Succede a Copparo, nel Ferrarese. La siderurgica a controllo ThyssenKrupp licenza 611 lavoratori senza battere ciglio. La crisi che estende i suoi tentacoli nella bassa pianura padana colpisce da qualche anno ma la vicenda Berco è oggi l’emblematica e drammatica dimostrazione di quanto accade nel nostro paese quando si ha a che fare con i poteri forti dell’Europa.
La Berco è un’azienda siderurgica sotto il controllo ThyssenKrupp, a leaderhip tedesca ed è la piu grande azienda metalmeccanica della regione, che ha avuto un grosso sviluppo dal dopoguerra fino al 1999, quando la Hoesh prima e la ThyssenKrupp poi, l’ha assorbita e con essa i suoi 2600 dipendenti nel ferrarese, e le sue piccole dislocazioni anche a Busano Canavese (Torino), e a Castelfranco Veneto (Treviso). Negli ultimi anni, con la crisi galoppante in tutta europa, era iniziata la cassaintegrazione e il tentativo di ristrutturazione della Berco, ma all’inizio dello scorso anno i tedeschi hanno iniziato a dare segni di profondo malcontento, fino alla decisione di chiudere i battenti. L’azienda tedesca, decisa a chiudere la produzione italiana aveva dichiarato di essere pronta a licenziare senza trattativa tutti gli operai necessari, e così è stato.
La Berco è un’azienda siderurgica sotto il controllo ThyssenKrupp, a leaderhip tedesca ed è la piu grande azienda metalmeccanica della regione, che ha avuto un grosso sviluppo dal dopoguerra fino al 1999, quando la Hoesh prima e la ThyssenKrupp poi, l’ha assorbita e con essa i suoi 2600 dipendenti nel ferrarese, e le sue piccole dislocazioni anche a Busano Canavese (Torino), e a Castelfranco Veneto (Treviso). Negli ultimi anni, con la crisi galoppante in tutta europa, era iniziata la cassaintegrazione e il tentativo di ristrutturazione della Berco, ma all’inizio dello scorso anno i tedeschi hanno iniziato a dare segni di profondo malcontento, fino alla decisione di chiudere i battenti. L’azienda tedesca, decisa a chiudere la produzione italiana aveva dichiarato di essere pronta a licenziare senza trattativa tutti gli operai necessari, e così è stato.
A mobilitarsi non sono stati solo i lavoratori, che da giovedì hanno iniziato lo sciopero a oltranza.
Il ministro Giovannini aveva proposto il ricorso a 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione con mobilità volontaria e incentivata, ricollocazione e formazione; i sindacati uniari, per quanto orami ben note le loro capacità di gestire i conflitti, non sono riusciti a stracciare nemmeno un misero accordo.
“L’azienda si è assunta la responsabilità di mettere a rischio il destino dei 611 lavoratori per cui aveva avviato le procedure di mobilità”, denuncia Guglielmo Gambardella (Uilm), “la Berco, non ha accolto l’ipotesi d’accordo proposto ufficialmente dal ministero del Lavoro e per tutta la durata del negoziato è rimasta rigida sulle proprie posizioni fingendo di voler fare un vero negoziato. Berco ha, invece, puntato solo praticare licenziamenti, una condizione inaccettabile per i sindacati e le istituzioni presenti al tavolo”.
Una trattiva “senza trattative” ne margini di manovra quindi, che ha avuto come unico risultato, il licenziamento a piè pari di 611 lavoratori nel ferrarese, alle porte della pausa estiva.
E così si è conclusa oggi la decisione delle parti e ai sindacati non è rimasto che incassare il colpo. Dagli esuberi ai licenziamenti. I lavoratori, disposti anche a contrattare la loro posizione, non sono riusciti a salvare il proprio posto di lavoro. Questa decisione pesa come un macigno per la freddezza e la determinazione con cui è stata presa.. e arriva come l’ennesima imposizione dall’alto di chi detiene il vero potere politico in Europa, e delinea come ci sia qualcuno che si puo permettere di decidere il destino di migliaia di lavoratori di quella che è ormai chiaramente sta diventando/ è diventata la periferia dell’Europa.
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