano nel loro villaggio (Nairbiyeh) da Haidariya.

    Contemporaneamente anche la città di Tal Tamr (cantone di Al-Jazira) veniva sottoposta a estenuanti bombardamenti da parte dell’esercito turco. Tra i villaggi maggiormente colpiti, Al-Tawila e Qabur al-Qaraqna. Pare che non vi siano vittime, ma solo gravi danni materiali (tra cui una centrale elettrica).

    Durissimi combattimenti si stanno svolgendo nelle campagne di Afrin tra le Hêzên Rizgariya Efrînê (HRE, Forze di Liberazione di Afrin) e i mercenari filo-turchi che tentano di infiltrarsi con l’appoggio del’artiglieria che colpisce sia le infrastrutture che le aree abitate. Ma le bande jihadiste rimangono bloccate dalla strenua resistenza curda. Nessuna meraviglia del resto. E’ dal 2018 (con l’operazione turca ironicamente denominata ”ramoscello d’ulivo”) che – per quanto “occupata, rastrellata, passata per le armi…” – Afrin combatte e non si arrende.

    Purtroppo è sulla popolazione civile che le conseguenze pesano inesorabilmente. Rendendo sempre più incerte, precarie le condizioni di vita in un contesto già fragile.

    Oltre all’incremento esponenziale degli sfollati (profughi interni), alla penuria alimentare e alla pressoché generalizzata mancanza di servizi sanitari, va considerato che l’inacessibilità di molte aree rende assai poblematici gli indispensabili interventi umanitari.

    Altri scontri tra curdi e jihadisti si registrano nel cantone di Şehba (villaggi di Şewarqa e di Malikiyê), mentre i bombardamenti turchi avrebbero colpito (sempre condizionale d’obbligo in questa fase incerta e convulsa) anche Şewarqa, Merenaz, Kiştiar e Tetmeraş.

    Le postazioni jihadiste vengono a loro volta colpite dall’aviazione russa, sia nella regione di Aleppo (almeno tre morti tra le milizie filo-turche nei quartieri di Rausa e Kirêdiya) che di Idlib.

    Quanto a Damasco, starebbe rafforzando le difese militari della città di Hama posizionandosi sul monte Zên El Abidin (anche se per ora non vi sono segnali di una imminente controffensiva governativa).

    Preoccupazioni per la sorte della popolazione civile sono state espresse sia dal segretario generale della Lega Araba, Ahmed Abu Al Xeyt, sia dagli Stati Uniti. Anche se è lecito dubitare della buona fede di Sean Savett (porta-voce del Consiglio nazionale di sicurezza). Il quale oltretutto attribuisce – fantasiosamente – la responsabilità di quanto sta avvenendo alla “intransigenza di Damasco” (e non alla Turchia, membro della Nato).

    Quanto agli appelli per un cesate-il-fuoco immediato, si ha la netta impressione che rimarranno inascoltati a lungo.

    Gianni Sartori

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