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A Bologna metodo Marchionne nelle vertenze sulla casa

Il metodo Marchionne, ossia la negazione della democrazia sindacale che si traduce nel riconoscimento della rappresentanza solo a quelle organizzazioni che firmano gli accordi proposti e si rendono complici della controparte, è stato applicato anche a Bologna, con l’esclusione dell’ASIA-USB, dal tavolo di confronto sull’ultimo protocollo cosiddetto anti-sfratto siglato ieri in prefettura tra la Prefettura stessa, le amministrazioni locali, i rappresentanti del tribunale, le organizzazioni dei proprietari e i sindacati “complici”.

La scelta delle convocazioni è stata basata sulla firma del protocollo siglato l’anno scorso. Protocollo che malgrado l’ampia pubblicità e il rilevante eco nazionale ricevuto, addirittura il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si complimentò con il prefetto di Bologna per la sensibilità dimostrata in merito ad un tema cosi emergenziale, non ha prodotto nessun risultato, se non fiumi di inchiostro e belle parole. Quel protocollo non ha bloccato un solo sfratto!. L’ASIA-USB non firmò quel protocollo proprio perché valutò che fosse inefficace e controproducente.

A distanza di un anno quell’accordo può tranquillamente definirsi fallito e che il confronto su altre modalità e possibilità di intervenire per arginare il problema sfratti doveva essere portato avanti coinvolgendo il movimento di lotta per la casa, oggi ampiamente rappresentativo in città dell’emergenza abitativa.

Se da un lato individuiamo una precisa responsabilità nella prefettura che ha portato a questa esclusione, dall’altra parte non possiamo non sottolineare che la partecipazione dell’assessore alle politiche abitative del Comune di Bologna avrebbe dovuto essere una garanzia, a seguito delle dichiarazioni rilasciate dallo stesso, che in più occasioni ha sottolineato che principio fondante del proprio mandato sarebbe stata la partecipazione e il confronto con tutti. E meno male! Abbiamo già visto sgomberi e la negazione della più elementare democrazia sindacale, un inizio davvero coerente con le dichiarazioni fatte!

Il protocollo di ieri tocca una percentuale ristretta di soggetti che potranno usufruirne, a causa del limitato ammontare di denaro stanziato e per i requisiti richiesti per accedervi. Si mantiene il principio per cui è necessario trovare un accordo tra proprietà e inquilino, e il principio per cui il pubblico continua a tutelare il privato. Purtroppo però la crescita degli sfratti e dell’insolvenza dei mutui non si arresta, anzi, vede incrementi costanti da almeno 3 anni. A questo quadro si accompagna un aumento della disoccupazione e della precarietà, dentro un contesto che vede da una parte una crisi economica solo all’inizio e dall’altra drammatici tagli che a breve ricadranno come una scure su le stesse fasce sociali già fortemente colpite.

E’ quindi necessario pensare ad un meccanismo di tutela che includa tutti i soggetti colpiti dall’emergenza abitativa, diversificando gli strumenti e guardando ad ogni possibilità già oggi in campo. Proprio ieri finalmente, citando la Gabanelli, è arrivata una buona notizia. La quarta sezione penale del tribunale di Roma confermando quanto già stabilito in precedenza in un caso analogo dalla Corte di Cassazione del 2007, ha stabilito che requisire appartamenti sfitti per contrastare l’emergenza abitativa non è reato. Sono stati assolti ieri dal reato di «usurpazione di pubbliche funzioni» tre presidenti di tre municipi romani, Susi Fantino (IX), Sandro Medici (X), e Andrea Catarci (XI), sotto accusa per aver requisito nell’ottobre del 2007 -«in via urgente e temporanea » – più di duecento appartamenti sfitti per impedire che le famiglie affittuarie fossero sfrattate.

Questo è un segnale che è possibile affermare e praticare il diritto alla casa mettendo al centro gli interessi degli inquilini.

*Asia.usb.it (Bologna)

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