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Se telefonando… La via per il cessate il fuoco non è semplice

La “linea rossa” tra la Casa Bianca e il Cremlino raramente è stata così al centro dell’attenzione mondiale. Bisogna risalire alle fasi acute della “Guerra Fredda” per trovare analogie credibili…

Annunciata da Trump e confermata da Peskov, il portavoce di Putin, ci sarà quindi tra poco la telefonata che potrà cominciare a cambiare il corso della guerra in Ucraina.

Cominciare, perché non c’è alcuna possibilità che il “cessate il fuoco” possa essere annunciato già oggi. La chiacchierata sarà comunque decisiva per ristabilire “normali rapporti” tra Stati Uniti e Russia, dopo anni di ostilità totale degenerati appunto nella “guerra per procura” che va avanti dal 24 febbraio 2022.

Per quanto riguarda i temi al centro del confronto appare chiaro che un cessate il fuoco potrà arrivare solo dopo aver fissato una serie di punti preliminari, niente affatto semplici da delineare.

Il problema principale è quello del futuro dei territori attualmente sotto il controllo russo, ossia la Crimea (annessa alla Russia dal 2014, dopo un referendum con maggioranza “bulgara”, peraltro pienamente corrispondente alla composizione etnica della regione) e i quattro oblast del Donbass (Donetsk e Lugansk, “autonomizzatisi” undici anni fa e per questo attaccati militarmente da Kiev, più Kherson e Melitopol, quasi del tutto occupati nel corso della guerra).

Difficilmente Mosca vorrà rinunciarvi, neanche parzialmente. Ma neppure la junta di Kiev può accettare di averli formalmente persi per sempre. Lo stesso Zelenskij, più a fini interni che per reale convinzione, ha qui e là accennato a una possibile soluzione “bizantina” che lascerebbe a Kiev la sovranità “teorica” su almeno parte di quegli oblast, anche se fisicamente controllati dalla Russia.

Una soluzione così pasticciata, insomma, da tenere sempre aperta la possibilità di ricominciare le ostilità.

Sembra sparire dal tavolo la possibilità, per Kiev, di considerare la parte di Kursk (territorio russo) temporaneamente occupata come “carta di scambio” con territori un tempo ucraini. La sacca residua si sta rapidamente svuotando, con perdite catastrofiche per per gli ucraini (alcuni soldati riusciti a rientrare ne hanno parlato come “un film dell’orrore”).

C’è da risolvere la questione delle centrali nucleari, anche se forse rimane in dubbio solo quella di Energhodar (Zaporizhia), in mano russa fin dall’inizio della guerra e per questo bombardata più volte dai “kantiani di Azov”.

Zelenskij e soci, inoltre, insistono da parte loro sulle future “garanzie di sicurezza” per l’Ucraina. Data per morta la pretesa di entrare nella Nato, provano ancora a chiedere la stessa cosa limitandola al solo “art. 5”, che impegnerebbe appunto ogni Stato dell’Alleanza Atlantica a intervenire in difesa di un paese membro (che però non sarebbe tale, nel caso di Kiev).

Gli altri ostacoli possibili, ma non insormontabili, sono rappresentati da alcune richieste di Mosca, peraltro piuttosto logiche. Tipo: chi sorveglierà sul cessate il fuoco e attribuirà perciò ad una delle due parti la responsabilità di eventuali violazioni (non sono mancate in questi anni le operazioni “falsa bandiera” organizzate dai servizi ucraini).

O peggio ancora la pretesa dei “volenterosi”, rappattumati da Starmer e Macron, che propongono di inviare le proprie truppe (in maggioranza di paesi Nato) come improbabili “peacekeepers”. Mosca ha già spiegato che l’ipotesi è considerata una provocazione, mentre eventuali “soldati blu” potrebbero essere accettabili solo se forniti da paesi come Brasile, Turchia, Cina. Tutti paesi insomma considerati “non ostili”.

Le garanzie di sicurezza vengono chieste però anche dalla Russia, che vorrebbe ai confini un’Ucraina neutrale, fuori dalla Nato e non riarmata fino ai denti. Che è invece la prima pretesa del governo attualmente in sella a Kiev.

Se non bastassero i problemi concreti da risolvere bisogna aggiungervi però anche le manovre per sabotare il possibile accordo tra I due principali protagonisti al telefono.

Abbiamo già detto dei “volenterosi”, che appaiono comunque più decisi a farsi notare che non ad entrare con gli “stivali sul terreno”, rischiando un allargamento catastrofico del conflitto.

Altre resistenze consistenti vengono dall’interno dell’establishment statunitense, anche se duramente attaccato dal nuovo staff “maccartista” scelto da Trump. Una “resistenza” motivata dal taglio dei fondi, i licenziamenti in tronco, la perdita di potere, e quindi decisamente aspra.

Fonti raccolte dalla testata POLITICO – non a caso una di quelle finanziate dal programma UsAid, improvvisamente chiuso dal DOGE di Musk – riferiscono che “Ex funzionari e diplomatici statunitensi affermano che Trump dovrebbe ascoltare Putin, ma senza fare alcuna concessione. Alcuni raccomandano di evitare di ampliare la conversazione a questioni più ampie relative all’intera architettura di sicurezza in Europa. Altri pensano che Trump dovrebbe addirittura annullare la chiamata”.

Daniel Fried, per esempio, che ha lavorato al Dipartimento di Stato per quattro decenni, ha dichiarato che osserverà se una delle due parti cederà terreno dopo la chiamata. “Allora sapremo se Trump sta resistendo a Putin e cercando di raggiungere la pace attraverso la forza – cosa possibile – o se si sta lasciando manipolare da Putin“.

In queste frasi c’è tutta l’assurdità di una “narrazione liberal” propagandata per molti anni. Quella che da una parte dipinge Trump – giustamente! – come un mostro di cattiveria, disprezzo per le leggi, capace di qualsiasi bassezza ma anche di tornare (unico nella Storia) una seconda volta alla Casa Bianca nonostante i numerosi processi aperti a suo carico e il sostegno aperto all’assalto del Congresso, quattro anni fa.

Dall’altra, però, vorrebbero rivendercelo come un po’ fessacchiotto, un quasi ingenuo che “se la rischia” a contrattare con Putin (ex agente del Kgb, judoka e scacchista…).

Delle due, l’una…

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2 Commenti


  • Andrea

    anche Grover Cleveland fece 2 mandati non consecutivi


  • Mara

    Io credo che Putin non dovrebbe rinunciare a nessuna delle richieste finora avanzate poiché costituiscono lo stretto necessario per continuare ad esistere come nazione, anzi dovrebbe formulare altre ulteriori per aver maggiore forza contrariattuale. Tantomeno dovrebbe rinunciare nemmeno ad un centimetro di territorio liberato che è costato il sangue dei giovani ani e meno giovani russi. Zelenski non dovrebbe avere voce in capitolo. cosa vuole il suo regime sopravvive grazie alle armi dategli dall’occidente, nonostante ciò sta perdendo e la storia insegna che chi perde non può e non deve avanzare pretese.
    In quanto agli europei hanno sbagliato cavallo investendo su quello perdente ed inutile che agitano i loro coltellino devono solo tacere.

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