Il famigerato emendamento Lanzillotta al decreto “Salva Roma”, che era stato approvato lo scorso venerdì dal Senato, è stato infine modificato con l’esclusione dell’obbligatorietà della vendita di quote delle aziende municipalizzate Ama e Atac. L’impianto generale del provvedimento però non cambia: le aziende che si occupano di servizi, mobilità, rifiuti ed acqua vengono ritenute un peso alla ferrea disciplina di bilancio del patto di stabilità, per questo il prima possibile devono “andare” sul mercato. E questo nonostante un referendum che due anni fa ha stoppato l’operazione ispirata ed evocata (strumentalmente) da una direttiva europea sui servizi. Una spiegazione di questo furore privatizzatore sulle società che gestiscono i servizi pubblici locali viene da quanto pubblicato oggi dal Sole 24 Ore, secondo cui le aziende che godono di maggiori profitti e che appaiono di maggior interesse per gli “investitori” sono proprio le utilities, cioè quelle che gestiscono i servizi pubblici e che vedono i profitti assicurati dalle bollette che pagano gli utenti. Dunque i mandanti dell’emendamento sono proprio quei gruppi capitalistic parassitari – i “bollettari” sono stati definiti giustamente – che investendo poco e rischiando poco si asiccurano introiti garantiti attraverso la vessazione degli utenti. Furbi eh!!
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