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L’ora dell’incontro tra Trump e Putin. Per decidere cosa?

Dallo stallo astioso all’incontro – secondo il consolidato stile Trump – c’è solo un passo. E quindi dopo un paio di settimane infarcite di messaggi mirati ad accontentare il mondo neocon (ormai più “democratico” che repubblicano, sebbene fosse nato da quest’altra parte), con “ultimatum” a data sempre più ravvicinata (50 giorni, no 30, no 10 o 12), con dazi raddoppiati a partner commerciali (l’India) che comprano il petrolio russo, con minacce di “dazi secondari” ancora più diffusi (in realtà tutto il mondo “non occidentale” in sensi stretto ha relazioni normali con Mosca), ecco l’annuncio che anticipa l’incontro diretto con Putin.

Sapendo come vanno le cose nel mondo reale – quello dei rapporti diplomatici tra i paesi – invece che in quello della propaganda fatta di spot quotidiani, un incontro tra i leader diventa possibile quando il lavorio di preparazione ha fatto grandi passi avanti, in silenzio, e quindi diventa possibile “l’evento” per sugellare una “nuova fase”.

Il contrario – ci si vede al buio, senza sapere se sarà un fallimento o un successo – non è mai esistito.

Detto questo, però, la materia concreta resta avvolta nella nebbia. Né contribuisce a diradarla la surreale dichiarazione del segretario di stato Usa (il ministro degli esteri) Marco Rubio: ‟forse per la prima volta dall’inizio di questa amministrazione abbiamo degli esempi concreti di ciò che la Russia potrebbe chiedere per mettere fine alla guerra. Finora avevamo molto poche informazioni del genere”.

Surreale perché da almeno sei anni Mosca ripete, senza cambiarle di una virgola, le sue richieste per disegnare una “nuova Yalta”, ossia un quadro di garanzie certe ed esigibili sul fatto che la pressione militare alle sue frontiere venga arrestata.

La guerra all’Ucraina – e indirettamente alla Nato che la stava armando – è stata la conseguenza logica di fronte al “non cale” in cui l’amministrazione Biden aveva tenuto le richieste russe. Nelle ultime settimane ci si è aggiunto il forse più convincente ritiro di Mosca dall’accordo strategico sulle armi nucleari a corto e medio raggio, mossa che peraltro Washington aveva già fatto proprio sei anni fa.

Ma se finalmente gli Stati Uniti “cominciano a capire” quali sono le richieste russe è comunque una notizia da accogliere speranzosamente…

Il problema, comunque, è che la nebbia resta fitta.

Dall’incontro restano escluse sia Kiev che i nanerottoli europei, impegnati in una strategia esattamente opposta (alimentare la guerra), apparentemente insensata (la UE non può sostituire Washington sul piano dell’assistenza militare e satellitare). Il che significa che “l’incontro”, per quanto importante e ben preparato possa essere, non sarà un passo decisivo verso la fine della guerra, ma al massimo un “porre le basi” per poterci arrivare in tempi ragionevoli.

In assenza di indicazioni chiare fioccano le ipotesi, costruite mettendo insieme mezze informazioni fatte filtrare dalla Casa Bianca, wishful thinking e situazione militare sul campo (appare sempre più vicino il crollo del fronte da parte ucraina, almeno in settori importanti come Pokrovsk, Mirnograd e altri).

La Cnn ne elenca almeno cinque principali (con molte varianti minori), senza timore di cadere nel ridicolo (“Putin accetta il cessate il fuoco senza altre garanzie”, oppure “un collasso russo” di cui non si vede traccia, ecc), anche se è obbligata a considerare anche un probabile “collasso ucraino”. Se le ipotesi vanno in direzioni totalmente opposte, è evidente che si brancola nel buio, almeno in redazione…

Più seriamente, ma senza fornire alcun dettaglio, da parte russa si dice, con Ushakov, che ‟c’è stata una proposta da parte degli americani che per noi è accettabile”, ma la posizione russa non è cambiata. Dmitriev si è ottimisticamente spinto a ipotizzare che l’incontro tra Trump e Putin potrebbe avere “portata storica” e che la posizione russa verrà nuovamente e chiaramente comunicata agli americani, mentre Putin, accogliendo il presidente degli Emirati, ha accennato a questo paese come possibile location per il vertice.

L’impressione resta sempre la stessa. Un’eventuale “pace” tra Stati Uniti e Russia, visto che a “spingere” l’Ucraina alla follia è stata Washington in versione Obama-Biden, è preliminare ad ogni soluzione diplomatica di questo conflitto.

I contenuti di questa “pace” non riguardano tanto le scontate cessioni territoriali a Mosca – persino Kyrilo Budanov, generale alla testa dei servizi segreti ed ex leader del fronte nazista – ammette ormai che “da dove sono arrivati, i russi non se ne andranno mai”, anche perché non c’è la forza di rimandarli indietro.

Qualcosa potrebbe andare storto? Sicuramente sì, ma i principali ostacoli ad un ipotetico accordo tra le due grandi potenze nucleari (giunta Zelenskij e Unione Europea) stanno leccandosi ferite serie. La popolazione ucraina vede ormai la prosecuzione della guerra come lo scenario peggiore possibile, mentre la UE, dopo aver accettato i dazi Usa senza fiatare, non è nelle condizioni di inventarsi una politica bellica “autonoma”.

Il nodo del problema sono “le garanzie” che gli Usa devono dare alla Russia circa il futuro. E questo riguarda il ruolo della Nato, il controllo dei regimi neofascisti baltici e della Polonia, la dislocazione delle rampe missilistiche, la fine delle provocazioni nel mar Baltico contro le navi russe, e così via.

Perché non bisogna mai dimenticare che “l’espansionismo”, negli ultimi 35 anni, c’è stato davvero. Ma da ovest verso est, non il contrario…

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1 Commento


  • Mara

    Dalle ultime notizie sembra che L’incontro Putin-Trump avverrà in Alaska. Spero che Putin non ceda alle pretese di Trump e dell’occidente che ha nno la
    piena responsabilità del conflitto è principalmente
    per il motivo che la
    Russia sta
    vincendo sul campo

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